Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11642 del 16/06/2020

Cassazione civile sez. I, 16/06/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 16/06/2020), n.11642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4448/2015 proposto da:

Strutture S.r.l. in Liquidazione, in persona del liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Ferrari n. 12,

presso lo studio dell’avvocato Smedile Sergio, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Bentivegna Domenico, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di Petralia Soprana, in persona del sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Val di Lanzo n. 79, presso lo

studio dell’avvocato Iacono Quarantino Giuseppe, rappresentato e

difeso dall’avvocato Lupo Francesco, giusta procura in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Strutture S.r.l. in Liquidazione, in persona del liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via G. Ferrari n. 12,

presso lo studio dell’avvocato Smedile Sergio, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Bentivegna Domenico, giusta procura

in calce al ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 1699/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 22/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/12/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 184/2009 depositata in data 23-2-2009 il Tribunale di Termini Imerese dichiarava risolto il contratto di appalto n. 501 di rep. dell’8-4-1992 avente ad oggetto i lavori di costruzione del II lotto della strada intercomunale (OMISSIS) – svincolo dell’autostrada (OMISSIS) ed intercorso tra il Comune di Petralia Soprana e la società denominata “Strutture s.p.a.” per inadempimento del committente Comune di Petralia Soprana. Il Tribunale condannava quest’ultimo al risarcimento del danno in favore della società, pari ad Euro 2.612.094,44, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo, con condanna alle spese dei relativi giudizi riuniti. Il Tribunale riteneva sussistente l’inadempimento colpevole del committente per violazione della buona fede e correttezza contrattuali, evidenziando, in particolare, che il Comune: 1) aveva omesso di espletare le necessarie indagini geognostiche in fase progettuale, determinando in tal modo una errata progettazione ed allocazione delle opere; 2) aveva rimediato all’inconveniente con ritardo, a mezzo della seconda perizia di variante e suppletiva approvata a distanza di più di cinque anni dalla stipulazione dell’appalto; 3) aveva emesso illegittimi ordini di servizio all’impresa di immediata ripresa dei lavori; 4) non aveva assicurato la disponibilità finanziaria necessaria al completamento dei lavori. Il primo giudice disapplicava, inoltre, la Delibera di rescissione del contratto emanata dal Comune e rigettava le domande riconvenzionali di risoluzione per inadempimento e di risarcimento proposte dall’Ente stesso.

2. Con sentenza n. 1699/2014 depositata in data 22 ottobre 2014 e notificata il 10 dicembre 2014 la Corte d’appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha rigettato le domande proposte da “Strutture s.p.a.” e le domande riconvenzionali proposte dal Comune di Petralia Soprana. La Corte territoriale, pur ritenendo che le indagini geotecniche e geognostiche effettuate dal Comune nella fase progettuale non fossero state sufficientemente approfondite, ha affermato, richiamando la giurisprudenza di questa Corte in ordine agli obblighi di diligenza della società appaltatrice e le risultanze fattuali emerse in base agli accertamenti peritali effettuati in primo grado, che l’appaltatrice fosse stata perfettamente consapevole delle problematiche inerenti la concreta realizzazione del progetto, in quanto le stesse erano state compiutamente evidenziate nella relazione geologica eseguita dal tecnico Dott. M., incaricato dall’appaltatrice di effettuare studi geologici e geotecnici del terreno, prima della realizzazione dell’opera. La Corte d’appello ha, quindi, escluso che il ritardo nella correzione dell’originario errore progettuale fosse imputabile in via esclusiva all’appaltante. Con riguardo alla mancata disponibilità finanziaria necessaria al completamento dei lavori, la Corte territoriale ha rilevato che erano stati il ritardo e la sospensione dei lavori da parte dell’impresa a determinare l’oggettiva impossibilità di richiedere la reiscrizione in bilancio regionale delle somme e la loro successiva erogazione, sicchè non poteva ritenersi imputabile al committente la suddetta indisponibilità finanziaria. Il corrispettivo dell’appalto derivava da un finanziamento regionale in forza di una Convenzione tra Comune e Regione Sicilia che prevedeva l’erogazione delle somme a rate sulla base dello stato di avanzamento dei lavori. In virtù di tale meccanismo, conosciuto dall’appaltatrice, si erano creati dei ritardi nei pagamenti che l’impresa aveva sempre tollerato, proseguendo i lavori fino ad uno stadio molto avanzato (più del 90 per cento dell’appalto), trovandosi, però, di seguito in difficoltà finanziaria, sì da prima rallentare e di seguito sospendere i lavori stessi. Quanto all’emissione di ordine illegittimo di ripresa dei lavori, la Corte territoriale ha evidenziato l’irrilevanza della questione, nella specie, in ordine alla risoluzione del contratto chiesta dall’appaltatrice, dal momento che l’impresa non aveva dato seguito all’ordine e la dedotta illegittimità non si inscriveva in una molteplicità di condotte del committente riconducibili a mala fede o scorrettezza contrattuale. Infine, quanto alla riconvenzionale del Comune relativa alla “rescissione” del contratto disposta dall’Ente per non avere l’impresa ottemperato agli ordini di servizio con cui si intimava la ripresa dei lavori, la Corte d’appello, nel condividere il giudizio di fatto espresso dal Tribunale, ha affermato che non si potesse operare una netta cesura tra lavori previsti con la seconda p.v.s. e lavori ad essa estranei. Di conseguenza, essendo la richiesta di ripresa dei lavori del Comune da ritenersi contraria a buona fede e correttezza nella fase di esecuzione del contratto, le domande riconvenzionali del Comune erano infondate.

3. Avverso questa sentenza la Strutture s.r.l. in liquidazione propone ricorso, affidato a tre motivi, resistito con controricorso dal Comune di Petralia Soprana, che propone ricorso incidentale affidato ad un solo motivo. La ricorrente principale ha notificato e depositato controricorso in replica al ricorso incidentale e il Comune ha depositato memoria in replica al controricorso.

4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e art. 380 bis 1 c.p.c.. La parte controricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo la ricorrente principale lamenta “Art. 360 c.p.c., n. 5; Omesso esame, inesistenza e irriducibile contraddittorietà ed illogicità della motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione alla parte della sentenza che affronta il primo e il secondo motivo d’appello (erroneità del progetto)”. Deduce che la Corte territoriale, pur avendo accertato l’inadempimento nel Comune nella fase relativa all’originario progetto, ha omesso di considerare che l’impresa appaltatrice aveva eseguito le verifiche preliminari richieste, così adempiendo pienamente ai propri obblighi. Ad avviso della ricorrente principale ricorre irriducibile contraddittorietà ed illogicità manifesta del ragionamento logico-giuridico seguito dai Giudici d’appello, per aver gli stessi considerato l’appaltatrice inadempiente al pari dell’Ente appaltante, nonostante l’accertata colpa di quest’ultimo nella redazione del progetto. Adduce che la motivazione della sentenza impugnata è erronea, contraddittoria, ingiusta e non adeguata, oltre che contrastante con le norme di legge in materia, sussistendo l’inadempimento grave e rilevante ex art. 1418 c.c., del Comune ed in ogni caso è mancata la valutazione comparatistica del peso specifico delle rispettive inadempienze.

2. Con il secondo motivo la ricorrente principale lamenta “art. 360 c.p.c., n. 5; Omesso esame, inesistenza e irriducibile contraddittorietà ed illogicità della motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione alla parte della sentenza che affronta il terzo e il quinto motivo d’appello (legittimità sospensione dei lavori; indisponibilità finanziaria; efficacia della convenzione Comune-Regione; illegittimità o.d.s.)”. Deduce che la Corte d’appello, pur avendo accertato che l’appaltatrice legittimamente aveva sospeso i lavori, contraddittoriamente aveva sostenuto sia che l’esercizio del diritto di sospendere i lavori fosse fonte di giustificazione dell’inadempimento posto in essere dall’altra parte contrattuale, sia che dovesse accertarsi il nesso causale tra la condotta dell’ente committente e il diritto di sospensione dei lavori da parte dell’impresa. Ad avviso della ricorrente principale, è errato il presupposto motivazionale della sentenza impugnata, ossia quello che dalla sospensione dei lavori fosse dipesa l’oggettiva indisponibilità finanziaria del Comune, per erronea interpretazione degli accertamenti istruttori acquisiti in primo grado. La sospensione era solo l’ultimo e definitivo atto conseguenziale al persistente inadempimento del Comune rispetto ai termini di pagamento previsti dal contratto, nonchè consequenziale al fatto che, nel momento della sospensione, la seconda perizia di variante era in attesa di approvazione degli organi competenti. Inoltre la Corte territoriale aveva accertato, in conformità alle risultanze della C.T.U., che il finanziamento regionale era stato eliminato per perenzione nel 1993 e nel 1994, mentre il ritardo, prima, e la sospensione, poi, avvennero nel 1995, ed inoltre il Comune era rimasto colpevolmente inerte, lasciando perimere il finanziamento regionale, senza attivare alcuna procedura negli anni 1996 e 1997 idonea ad ottenere la reiscrizione nel bilancio delle somme necessarie e garantire la controprestazione economica, come pure accertato dai Giudici d’appello, ad ulteriore riprova della scorrettezza e malafede della condotta del Comune. Assume quindi la ricorrente principale che la conclusione cui era pervenuta la Corte territoriale, secondo cui l’indisponibilità finanziaria non era imputabile al Comune, fosse contraddetta dagli stessi accertamenti istruttori richiamati nella sentenza impugnata. Infine rimarca la contraddittorietà e l’insanabile contrasto argomentativo della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui, da un lato, si affermava che la richiesta di ripresa dei lavori da parte della committente fosse contraria a buona fede e correttezza nella fase di esecuzione del contratto e, dall’altro, si escludeva che l’emanazione degli ordini di servizio in contestazione fossero riconducibili a malafede e scorrettezza contrattuale. Ad avviso della ricorrente principale la contraddittorietà tra le due preposizioni si risolve in assoluta mancanza di motivazione su un punto essenziale della controversia.

3.Con il terzo motivo la ricorrente principale lamenta “art. 360 c.p.c., n. 3: Violazione ed errata applicazione di norme di diritto (artt. 1218,1372,1460 e 1461 c.c.) in relazione alla parte della sentenza che affronta il terzo e il quinto motivo d’appello (legittimità sospensione dei lavori; indisponibilità finanziaria; efficacia della convenzione Comune-Regione; illegittimità o.d.s.)”.

Deduce che, in ordine alle medesime questioni oggetto del secondo motivo, il ragionamento della Corte territoriale è affetto da vizio di violazione di legge. In particolare si duole della violazione degli artt. 1460 e 1461 c.c., che i Giudici avrebbero dovuto applicare nella valutazione della legittimità della sospensione dei lavori attuata dall’impresa, a fronte dei molteplici inadempimenti della committente, consistiti nel reiterato ritardo dei pagamenti e nella conclamata sua indisponibilità finanziaria. Si duole altresì della violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., per avere la Corte territoriale affermato, senza alcuna ragionevole motivazione, che le condizioni di cui alla convenzione sottoscritta tra il Comune e la Regione per il finanziamento delle opere impegnavano ed anzi condizionavano anche il contratto d’appalto stipulato tra il Comune e l’impresa, che era a conoscenza delle modalità di erogazione del suddetto finanziamento. Assume infine la violazione dell’art. 1218 c.c., per avere la Corte d’appello ritenuto insussistenti i molteplici inadempimenti del Comune, in contraddizione insanabile con la scorrettezza e contrarietà a buona fede, pure affermata nella stessa sentenza, della richiesta del Comune di ripresa dei lavori. Adduce, pertanto, che l’inadempimento grave del Comune erroneamente non era stato sanzionato con la condanna al risarcimento dei danni patiti dall’impresa.

4. Con unico articolato motivo di ricorso incidentale il Comune lamenta “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 c.c. e del corpus normativo che disciplina, in particolare, i casi di inadempimento, nella fattispecie da parte della Strutture s.r.l., dei contratti di appalto dei lavori pubblici, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”. Deduce che gli ordini di servizio inadempiuti riguardavano taluni semplici lavori da compiersi solo con riferimento alla prima perizia di variante e che detti lavori sarebbero stati comunque regolarmente remunerati perchè realizzati sulla base di un ordine di servizio legalmente dato dall’autorità che ne aveva i poteri. Rileva che è irragionevole ed erronea l’argomentazione espressa sul punto nella sentenza impugnata, secondo la quale i lavori in questione avrebbero potuto essere messi in discussione o modificati, essendo in corso l’approvazione della seconda perizia di variante.

5. I primi due motivi di ricorso principale, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.

5.1. Secondo il costante orientamento di questa Corte, ove sia denunciata l’illogicità della motivazione, il vizio deve risultare dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. S.U. n. 8053/2014). Inoltre in materia di appalto, rientra tra gli obblighi di diligenza dell’appaltatore esercitare il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente, di cui costituisce parte integrante – ai sensi del D.M. 11 marzo 1988, che disciplina i progetti relativi a gallerie e manufatti sotterranei – la relazione contenente i risultati delle indagini geologiche fondanti la scelta dell’ubicazione e del tracciato dell’opera e la previsione dei metodi di scavo, sicchè permane in sede esecutiva l’obbligo dell’appaltatore di segnalare al committente le inesattezze delle informazioni risultanti dalla relazione geologica, al fine di promuovere le modifiche progettuali necessarie per la buona riuscita dell’opera. (Cass. n. 28812/2013; Cass. n. 3932/2008 ed altre citate nella sentenza impugnata).

5.2. Nel caso di specie la Corte territoriale, attenendosi ai principi di diritto suesposti in tema di obblighi di diligenza dell’appaltatore, ha adeguatamente motivato il proprio convincimento, esaminando i fatti allegati dalle parti e le risultanze peritali. La Corte d’appello ha affermato che l’appaltatrice fosse stata perfettamente consapevole delle problematiche inerenti la concreta realizzazione del progetto, in quanto le stesse erano state compiutamente evidenziate nella relazione geologica eseguita dal tecnico Dott. M., incaricato dall’appaltatrice di effettuare studi geologici e geotecnici del terreno, prima della realizzazione dell’opera. La Corte d’appello ha, quindi, escluso che il ritardo nella correzione dell’originario errore progettuale fosse imputabile in via esclusiva all’appaltante, avendo avuto l’appaltatrice piena contezza delle problematiche inerenti la concreta realizzazione del progetto e avendo la società deciso, ciò nonostante, di non approfondire le indagini e di proseguire ulteriormente i lavori (pag. n. 7 e n. 8 della sentenza impugnata).

Dal testo della sentenza impugnata, in cui è chiaramente esplicitato il percorso argomentativo seguito, non emerge alcun vizio motivazionale, da accertarsi a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, che, invece, la ricorrente principale richiama a supporto della lamentata contraddittorietà.

5.3. Le medesime considerazioni devono esprimersi anche con riguardo alle altre parti della motivazione censurate. In particolare, quanto agli ordini di servizio illegittimi ed alla rilevanza degli stessi ai fini della risoluzione dell’appalto per inadempimento dell’appaltatrice (pag. 11 sentenza), la Corte territoriale ne ha affermato l’ininfluenza in quanto non ha ravvisato sussistente una molteplicità di condotte scorrette del Comune, sì da determinare la gravità complessiva dell’inadempimento della stazione appaltante.

5.4. Circa la “rescissione” attuata dal Comune (pag. n. 12), la Corte d’appello ha ritenuto, con adeguata motivazione, per un verso che l’ordine di ripresa lavori del Comune fosse contrario a buona fede e correttezza e, per altro verso e correlativamente, che la ripresa dei lavori da parte dell’appaltatrice non fosse esigibile, all’esito di un accertamento di fatto basato sulle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio e secondo il quale non era possibile operare una netta censura tra lavori previsti con la seconda p.v.s. e lavori ad essa estranei. Dal suddetto quadro probatorio la Corte d’appello ha tratto la conclusione di non poter ravvisare nella mancata ripresa dei lavori da parte dell’appaltatrice l’inadempimento idoneo a giustificare la delibera di “rescissione” del Comune.

Il percorso argomentativo di cui alla sentenza impugnata non presenta, dunque, le contraddittorietà denunciate, ed è stato articolato sulla rilevanza di quei fatti in sequenza, ritenuti non idonei a giustificare: (i) la risoluzione chiesta dall’impresa, in base alle risultanze processuali, perchè la Corte territoriale non ha ravvisato una molteplicità di condotte scorrette del Comune, sì da integrare, complessivamente, grave inadempimento (ii) la “rescissione” disposta dal Comune, perchè la ripresa dei lavori non era esigibile.

6. Il terzo motivo è inammissibile.

6.1. La ricorrente principale, pur denunciando il vizio di violazione di legge, in realtà sollecita una rivalutazione di merito, in particolare sulla valutazione di gravità degli inadempimenti della committente, consistiti nel reiterato ritardo dei pagamenti e nella indisponibilità finanziaria addebitati al Comune.

In riferimento ai suddetti lamentati inadempimenti il Giudice d’appello ha ritenuto, con un percorso argomentativo adeguato, senza che sia ravvisabile l’anomalia motivazionale come delineata dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. SU 8053/2014), l’insussistenza della gravità degli stessi, sì da giustificare la risoluzione del contratto d’appalto per causa imputabile alla committente. Con riguardo alla mancata disponibilità finanziaria necessaria al completamento dei lavori, infatti, la Corte territoriale ha posto in evidenza che il corrispettivo dell’appalto derivava da un finanziamento regionale in forza di una Convenzione tra Comune e Regione Sicilia, con previsione dell’erogazione di somme a rate sulla base dello stato di avanzamento dei lavori. Ha, quindi, ritenuto che fossero stati il ritardo e la sospensione dei lavori da parte dell’impresa appaltatrice, che ben conosceva il suddetto meccanismo di erogazione dei corrispettivi, a determinare l’oggettiva impossibilità di richiedere la reiscrizione in bilancio regionale delle somme e la loro successiva erogazione, sicchè non poteva ritenersi imputabile al committente la suddetta indisponibilità finanziaria, mentre i ritardi dei pagamenti, sempre riconducibili a quel meccanismo, erano stati sempre tollerati dall’appaltatrice.

Ciò posto, la censura di cui trattasi si risolve in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (Cass., sez. un., n. 8053/2014).

7. Anche il motivo di ricorso incidentale è inammissibile.

7.1. Il Comune, nel denunciare il vizio di violazione di legge, sollecita in realtà una rivalutazione dei fatti, deducendo l’errata valutazione da parte della Corte territoriale della gravità dell’inadempimento dell’impresa consistito nel rifiuto di ripresa dei semplici lavori richiesti, da compiersi con riferimento alla prima perizia di variante. Invece la Corte d’appello, con accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, ha, motivatamente, affermato che non si potesse operare una netta censura tra lavori previsti con la seconda p.v.s. e lavori ad essa estranei e che la ripresa dei lavori non fosse esigibile. Valgono, pertanto, le medesime considerazioni espresse con riferimento al terzo motivo di ricorso principale.

8. In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato e il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile.

9. Considerata la reciproca soccombenza, le spese di lite del giudizio di cassazione possono essere compensate.

10. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, rispettivamente, per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa le spese di lite del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, rispettivamente, per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020

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