Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11647 del 26/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 26/05/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 26/05/2011), n.11647

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

IDROCALOR s.a.,con sede in (OMISSIS), P.A., T.

U., rappresentati e difesi dall’avv. Panariti Paolo, presso il

quale sono elettivamente domiciliati in Roma in via Celimontana n.

38;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 29/37/09, depositata il 10 febbraio 2009;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9

febbraio 2011 dal Relatore Cons. Dott. Antonio Greco;

udito l’avvocato dello Stato Alessandro Maddalo per la ricorrente.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“Letto il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza n. 29/37/09 del 10.2.2009, notificata il 10.3.2009, della Commissione tributaria regionale del Lazio, che aveva accolto il ricorso proposto dalla IDROCALOR s.a. e dai soci P.A. e T.U. per l’annullamento dell’avviso di accertamento che, assumendo che la società, pur di nazionalità panamense, dovesse considerarsi avente sede in (OMISSIS), le determinava, con riferimento all’anno 1998, un reddito imponibile a fini iva e irap, avendo ritenuto il giudice di secondo grado che, sulla base della documentazione in atti, da cui risultava che la società aveva sede in Panama ed una sede operativa a (OMISSIS), con pochi beni strumentali adeguati ed un proprio referente cubano, l’Ufficio non avesse fornito prova sufficiente per dimostrare che la suddetta società non era un soggetto estero;

letto il controricorso della IDROCALOR s.a. e di P.A. e T.U.;

ritenuto che con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate denunzia vizio di motivazione della sentenza impugnata, assumendo che la Commissione regionale ha fondato il proprio accertamento a) su una circostanza – la presenza di una sede operativa a (OMISSIS) – giuridicamente rilevante ed incerta, b) senza scrutinare i puntuali specifici ed oggettivi elementi allegati dall’Ufficio a sostegno della propria pretesa e c) senza considerare il criterio legale di collegamento della sede dell’amministrazione pure documentato;

che il mazzo appare inammissibile sia perchè generico, non illustrando con sufficiente precisione i dati di fatto dedotti dall’ufficio che non sarebbero stati esaminati dal giudice di merito nè le loro fonti ed il momento processuale in cui hanno trovato ingresso nel giudizio, sia in quanto mira ad introdurre nuovi accertamenti e valutazioni di fatto, in contrasto con il principio giurisprudenziale consolidato secondo cui il giudice di merito è libero di fondare il proprio convincimento su determinati elementi probatori ed il relativo giudizio, risolvendosi in un apprezzamento di merito demandato dalla legge all’esclusiva competenza del giudice, non è censurabile in sede di legittimità, mentre con riferimento all’ultimo rilievo concernente l’omesso esame del criterio di collegamento dell’amministrazione della società, atteso che tale censura si risolve nella denunzia di violazione di legge, mentre il vizio di motivazione è prospettatale unicamente in ordine agli accertamenti di fatto;

che, pertanto, ricorrono le condizioni previste dall’art. 375 cod. proc. civ. affinchè questa Corte pronunci sul ricorso in camera di consiglio statuendone il rigetto”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte mentre l’Agenzia delle entrate ha presentato memoria;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.100,00, ivi compresi Euro 100,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2011

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