Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11650 del 26/05/2011
Cassazione civile sez. trib., 26/05/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 26/05/2011), n.11650
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 14604-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, – ope legis;
– ricorrente –
contro
L.M.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 29/2008 della Commissione Tributaria Regionale
di TRIESTE del 14.2.08, depositata il 10/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/03/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI.
E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. IANNELLI
Domenico.
Fatto
FATTO E DIRITTO
1. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di L.M. (che non ha resistito) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avviso di rettifica Iva relativo al 1997, la C.T.R. Friuli riformava la sentenza di primo grado (che aveva rigettato il ricorso introduttivo). In particolare, premesso che i verificatori avevano accertato che solo il 30% dei prelievi sul conto utilizzato promiscuamente dal contribuente sia per l’attività di impresa che per fini personali non era giustificata, i giudici d’appello ritenevano logico che tali prelevamenti avessero natura personale e familiare, senza bisogno di specifica documentazione, anche considerato che si trattava di imprenditore a contabilità semplificata, e rilevavano peraltro che, non avendo il contribuente altri redditi oltre quelli derivanti dall’attività di imprenditore, i prelievi de quibus potevano essere considerati compenso per l’attività esercitata e quindi reddito dell’imprenditore.
2. Il primo motivo di ricorso(col quale, deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, la ricorrente si duole che i giudici d’appello abbiano ritenuto di superare la presunzione stabilita dal citato art. 51 nonostante il contribuente non avesse fornito alcuna idonea prova in senso contrario) è manifestamente fondato, posto che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, qualora l’amministrazione proceda ad accertamento induttivo utilizzando, ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 2, n. 2, i dati risultanti dai movimenti dei conti correnti bancari, la prova che il contribuente è tenuto a dare della non riferibilità ad operazioni imponibili deve essere specifica, e riguardare analiticamente i singoli movimenti bancari, tale cioè da dimostrare che ciascuna delle operazioni effettuate è estranea a fatti imponibili (v. tra le altre cass. n. 1739 del 2007), laddove nella specie dalla stessa sentenza impugnata non risulta che dal contribuente sia stata fornita la prova con riguardo ai singoli movimenti bancari analiticamente considerati nè tantomeno risulta che le eventuali prove offerte dal contribuente siano state valutate con riguardo ai singoli movimenti bancari specificamente considerati.
La fondatezza del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo e del terzo motivo (coi quali si deduce vizio di motivazione).
Il primo motivo di ricorso deve essere pertanto accolto, con assorbimento dei successivi e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio ad altro giudice che provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Friuli.
Così deciso in Roma, il 10 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2011