Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11648 del 07/06/2016


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Cassazione civile sez. I, 07/06/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 07/06/2016), n.11648

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

P.R., – P.P., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE, n. 14, nello studio dell’avv. PAFUNDI

Gabriele; rappresentati e difesi dagli avv.ti COCCHI Luigi e

TORTORELLI Augusto, giusta procura speciale a margine del ricorso.

– ricorrenti –

contro

ANAS – AZIENDA NAZIONALE AUTONOMA DELLE STRADE S.P.A.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i

cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Genova, n. 621,

depositata in data 21 maggio 2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’11

maggio 2016 dal Consigliere Dott. CAMPANILE Pietro;

sentito per i ricorrenti l’avv. ROMANELLI E., munito di delega;

udito il P.M., nella persona del Sost. P.G. Dott. CARDINO Alberto,

che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Con sentenza non definitiva depositata in data 14 dicembre 2005 la Corte di appello di Genova, pronunciando sull’opposizione alla stima proposte dai signori P.P. e R. nei confronti dell’Anas, in relazione alle indennità di asservimento e di occupazione di un loro fondo, sul quale l’ente convenuto aveva, nell’ambito della realizzazione di lavori di consolidamento di una scarpata posta a lato della S.S. (OMISSIS), apposto dei tiranti, rilevava che, non essendo stato emesso il relativo decreto, il procedimento espropriativo non si era perfezionato, ragion per cui, separate le cause, dichiarava improcedibile quella relativa alla stima dell’indennità di asservimento e disponeva in merito alla prosecuzione del giudizio con riferimento alla sola indennità di occupazione protrattasi dal 30 maggio 1991 al 330 aprile 1997.

1.1 – Con la sentenza definitiva indicata in epigrafe (poi corretta con ordinanza in data 22 dicembre 2010) la corte distrettuale, premesso che l’indennità andava calcolata sulla base di quella virtuale di esproprio, e che doveva considerarsi il valore dell’intero complesso immobiliare, costituito da un terreno sul quale insisteva un fabbricato ad uso di civile abitazione, ha determinato in Euro 59.469,00 l’indennità di occupazione legittima.

1.2 – In particolare, sono state condivise le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, che, sulla base del metodo comparativo, aveva indicato in Lire 200.000.000 il valore del bene immobile all’epoca dell’occupazione. Sono stati disattesi i rilievi degli attori fondati sul riferimento ad altra consulenza – espletata nell’ambito del giudizio risarcitorio intrapreso dagli stessi attori – ed effettuata tramite il ricorso al metodo analitico, che la corte distrettuale non ha ritenuto affidabile in presenza di un fabbricato di vecchia costruzione, in relazione al quale i costi ipotizzati nella consulenza invocata non apparivano pertinenti, tanto più che il valore stimato dal proprio ausiliario corrispondeva all’incirca all’importo rivalutato del prezzo pagato dai proprietari in occasione dell’acquisto del bene.

1.3 – Per la cassazione di tale decisione i proprietari propongono ricorso, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria, cui l’Anas resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con unico motivo, deducendo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, si sostiene che, indipendentemente dal privilegio accordato al c.d. metodo statistico-comparativo, la sentenza impugnata si sarebbe limitata a richiamare i risultati della consulenza tecnica d’ufficio, che non avrebbe indicato elementi concreti a supporto della propria stima. D’altra parte, la Corte non avrebbe ben specificato le ragioni in base alle quali non potevano ritenersi attendibili le conclusioni del consulente nominato del giudizio di natura risarcitoria, ed avrebbe erroneamente considerato il valore – rivalutato – della stima del bene operata nell’ambito della procedura fallimentare alla quale il bene immobile in questione era stato acquisito, per essere poi acquistato dai ricorrenti.

3 – Come sopra evidenziato, le censure dei ricorrenti risultano complessivamente fondate sulle valutazioni operate dal consulente tecnico d’ufficio, e condivise dalla corte di appello. Dette doglianze, per come formulate, non possono essere condivise.

3.1 – In primo luogo va rilevato come la critica del metodo seguito per la determinazione del valore del fondo non colga nel segno, alla stregua dell’affermata equivalenza (Cass., 31 maggio 2007, n. 12771;

Cass. 19 gennaio 2007, n. 1161; Cass. 20 aprile 2006, n. 9312) fra i metodi analitico-ricostruttivi e quelli sintetico-comparativi.

Questa corte (Cass., 22 marzo 2013, n. 7288) ancora di recente ha ribadito che, in tema di espropriazione per pubblica utilità, la determinazione del valore del fondo è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito che sceglie se utilizzare il metodo analitico-ricostruttivo, teso ad accertare il valore di trasferimento del fondo o quello sintetico-comparativo, volto invece a desumere dall’analisi del mercato il valore commerciale attraverso il riferimento alle aree omogenee. La corte distrettuale ha in maniera congrua esplicitato le ragioni in base alle quali ha ritenuto maggiormente idoneo il metodo sintetico adottato dal proprio consulente, specificando che il metodo analitico, posta alla base dell’elaborato reso in altro procedimento e suggerito dalla difesa proprietari, non appariva idoneo, in considerazione della vetustà del fabbricato e dell’indisponibilità di dati attendibili circa il costo di costruzione, tanto che la stima basata sul metodo analitico si fondava su “costi ipotetici”. Il criterio utilizzato dal proprio ausiliario, quindi, tenuto conto delle caratteristiche del complesso immobiliare, non dissimili “dalle numerose costruzioni analoghe esistenti nelle zona”, è stato considerato, con congrua motivazione, più affidabile per determinare il valore del bene.

3.2 – Le deduzioni inerenti alla stima del complesso immobiliare presentano, poi, un ineludibile profilo di inammissibilità.

Benvero le critiche alle scelte effettuate dal consulente tecnico d’ufficio, così come recepite nella decisione impugnata, per poter incidere sulla motivazione di quest’ultima, non possono risolversi nella proposizione, per la prima volta in questa sede, di censure attinenti alle valutazioni compiute dall’esperto e condivise dal giudice del merito. Con orientamento costante, questa Corte ha affermato il principio secondo cui non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca “per relationem” le conclusioni e i passi salienti di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui dichiari di condividere il merito; pertanto, per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, tale motivazione, è necessario che la parte alleghi le critiche mosse alla consulenza tecnica d’ufficio già dinanzi al giudice “a quo”, la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame in sede di decisione; al contrario, una mera disamina, corredata da notazioni critiche, dei vari passaggi dell’elaborato peritale richiamato in sentenza, si risolve nella mera prospettazione di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 4 maggio 2009, n. 10222; Cass. 6 settembre 2007, n. 18688; Cass. 28 marzo 2006, n. 7078).

3.3 – Nel caso in esame non risultano, invero, proposte davanti al giudice del merito, nel senso che le relative deduzioni non sono state richiamate nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, le argomentazioni svolte in questa sede circa le valutazioni operate dal consulente tecnico d’ufficio, con particolare riferimento alla omessa specificazione delle fonti utilizzate per la comparazione (in astratto, pienamente condivisibili: Cass., 28 gennaio 2010, n. 1901; Cass., 8 giugno 2007, n. 13428), che, in tal modo, anzichè concretare specifiche censure alla motivazione della decisione impugnata, si risolvono in inammissibili questioni attinenti al merito.

3.2 – Deve infine rilevarsi che l’indicazione del prezzo di acquisto (rivalutato fino alla data dell’occupazione) è avvenuta in via approssimativa, solo per rilevare, ad abundantiam, che il valore indicato dal proprio ausiliario non si discostava in maniera significativa – al contrario di quello calcolato con il cd. metodo analitico – da detto importo, di tal che il denunciato errore di calcolo (che non elide, ma soltanto attenua la rimarchevole differenza fra i due importi), non attiene a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, secondo la disposizione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile “ratione temporis”, nel senso che non determina la logica insostenibilità della motivazione (Cass., 20 agosto 2015, n. 17037; Cass., 8 ottobre 214, n. 21152), fondata, come sopra rilevato, sul valore di mercato dei beni immobili aventi caratteristiche omogenee.

5 – Al rigetto del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 7.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2016

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