Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11649 del 07/06/2016


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Cassazione civile sez. I, 07/06/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 07/06/2016), n.11649

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30599-2011 proposto da:

LIMPARO S.R.L., (c.f./p.i. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALESSANDRO III 6, presso l’avvocato FERDINANDO SCOTTO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PASQUALE PACIFICO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ISCHIA, SAN PIETRO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

– intimati –

nonchè da:

COMUNE DI ISCHIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA DIONIGI 57, presso l’avvocato

CLAUDIA DE CURTIS, rappresentato e difeso dall’avvocato ENRICO

BONELLI, giusta procura a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

LIMPARO S.R.L., (c.f./p.i. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ALESSANDRO III 6, presso l’avvocato FERDINANDO SCOTTO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PASQUALE PACIFICO, giusta

procura a margine del controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

SAN PIETRO S.R.L. IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4307/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2016 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

uditi, per la ricorrente, gli Avvocati F. SCOTTO e I. DI MEGLIO,

con delega, che si riportano;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato

C. DE CURTIS, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARDINO Alberto che ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo

del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Napoli, con sentenza non definitiva del 7 aprile 2000, dichiarò che la S.r.l. San Pietro e la S.r.l. Smeraldo, proprietarie di alcuni immobili acquistati il 1.9.1979 e già interessati da occupazione temporanea a favore del comune di Ischia, per la realizzazione di un impianto di depurazione, avevano diritto dal 2.9.1979 al risarcimento del danno ed alla indennità fino alla loro irreversibile trasformazione. Rigettò le altre richieste delle proprietarie e dispose la prosecuzione del giudizio per la valutazione dei fondi. L’impugnazione della Soc. San Pietro, incorporante per fusione la S.r.l. Smeraldo, fu dichiarata inammissibile dalla Corte di Appello di Napoli con sentenza del 18 aprile 2003, per difetto di procura, ma la decisione fu cassata con la sentenza n. 11847 del 2007 di questa Corte, che affermò la validità del conferito mandato ad litem. Riassunto il giudizio, nel corso del quale si costituì la Società Limparo a r.l., acquirente da potere della San Pietro delle aree e dei diritti vantati in relazione al contenzioso, la Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza indicata in epigrafe, dispose l’estromissione della Società cedente e, per quanto interessa, osservò che: a) il motivo d’appello avverso il rigetto della domanda di restituzione era inammissibile, per violazione dell’art. 342 c.p.c., non avendo la Società svolto alcuna critica in relazione al passo motivazionale con cui la domanda era stata rigettata in prime cure (e cioè l’esser l’opera stata completata); b) andava escluso che la danneggiata avesse proposto domanda per il degrado del proprio fondo limitrofo, avendo piuttosto chiesto i danni per il mancato utilizzo delle aree circostanti, e sul rigetto di tale istanza non era stato proposto specifico motivo d’appello; c) il Comune andava condannato a risarcire il danno da occupazione illegittima anche per il periodo antecedente all’acquisto dell’area da parte delle originarie attrici, in favore delle quali doveva intendersi trasferito ogni diritto connesso, sicchè a tale titolo era dovuto all’acquirente il risarcimento a decorrere dal 28.12.1976, data di scadenza del periodo di occupazione, al 12.4.1989, data di trasformazione definitiva, fermo restando il risarcimento da ablazione del bene, intervenuto in carenza di persistente validità della dichiarazione di pubblica utilità, ed integrante un’ipotesi di occupazione c.d. usurpativa.

Per la cassazione della sentenza, la S.r.l. Limparo ha proposto ricorso per due motivi) ai quali il comune di Ischia ha resistito con controricorso, con cui ha proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo, resistito dalla Società con controricorso. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, la Società Limparo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2, 342, art. 112 c.p.c., art. 42 Cost., oltre che vizio di motivazione, in riferimento alla statuizione sub a) di parte narrativa.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, afferma la ricorrente, la censura avverso il rigetto della domanda restitutoria non era stata avanzata solo in seno al petitum, dato che, a pag. 3 dell’atto d’appello, era stata contestata in radice la ricostruzione dell’istituto dell’occupazione acquisitiva, e che, sotto altro profilo, la specificità dei motivi d’appello va correlata al tenore della motivazione che si intende censurare. E, nella specie, la motivazione del Tribunale era stata assolutamente laconica, non avendo dato conto di tutti i presupposti del ritenuto perfezionamento dell’accessione invertita, ed, in ispecie, della sussistenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, che come affermato dalla stessa sentenza di rinvio, non ricorreva, trattandosi di un’ipotesi d’illecito permanente.

2. Il motivo è fondato.

3. Va premesso che: a) essendo denunciata la violazione dell’art. 342 c.p.c., in ordine alla specificità dei motivi di appello, questa Corte non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma, trattandosi di un error in procedendo è investito del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda (Cass. n. 25308 del 2014;

SU n. 8077 del 2012); b) il requisito della specificità dei motivi d’appello, di cui all’art. 342 c.p.c. (nel testo vigente ratione temporis, anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, conv. nella L. n. 134 del 2012), deve ritenersi sussistente quando l’atto di impugnazione consenta di individuare con certezza le ragioni del gravame e le statuizioni impugnate, così da permettere al giudice di comprendere con certezza il contenuto delle censure, e, quindi, l’ambito del devolutum, ed alle controparti di svolgere senza alcun pregiudizio la propria attività difensiva, mentre non è richiesta nè l’indicazione delle norme di diritto che si assumono violate, nè una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’impugnazione (Cass. n. 22502 del 2014); c) la specificità dei motivi deve, inoltre, esser commisurata alla specificità della motivazione (Cass. n. 1651 del 2014; n. 7786 del 2010).

4. L’esame diretto degli atti conferma, invero, le affermazioni della ricorrente: il Tribunale ha rigettato la domanda restitutoria rilevando che “alla data della notifica dell’atto di citazione già era stata realizzata l’opera pubblica con irreversibile destinazione del fondo”, ritenuta, da sola, idonea ad integrare l’accessione invertita, laddove, col proposto appello, la Società San Pietro (dante causa dell’odierna ricorrente) ha contestato, a monte, l’istituto di matrice giurisprudenziale utilizzato dal Tribunale (pag. 3) ed ha insistito in principalità -punto a) delle formulate conclusioni- per l’accoglimento della domanda restitutoria, evidenziando anche “l’inesistenza di ogni presupposto acquisitivo al momento dell’ispezione preventiva e dell’azione de qua”.

5. Alla stregua dei principi esposti al precedente 3, deve perciò concludersi che l’appello contiene una critica adeguata e specifica in riferimento alla statuizione impugnata e delimita con certezza l’ambito del devolutum, irrilevante essendo, in particolare, che la confutazione del dato fattuale relativo all’intervenuta irreversibile trasformazione sia contenuta solo in seno al petitum, tenuto conto che tale parte contribuisce, unitamente a quella volitiva ed a quella espositiva, a costituire l’unico atto processuale, da considerarsi, appunto, nella sua globalità, sicchè la netta cesura operata dalla Corte territoriale tra petitum e parte motiva è giuridicamente erronea.

6. Col secondo motivo, si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. ed il vizio di motivazione, in relazione al punto b) della narrativa, e si denuncia l’errore in cui è incorsa la Corte territoriale nel non ritenere proposta la domanda di risarcimento per il degrado del fondo residuo. Il motivo, ammissibile perchè adeguatamente autosufficiente, resta assorbito, essendo logicamente condizionato alla sorte della proposta domanda restitutoria.

7. Col ricorso incidentale, il Comune di Ischia deduce la violazione dell’art. 2043 c.c., dei principi in tema di occupazione usurpativa e vizio di motivazione in riferimento alla statuizione sub c) della narrativa. Il Comune afferma che il danno da mancato godimento del bene, per il periodo antecedente al relativo acquisto da parte delle originarie attrici, non può essere riconosciuto alla controparte che non era legittimata a pretenderlo per non essersi prodotto alcun nocumento nella relativa sfera patrimoniale.

8. Il motivo è fondato. Le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 2951 del 2016, a composizione di un contrasto, hanno affermato che il diritto al risarcimento dei danni cagionati ad un bene non costituisce un accessorio del diritto di proprietà ma è un diritto di credito, distinto ed autonomo rispetto al diritto reale.

Questi caratteri sono stati riconosciuti anche, sul piano processuale, al fine di risolvere il problema della individuazione del giudice competente per valore (cfr., Cass., sez. un., 19 ottobre 2011, n. 21582). Tale autonomia comporta che “il diritto al risarcimento del danno subito dall’immobile, in caso di alienazione del bene, non si trasferisce insieme al diritto reale come accadrebbe se fosse un elemento accessorio, ma è suscettibile solo di specifico atto di cessione ai sensi dell’art. 1260 c.c.. Di conseguenza, quando accanto all’atto di trasferimento della proprietà, non vi sia stato un atto di cessione del credito, il diritto al risarcimento dei danni compete esclusivamente a chi, essendo proprietario del bene al momento dell’evento dannoso, ha subito la relativa diminuzione patrimoniale”.

9. La sentenza va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, per le statuizioni conseguenti e per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo, nonchè il ricorso incidentale, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2016

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