Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11647 del 16/06/2020

Cassazione civile sez. I, 16/06/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 16/06/2020), n.11647

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8904/2018 proposto da:

Comune di Crotone, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, via B. Tortolini, n. 34, presso lo studio

dell’avvocato Paoletti Nicolò, rappresentato e difeso dagli

avvocati Medici Rosario, Medici Vincenzo, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

R.G., Ri.Gi., R.M.G., in proprio e

quali eredi di C.M., elettivamente domiciliati in Roma, via

Arno, n. 6, presso lo studio dell’avvocato Morcavallo Oreste, che li

rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

Amministrazione Provinciale di Catanzaro, Consorzio Lavoratori

Montedison – Città di Crotone – S.c.ar.l., Consorzio Regionale tra

le Cooperative di Abitazione Abitcoop Calabria S.c.ar.l.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1887/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 31/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/12/2019 dal Cons. Dott. DE MARZO GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 31 ottobre 2017 la Corte d’appello di Catanzaro, pronunciando sulle domande proposte da R.G., Ri.Gi. e R.G.M., in proprio e quali eredi di C.M., nei confronti del Comune di Crotone, con l’intervento del Consorzio regionale tra le cooperative di abitazione, Abitcoop Calabria soc. coop. a r.l., e del Consorzio Lavoratori Montedison – città di Crotone, soc. coop. a r.l., ha determinato le indennità di espropriazione e di occupazione legittima spettanti ai primi, ordinandone il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti, e ha dichiarato non luogo a provvedere in ordine alla domanda del Consorzio Lavoratori Montedison – città di Crotone, soc. coop. a r.l., in ragione della rinuncia di quest’ultima all’intervento.

2. Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che la precedente sentenza non definitiva della medesima Corte era stata cassata, su ricorso del Comune di Crotone, con sentenza della Corte di Cassazione n. 21103 del 7 ottobre 2014, solo con riguardo alla ritenuta inammissibilità della richiesta dell’Ente di rideterminazione del valore dei terreni in misura inferiore alla stima non definitiva; b) che, attesa la struttura chiusa del giudizio di rinvio, le parti non possono rassegnare conclusioni diverse da quelle svolte in precedenza, nè è consentita attività istruttoria diversa da quella che consegue alla pronuncia di annullamento; c) che la produzione di documenti, in particolare, è circoscritta ai casi di cui all’art. 395 c.p.c., n. 3; d) che, in conclusione sul punto, la ritenuta inammissibilità o improponibilità delle domande attore, per effetto dell’intervenuta accettazione dell’indennità provvisoria, costituiva una conclusione diversa da quelle rassegnate in precedenza ed era fondata su un documento la cui mancata produzione, nonostante fosse depositato presso la Cassa Depositi e Prestiti, non poteva ricondursi a causa di forza maggiore; e) che, in ogni caso, siffatto documento non era qualificabile come quietanza, essendo una nota proveniente da un terzo attestante l’incameramento della somma, talchè non era idoneo a dimostrare il fatto storico dell’intervenuta accettazione dell’indennità e, ancor meno, la contestuale, espressa rinuncia a far valere pretese ulteriori; f) che la sentenza citata di questa Corte aveva rigettato i motivi di impugnazione concernenti il riconoscimento della natura edificabile del terreno; g) che l’indennità di espropriazione e, correlativamente quella di occupazione, dovevano essere determinate, avendo riguardo al valore stimato dal consulente tecnico d’ufficio, alla stregua dell’applicazione del criterio sintetico – comparativo.

3. Avverso tale sentenza il Comune di Crotone ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui R.G., Ri.Gi. e R.G.M., in proprio e quali eredi di C.M., hanno resistito con controricorso. Questi ultimi hanno contestualmente proposto ricorso incidentale affidato ad un unico motivo. Gli stessi hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1, c.p.c.. Non hanno svolto attività difensiva gli intimati Consorzio regionale tra le cooperative di abitazione, Abitcoop Calabria soc. coop. a r.l., Consorzio Lavoratori Montedison – città di Crotone, soc. coop. a r.l., e Amministrazione provinciale di Catanzaro.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 113,115,116 c.p.c., art. 394 c.p.c., comma 1, art. 345 c.p.c., comma 3; ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo della controversia.

Rileva il ricorrente: a) che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, nel giudizio di appello che segua alla cassazione con rinvio, si possono produrre nuovi documenti che non si siano potuti produrre in precedenza per causa di forza maggiore, la quale sussiste anche quando la parte abbia, senza sua colpa, ignorato l’esistenza dei documenti fino alla data di assegnazione a sentenza della causa; b) che, negli stessi termini e alle medesime condizioni, è consentita anche la prospettazione di nuove ragioni giuridiche, basate sulle nuove deduzioni di fatto; c) che la Corte distrettuale aveva ignorato i motivi sviluppati dal Comune, quanto alla producibilità, nel giudizio di rinvio, di documenti sopravvenuti al giudizio di legittimità; d) che questi ultimi avrebbero dimostrato l’esistenza della richiesta di pagamento dell’indennità provvisoria, ossia dell’accettazione della stessa, preclusiva, alla stregua del consolidato orientamento di legittimità, della richiesta giudiziale di determinazione dell’indennità; e) che infondate erano anche le considerazioni dedicate dalla Corte territoriale alla idoneità dimostrativa del documento prodotto, attesa la potestà certificativa riconosciuta alla pubblica amministrazione che aveva formato il documento stesso, alla stregua delle risultanze dei propri registri; f) che, una volta intervenuta l’accettazione, non assumeva alcun rilievo l’accertamento dell’esistenza di una rinuncia, non essendo prevista l’accettazione con riserva dell’indennità provvisoria.

La doglianza è infondata.

Sebbene il percorso argomentativo della sentenza impugnata e le stesse censure presuppongano l’esistenza di un giudizio di rinvio, va osservato che la sentenza n. 21103 del 2014 di questa Corte si è occupata di una sentenza non definitiva della Corte di appello Catanzaro.

Quest’ultima, previo espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, aveva affermato la legittimazione passiva del Comune di Crotone, escludendo quella dell’Amministrazione provinciale di Catanzaro, e, ritenuta la natura edificabile delle aree espropriate, aveva dichiarato inammissibile la domanda di riduzione della somma già determinata in via amministrativa, così come proposta dal Comune di Crotone per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni.

La Corte di Cassazione ha accolto il primo motivo del ricorso, che è stato rigettato nel resto; ha cassato la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, ha revocato la statuizione di cui al dispositivo sub d) della decisione impugnata, ossia la decisione della Corte territoriale di inammissibilità della richiesta del Comune di una determinazione del valore dei terreni in misura inferiore alla stima non definitiva.

Ne discende che il giudizio definito dalla sentenza impugnata col ricorso del Comune che si esamina in questa sede non può essere qualificato come di rinvio in senso tecnico, dal momento che non segue ad una cassazione con rinvio.

La preclusione alla produzione documentale nasce dunque – e in ciò deve correggersi la motivazione, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 4, per un verso, dalla circostanza che l’intervento della sentenza della Corte di Cassazione, che si era occupata anche della natura edificabile o non dei suoli, lasciava spazio ormai soltanto per questioni attinenti alla stima del valore delle aree espropriate (e non al tema della proponibilità stessa della domanda) e, per altro aspetto, dalle ordinarie preclusioni processuali, non scalfite dai generici rilievi del ricorso.

Peraltro, è lo stesso ricorrente a confermare che i mandati di pagamento risalgono al maggio del 1999, mentre il giudizio è stato introdotto successivamente nell’agosto dello stesso anno.

Siffatta deduzione dimostra che i documenti dei quali si discute non sono affatto stati formati in epoca posteriore allo svolgimento del precedente giudizio di merito, ma che sono anteriori alla stessa proposizione della domanda in primo grado.

Ne discende che anche la contestazione della assenza di colpa non coglie nel segno, perchè non è individuabile – e, infatti, non viene neppure indicata – alcuna ragione per la quale il controllo sull’esistenza di un’eventuale accettazione dell’indennità provvisoria non sia stato compiuto, attesa la particolare rilevanza che poteva assumere sin dall’inizio del processo, dopo la notifica dell’atto di citazione.

In realtà, le critiche sul punto sono assolutamente prive di conducenza perchè confondono la mancata conoscenza con la non conoscibilità del documento.

Le superiori considerazioni rendono superfluo l’esame delle censure dedicate dal ricorrente agli ulteriori argomenti utilizzati dalla sentenza impugnata a proposito della inidoneità del documento in esame ad incidere comunque sulla decisione.

2. Con il secondo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c.; “vizio di motivazione e di legge circa il criterio adottato per stabilire la misura dell’indennità di espropriazione”.

Si rileva: a) che la Corte d’appello aveva concluso per l’edificabilità dei terreni senza fornire una propria autonoma motivazione, limitandosi a recepire le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio; b) che non era certa la natura edificatoria delle aree, al pari della loro valutazione, atteso il riferimento del consulente ad aree non omogenee, ubicate in altri comparti territoriali della città, non destinati all’edilizia pubblica residenziale; c) che la Corte d’appello aveva immotivatamente rigettato la richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio; d) che, d’altra parte, le somme relative alle indennità era state calcolate senza tener conto di quanto incassato dagli attori, che doveva assumere rilievo anche al fine del calcolo degli interessi.

La doglianza è, nel suo complesso, infondata.

La questione relativa alla natura dei terreni è coperta dal giudicato, in quanto la sentenza di questa Corte n. 21103 del 2014 ha rigettato le doglianze proposte dal Comune, in relazione alla natura del terreno. Le critiche alla valutazione espressa dal consulente tecnico d’ufficio e recepita dalla sentenza impugnata sono formulate in termini di assoluta genericità.

Al riguardo, va comunque osservato che, poichè la sentenza impugnata è stata depositata in data 31 ottobre 2017, viene in questione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv., con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (pubblicata nel S.O. n. 171, della Gazzetta Ufficiale 11 agosto 2012, n. 187), e applicabile, ai sensi del medesimo art. 54, comma 3, alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (al riguardo, va ricordato che, ai sensi dell’art. 1, comma 2, della Legge di Conversione, quest’ultima è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).

Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come novellato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

Del pari infondate, sono le restanti considerazioni giacchè esse sono affidate a documenti che, come detto, legittimamente non sono stati acquisiti.

3. Con l’unico motivo del ricorso incidentale, si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione del D.M. n. 55 del 2014, per avere la Corte d’appello liquidato, a titolo di spese poste a carico del Comune, la somma di 5.000,00 Euro, oltre accessori di legge, che risulta, alla luce del valore della causa (superiore a 520.000,00 Euro) inferiore ad una sola delle fasi indicate dal citato D.M.. La doglianza è fondata.

Tenuto conto, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del D.M. cit., delle somme attribuite alle parti vincitrici (agli attori sono state riconosciute, quali eredi della C., le somme di 754.116,94 Euro, a titolo di indennità di esproprio, e di 175.926,19 Euro, a titolo di indennità di occupazione legittima, e, in proprio, rispettivamente agli stessi titoli, le somme di 1.374.784,51 Euro e di 320.343,50 Euro), è esatto che l’importo del compenso previsto per ciascuna attività è superiore a quello liquidato.

4. In conseguenza, rigettato il ricorso del Comune, va accolto quello delle controparti, cui segue la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale e, in relazione al disposto accoglimento, cassa la sentenza; rinvia alla Corte di appello di Catanzaro in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020

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