Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11643 del 11/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/05/2017, (ud. 30/03/2017, dep.11/05/2017),  n. 11643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15301-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

N.L., N.M., C.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 32, presso lo

studio dell’avvocato FABRIZIO ALESSANDRO PASSARINI, rappresentati e

difesi dall’avvocato ROBERTO REGNI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 53/2012 della COMM. TRIB. REG. ANCONA,

depositata il 02/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/03/2017 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LUISA DE RENZIS;

udito l’Avvocato.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

p. 1. L’agenzia delle entrate propone due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 53/7/12 del 2 maggio 2012 con la quale la commissione tributaria regionale delle Marche, a conferma della prima decisione, ha ritenuto illegittimo l’avviso di rettifica e liquidazione per maggiore imposta di registro, ipotecaria e catastale notificato il 2 maggio 2008 a M. e N.L., nonchè a C.G., in relazione alla compravendita immobiliare tra gli stessi intercorsa il 21 gennaio 2005.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che l’avviso in oggetto, pur rientrando nel potere di rettifica spettante all’ufficio ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, fosse stato qui illegittimamente fondato unicamente sui valori dell’osservatorio del mercato immobiliare (OMI) di zona; vale a dire, su un criterio di stima divenuto operativo (L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 307) successivamente alla compravendita in questione e, comunque, avente valore meramente indiziario. Come tale necessitante di ulteriori elementi di determinazione del maggior valore accertato, nella specie inesistenti.

Resistono con controricorso i N..

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51 e L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 307. Per avere la commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto precluso il ricorso ai listini OMI per gli atti di trasferimento precedenti all’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006 e del provvedimento del direttore dell’agenzia delle entrate 27 luglio 2007 che vi aveva dato attuazione. Contrariamente a tale assunto, il listini OMI erano stati nella specie richiamati quale “ulteriore elemento di valutazione” ex art. 51 cit., in sede di determinazione del “valore normale” dell’immobile ai soli fini dell’imposta di registro; nè essi richiedevano, a differenza di quanto previsto per Iva ed imposte dirette, il concorso di diversi ed ulteriori criteri di stima del valore normale del fabbricato.

p. 2.2 Il motivo è infondato.

La sentenza della CTR si basa su una duplice ratio decidendi: – la prima costituita dalla inapplicabilità, nella specie, dei listini OMI, in quanto presi in considerazione dalla legge (priva di efficacia retroattiva) solo successivamente alla compravendita in oggetto; – la seconda (la cui autonomia logico-giuridica è stata in sentenza segnalata anche sul piano testuale: “anche a prescindere dalla normativa…”) costituita dal fatto che il solo criterio OMI costituirebbe, comunque, elemento di stima puramente indiziario, e di per sè non probante della fondatezza della rettifica.

Orbene, la presente censura colpisce efficacemente la prima ratio decidendi, facendola cadere. Ciò nel senso che la circostanza che i listini OMI fossero stati presi espressamente in considerazione – quali “criteri utili per la determinazione del valore normale dei fabbricati” D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 51 – soltanto dalla L. n. 296 del 2006 (art. 1, comma 307, cit.) non escludeva di per sè che ad essi l’amministrazione finanziaria potesse legittimamente fare ricorso anche per il periodo antecedente. E ciò sulla base di quanto previsto dall’art. 51 cit., comma 3, il quale stabilisce che il controllo del valore dell’immobile trasferito abbia riguardo, oltre che ai trasferimenti di immobili analoghi rintracciabili nel triennio antecedente, ovvero al reddito netto immobiliare capitalizzato, anche “ad ogni altro elemento di valutazione”. Sicchè, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, non poteva inibirsi all’agenzia delle entrate di dimostrare la fondatezza della rettifica sulla base, tra il resto, delle risultanze fattuali di stima desumibili dai listini OMI; e ciò indipendentemente dalla questione della natura retroattiva della L. n. 296 del 2006cit. – anche con riferimento a trasferimenti anteriori al loro formale recepimento quali “utili criteri” legali di stima.

p. 2.3 La censura in esame non è invece in grado di parimenti inficiare la seconda ratio decidendi.

Il giudice di merito ha infatti espresso l’ulteriore convincimento certamente idoneo, come detto, ad autonomamente sorreggere la decisione – secondo cui il ricorso ai listini OMI, quand’anche ritenuto non precluso dalla legislazione vigente all’epoca dell’atto, esplicava purtuttavia una valenza dimostrativa di natura semplicemente indiziaria e, come tale, “necessitante di ulteriori elementi di supporto in grado di realizzare la sua valenza presuntiva; elementi di supporto che nel caso di specie risultano affatto insussistenti, come dato rilevare alla pagina 3 dell’atto impugnato”.

Questa affermazione si pone in linea con l’orientamento di legittimità sui parametri di determinazione del valore venale in comune commercio dell’immobile ai fini dell’art. 51 cit., comma 2. Orientamento secondo cui (da ultimo: Cass. 21569/16): – ai fini della determinazione della base imponibile di un contratto di compravendita immobiliare, deve tenersi conto della natura, consistenza ed ubicazione dell’immobile, avendo riguardo ai trasferimenti di immobili di analoghe caratteristiche, avvenuti non oltre tre anni prima; – nell’ambito del procedimento di stima in tal maniera condotto, le risultanze dell’OMI costituiscono “meri valori presuntivi ed indiziari, inidonei da soli a determinare un maggior valore”, così da dover essere integrate, per sostenere la rettifica, da altri elementi probatori di attendibilità.

Cass. ord. 25707/15 ha affermato, in termini, il principio secondo cui: “le quotazioni OMI, risultanti dal sito web dell’Agenzia delle Entrate, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova ma strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicchè, quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, utilizzabili dal giudice ai sensi dell’art. 115 c.p.c., comma 2, sono idonee solamente a condurre ad indicazioni di valori di larga massima”.

La censura in esame non si fa carico di questo indirizzo. Nè, segnatamente, confuta l’affermazione del giudice di merito (mediante l’idonea evidenziazione di una carenza di tipo motivazionale, in realtà neppure allegata) secondo cui la rettifica in oggetto si basava solo ed esclusivamente sui listini OMI; non essendo stati dall’amministrazione allegati altri parametri fattuali capaci di confortare la propria stima.

In tale situazione, non può che affermarsi la corretta applicazione normativa da parte del giudice di merito; il quale ha ritenuto nella specie probatoriamente non risolutivo il solo ricorso ai “listini”.

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992,m art. 2, comma 1, e art. 7. Posto che la commissione tributaria regionale, pur dopo aver annullato l’avviso opposto, non aveva determinato l’effettivo valore attribuibile all’immobile compravenduto; con ciò contravvenendo alla natura di “impugnazione – merito” propria della cognizione tributaria.

p. 3.2 Anche questa doglianza è infondata.

Non è qui in discussione il principio secondo cui “il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto diretto ad una decisione sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente sia dell’accertamento dell’Ufficio, sicchè il giudice, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi al suo annullamento, ma deve esaminare nel merito la pretesa e ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (…)” (Cass. 13294/16; in termini, Cass. 24611/14 ed altri).

Si tratta infatti di un principio che non è stato violato dalla CTR la quale, in assenza di validi riscontri probatori del maggior valore rettificato, ha annullato l’avviso opposto, per ciò solo ritenendo congruo il valore indicato dalle parti (Euro 183.000,00). Valore, quest’ultimo, che lo stesso ufficio aveva già sottoposto a tassazione (avviso di liquidazione del 22 gennaio 2008) in sede di revoca delle agevolazioni “prima casa” fruite senza titolo dai contribuenti (immobile di lusso).

Anche nel caso in esame, in definitiva, è individuabile un tipico contenuto decisorio di merito; insito – sulla scorta del quadro probatorio fornito ad onere dell’amministrazione finanziaria – nella ravvisata corrispondenza al dichiarato del valore venale in comune commercio dell’immobile in questione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.200,00; oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della quinta sezione civile, il 30 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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