Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11642 del 11/05/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 11/05/2017, (ud. 30/03/2017, dep.11/05/2017),  n. 11642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28806-2012 proposto da:

O.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, V.

AURELIANA 63, presso lo studio dell’avvocato CRISTIANA MASSARO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO BRENCIAGLIA;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE TRENTO elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrenti –

nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE TRENTO UFFICIO CONTROLLI,

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE TRENTO UFFICIO

TERRITORIALE ROVERETO, AMMINISTRAZIONE DELLE FINANZE MINISTERO

ECONOMIA FINANZE (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 80/2011 della COMM. TRIBUTARIA 2^ GRADO di

TRENTO, depositata il 21/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30/03/2017 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS LUISA;

udito l’Avvocato;

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

p. 1. O.M. propone un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 80/01/11 del 21 novembre 2011 con la quale la commissione tributaria regionale di Trento, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione per imposta di registro ed ipotecaria notificatogli – in relazione all’acquisto 18 luglio 2005 di alcuni terreni agricoli in zona montana – in revoca delle agevolazioni D.P.R. n. 601 del 1973, ex art. 9.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che l’agevolazione richiesta non fosse riconoscibile, essendo risultato che l’ O. non rivestiva la qualità di coltivatore diretto (ma, al più, di imprenditore agricolo), perchè titolare, nel periodo di riferimento, di redditi dei gran lunga superiori (10 volte) a quelli derivanti dall’attività agricola da lui esercitata.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

Il ricorrente ha depositato memoria.

p. 2. Va preliminarmente rilevata l’inammissibilità del ricorso siccome proposto (anche) nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze; vale a dire, di un soggetto che non ha partecipato ai precedenti gradi di giudizio, e nei cui “rapporti giuridici”, “poteri” e “competenze” in materia sono succedute ex lege (D.Lgs. n. 300 del 1999, art. 57, comma 1, con decorrenza dal 1^ gennaio 2001 D.M. 28 dicembre 2000, ex art. 1) le agenzie fiscali. Enti dotati di autonoma e distinta soggettività impositiva, nonchè di legittimazione sostanziale e processuale (Cass. 1550/15; 8177/11 ed altre).

p. 3.1 Con l’unico articolato motivo di ricorso, il contribuente O. lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 9, e L. n. 590 del 1965, art. 31; nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla asserita assenza della qualità di coltivatore diretto. Contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, la prevalenza del reddito extra – agricolo non sarebbe ostativa alla qualità di coltivatore diretto e, quindi, al riconoscimento dell’agevolazione in questione. Rilevando unicamente, a tal fine, l’esercizio “diretto” ed “abituale” dell’agricoltura; intendendosi con quest’ultimo parametro l’esercizio non occasionale, stabile e continuativo dell’agricoltura, ancorchè non prevalente su altre attività lavorative. Nè la commissione tributaria regionale aveva preso compiutamente in esame la documentazione amministrativa attestante l’esercizio diretto, e con mezzi agricoli propri, dell’agricoltura.

p. 3.2 Il motivo è infondato.

In base al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 9, comma 2: “Nei territori montani di cui al precedente comma i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici, fatti a scopo di arrotondamento o di accorpamento di proprietà diretto-coltivatrici, singole o associate, sono soggetti alle imposte di registro e ipotecaria nella misura fissa e sono esenti dalle imposte catastali. Le stesse agevolazioni si applicano anche a favore delle cooperative agricole che conducono direttamente i terreni”.

I giudici di merito hanno escluso, nella specie, il requisito soggettivo di coltivatore diretto in capo all’ O. (anche a volerne ammettere l’esercizio personale dell’agricoltura), in ragione del fatto che egli esercitava attività extra agricole (gestione di società; assessore comunale) dalle quali aveva tratto – non solo nell’anno dell’acquisto dei terreni, ma anche in quelli successivi – redditi di oltre dieci volte superiori a quelli dì provenienza agricola.

E’ fondamentale osservare che questo dato di fatto, nella ricostruzione operata dal giudice di merito, è stato ritenuto ostativo non in sè, ma in quanto indirettamente probante della mancanza del requisito legale di abitualità di cui alla L. n. 590 del 1965, art. 31; norma che, pertanto, non risulta violata.

Sotto questo profilo, la censura non si mostra nemmeno pertinente al decisum, in quanto tutta incentrata (in ricorso, come in memoria) sull’asseritamente errata applicazione, da parte del giudice di merito, del criterio di prevalenza; là dove la decisione si è basata non su questo criterio, quanto su quello di abitualità.

Il convincimento del giudice di appello (così come di quello di primo grado) è stato, in altri termini, nel senso di escludere, nella concretezza della fattispecie, il raggiungimento, ad onere del contribuente che invocava l’agevolazione, della prova del diretto ed abituale (ancorchè non prevalente) esercizio della coltivazione; in quanto reputato precluso – nella considerazione della natura e delle dimensioni economico – reddituali delle attività altre – dal tempo di dedizione ed assorbimento da queste ultime ragionevolmente imposto.

Prova che, del resto, doveva attingere alla realtà fattuale e contingente dell’attività di coltivazione, non potendo trovare decisiva conferma in risultanze di natura meramente certificativa e cartolare (quali l’iscrizione all’albo degli “imprenditori agricoli”); come quelle di cui l’ O. lamenta la mancata considerazione.

Va dunque qui effettivamente riaffermato il principio per cui “in tema d’imposta di registro, ai fini dell’applicazione delle agevolazioni tributarie per i territori montani previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 9, l’acquirente deve rivestire la qualità di coltivatore diretto, senza che sia necessaria l’esclusività o la prevalenza di tale attività rispetto alle altre eventualmente esercitate, che, quindi, restano irrilevantì (Cass. nn. 22001/14 e 1948/13).

Fatta però sempre salva l’eventualità – qui positivamente ravvisata dai giudici di merito – che dalle risultanze di causa “si ricavi, sotto il profilo probatorio, l’impossibilità della coltivazione del fondo” (Cass. 22001/14 cit.).

Il decisum censurato non si discosta, nell’applicazione normativa, da tali principi; nè esso risulta inficiato da carenza motivazionale, avendo il giudice di merito dato sufficiente conto del proprio convincimento, non rivedibile nella presente sede di legittimità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze;

rigetta il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate;

condanna parte ricorrente al pagamento a favore di quest’ultima delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito;

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, della quinta sezione civile, il 30 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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