Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11654 del 04/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 04/05/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 04/05/2021), n.11654

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25987-2019 proposto da:

IMMA SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO ANGELO FOCHETTI 29, presso

lo studio “AVVOCATI E COMMERCIALISTI STUDIO TLS ASSOCIAZIONE

PROFESSIONALE”, rappresentata e difesa dall’avvocato SOFO ANTONIO;

– ricorrente –

contro

ROMA CAPITALE (COMUNE DI ROMA), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, V. DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso

lo studio dell’avvocato ROSSI DOMENICO, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 722/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, depositata i113/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CAPRIOLI

MAURA.

 

Fatto

Ritenuto che:

La società Imma s.r.l. impugnava innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma l’avviso di accertamento per l’anno di imposta 2010, notificati dal Comune di Roma per omesso versamento dell’ICI, assumendo di beneficiare della riduzione del 50% dell’imposta dovuta ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8. L’adita Commissione, con sentenza n. 10349/2013 accoglieva il ricorso proposto dalla contribuente.

Il Comune di Roma proponeva appello avverso tale sentenza avanti alla CTR del Lazio la quale con sentenza n. 122/2019 lo accoglieva ritenendo dovuta, alla luce delle risultanze di causa, l’imposta nella sua interezza in quanto non risultavano rispettate le condizioni di legge per fruire dell’invocata riduzione.

La società contribuente ricorre per cassazione, svolgendo un unico motivo illustrato da memoria.

Roma Capitale si è costituita con controricorso.

Con l’unico motivo si lamenta la violazione a falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 1 e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1 e art. 6, del regolamento comunale, art. 10, comma 4, del D.L. n. 457 del 1978, art. 31, lett. d), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per non aver riconosciuto il beneficio della riduzione malgrado la sostanziale sussistenza di tutti i requisiti previsti dalla legge nonchè dell’art. 6 per aver subordinato il predetto beneficio alla presentazione della dichiarazione sostitutiva di notorietà sebbene l’amministrazione fosse a conoscenza ed avesse a disposizione la documentazione attestante la sussistenza dei requisiti di fatto e di diritto.

Si sostiene comunque di aver presentato la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà di inagibilità e inutilizzabilità dell’immobile sia per l’anno 2009 sia per l’anno 2010 comunicando entrambe all’Amministrazione comunale.

Si critica la motivazione della sentenza laddove giustifica il rigetto del ricorso sulla base dell’inesistenza delle dichiarazioni sostitutive.

Ci si duole infine della violazione della L. n. 457 del 1978, art. 31 (lett. D) che il Comune di Roma non abbia tenuto conto che i lavori svolti dalla contribuente sul bene in questione rientrassero nei lavori di ristrutturazione espressamente previsti dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8 e del regolamento Comunale Ici, art. 10.

Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.

Va in primo luogo ricordato che ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 1, “l’imposta è ridotta del 50 per cento per i fabbricati dichiarati inagibili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante i quali sussistono dette condizioni. L’inagibilità o l’inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa il contribuente ha facoltà di presentare dichiarazione sostitutiva ai sensi della L. 4 gennaio 1968, n. 15, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente”.

Condizione indispensabile per poter usufruire della riduzione dell’imposta è l’inagibilità e l’inabitabilità intese come obiettiva inidoneità ad essere utilizzato per eventi dovuti ad obsolescenza o cattiva manutenzione (cedimenti, crepe, pericoli di crollo) o per carenze intrinseche (assenza di adeguati impianti e servizi). In particolare per inagibilità deve intendersi il mancato rispetto dei requisiti di sicurezza statica dell’immobile ovvero la presenza di elementi che ne rendono pericoloso o inopportuno l’utilizzo La nozione di inabitabilità si correla alla mancanza di rispetto dei requisiti minimi igienico/sanitario che devono necessariamente per far sì che il fabbricato possa essere utilizzato all’uso cui è destinato (Cass. 2019 nr 29968).

Il criterio interpretativo che ricollega la nozione di inagibilità e inabitabilità dell’immobile al degrado fisico sopravvenuto (fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente e simile) o di una obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica, non superabile con interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, bensì con interventi di restauro e risanamento conservativo e/o di ristrutturazione edilizia non solo risulta aderente alla lettera della norma ma trova conforto nel costante indirizzo giurisprudenziale (Cass. n. 15407/2017 n. 4333/2016 n. 2925/2013, e n. 5933 /2013) in materia fiscale secondo il quale le norme che stabiliscono esenzioni o agevolazioni sono di stretta interpretazione ai sensi dell’art. 14 preleggi, sicchè non vi è spazio per ricorrere al criterio analogico o all’interpretazione estensiva della norma oltre i casi e le condizioni dalle stesse espressamente considerati.

La CTR nell’affermare che la contribuente non abbia fornito in alcun modo la prova dello stato di inagibilità e inabitabilità del complesso immobiliare ha correttamente escluso l’applicazione al caso concreto della disciplina agevolatrice prevista dal D.Lgs. n. citato, art. 8.

La deduzione circa l’omesso esame della dichiarazione sostitutiva di notorietà difetta di specificità.

E’ principio consolidato di questa Corte infatti che in tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile.

Pertanto, come nel caso di specie, la mancanza della indicazione rende la doglianza inammissibile (Cass. 2017 nr 27475).

Va peraltro osservato che la produzione della dichiarazione sostitutiva di notorietà in questa fase è inammissibile in virtù del disposto dell’art. 372 c.p.c. La norma in oggetto non consente in alcun modo il deposito di atti e documenti non prodotti nei precedenti gradi del giudizio.

A tali assorbenti considerazioni va aggiunto che con il motivo di censura in scrutinio la ricorrente, dietro lo schermo del vizio di violazione di legge, prospetta in realtà una diversa valutazione delle risultanze fattuali, il cui apprezzamento è tuttavia riservato al giudice di merito.

Giova al riguardo ricordare che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (tra le tante, Cass. n. 9097 del 2017).

Le considerazioni sviluppate nella corposa memoria illustrativa non consentono di superare le carenze sia sotto il profilo formale che sostanziale rilevate con riferimento al contenuto della doglianza.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri normativi vigenti.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento della somma di Euro 5.600,00 a titolo di spese processuali oltre accessori di legge ed al 15h per spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2021

 

 

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