Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11639 del 16/06/2020

Cassazione civile sez. I, 16/06/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 16/06/2020), n.11639

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11820/2015 proposto da:

Consorzio Irriguo di Miglioramento Fondiario Vallo Della Lucania, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Viale Bruno Buozzi 99, presso lo studio

dell’avvocato Poli Roberto, che lo rappresenta e difende, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) Srl;

– intimato –

avverso la sentenza n. 167/2014 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 12/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/11/2019 dal Cons. Dott. PARISE CLOTILDE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 870/2011 il Tribunale di Vallo della Lucania accoglieva parzialmente la domanda proposta dal curatore fallimentare della (OMISSIS) S.r.l. nei confronti del Consorzio Irriguo e di Miglioramento Fondiario di Vallo della Lucania e condannava il Consorzio al pagamento della somma di Euro 4.250,12, oltre interessi legali dal 19.2.2001, a titolo di interessi di mora per il ritardato pagamento dell’ottavo e del nono SAL delle opere di cui ai contratto di appalto del 23.4.1985, stipulato tra detto Consorzio e l’ATI F., composta dalla capogruppo F. s.p.a. e dalla mandante A.G. s.a.s., trasformata in (OMISSIS) s.r.l. e successivamente dichiarata fallita dal Tribunale di Nocera Inferiore con sentenza n. 68/1997. Il Tribunale di Vallo della Lucania, pronunciando sulla domanda proposta in riassunzione dalla curatela del Fallimento (OMISSIS) all’esito della sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore con cui era stata dichiarata la nullità del decreto ingiuntivo emesso dal medesimo Tribunale per incompetenza territoriale ed avente ad oggetto la condanna del Consorzio al pagamento in favore del Fallimento della somma di Euro 42.826,27, pari al 97% degli interessi da ritardato pagamento dell’ottavo e non SAL dell’appalto, riconosceva la debenza del minor importo di Euro4.250,12, ritenendo prescritti gli ulteriori crediti vantati dalla Curatela. Il Tribunale, inoltre, dichiarava inammissibili, perchè nuove, le domande di pagamento della rivalutazione o del maggior danno da svalutazione monetaria, di risarcimento del danno e di ingiustificato arricchimento proposte dalla curatela attrice per la prima volta nella comparsa di riassunzione, ponendo le spese processuali a carico del Consorzio nella misura di un quarto e compensandole per il resto.

2. Con sentenza n. 167/2014 depositata in data 12 marzo 2014 la Corte d’appello di Salerno ha accolto per quanto di ragione l’appello proposto dal Fallimento della (OMISSIS) s.r.l. avverso la citata sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania. La Corte territoriale, per quanto ancora di interesse, ha disatteso l’eccezione di nullità del contratto di appalto sollevata dal Consorzio, alla stregua delle pattuizioni di cui alla “Convenzione” intercorsa tra la F. S.p.A. e la A.G. s.a.s., trasformata di seguito in (OMISSIS) S.r.l., sia pure coordinate con le previsioni della procura conferita da F.B. a G.S. con atto per notaio P. del 22-11-1984. La Corte d’appello ha ritenuto infondata la tesi del Consorzio secondo la quale con la citata “Convenzione” la F. s.p.a. era stata estromessa dall’esecuzione dell’appalto. In particolare, la Corte territoriale ha affermato che: a) dall’analisi della convenzione emergeva, pur nella preponderanza dell’attività svolta dalla G.A. e Figli s.a.s., l’attribuzione alla F. S.p.a. di funzioni di coordinamento generale dell’attività inerente l’appalto, di supervisione nella conduzione dei lavori, di studio delle perizie di variante e successive, di predisposizione degli atti di sottomissione ed, in generale, dell’attività attinente all’amministrazione dell’appalto; b) dette ultime attività non coincidevano con quelle oggetto del mandato conferito a G.S. da F.B. con l’atto per notaio P.; c) si trattava di attività che, pur non riguardando direttamente la materiale esecuzione dei lavori appaltati, erano ad essa inscindibilmente connesse e con essa concorrevano al risultato finale perseguito dai contaenti, presupponendo l’effetiivo impegno dell’organizzazione tecnica e della disponibilità finanziaria della capogruppo, funzionale all’esigenza, propria dell’associazione temporanea, di assicurare attraverso il concorso degli apporti di tutte le imprese il buon andamento e il risultato finale dei lavori appaltati, altrimenti compromessi dall’inadeguatezza dei mezzi tecnici e finanziari in possesso delle imprese singole. La Corte d’appello ha quindi ritenuto che mediante la “Convenzione” non fosse stata violata alcuna disposizione della L. n. 584 del 1977, applicabile ratione temporis all’appalto, e che non fossero state violate le previsioni del contratto stipulato con l’amministrazione, atteso che nè l’una nè l’altro prevedevano una particolare ripartizione dell’attività o del corrispettivo tra le imprese associate. Neppure, infine, gli accordi interni potevano ritenersi illegittimi per la mancata ripartizione dell’attività delle singole imprese in ugual misura, dovendo solo essere garantita la migliore realizzazione dell’opera pubblica dalle imprese riunite, le quali, diverse per capacità tecnica e finanziaria, avessero concorso ciascuna nei limiti della propria capacità e organizzazione. Infine la Corte territoriale ha riformato la sentenza di primo grado anche con riguardo al termine di prescrizione del credito azionato, affermandone la durata decennale e la decorrenza dal 7-2-1997.

3. Avverso questa sentenza il Consorzio Irriguo e di Miglioramento Fondiario di Vallo della Lucania propone ricorso, affidato a un solo motivo, nei confronti del Fallimento della (OMISSIS) s.r.l., che è rimasto intimato. Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico articolato motivo il Consorzio ricorrente lamenta “Violazione e/o falsa applicazione della L. 8 agosto 1977, n. 584, artt. 20, 1, 2 e 23 (applicabili ratione temporis alla vicenda ci occupa), L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 339, all.F e degli artt. 1344 e 1418 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”. Ad avviso del ricorrente la Corte territoriale, pur avendo correttamente richiamato i principi affermati da questa Corte con le sentenze n. 1650/1996 e n. 7287/1997, aveva erroneamente escluso l’inerenza di detti principi al caso in esame. Deduce che la “Convenzione” mediante cui erano disciplinati i rapporti interni tra le due Imprese non era stata allegata al contratto di appalto e che da detta “Convenzione”, da esaminarsi congiuntamente alla procura conferita da F.B. a G.S., risultava una partecipazione solo fittizia dell’impresa originariamente aggiudicataria dell’appalto all’esecuzione dei lavori.

Nel caso di specie, poichè nè il contratto di appalto, nè l’atto di costituzione dell’ATI individuavano la quota di esecuzione dei lavori dell’appalto in capo alle singole imprese, le imprese riunite avevano il diritto e l’obbligo di eseguire l’appalto in quote uguali, come statuito da questa Corte, in fattispecie identica a quella scrutinata, con la sentenza n. 1650/1996.

Sotto altro profilo, la “Convenzione” era in ogni caso illegittima in quanto l’integrale esecuzione dei lavori dell’appalto veniva affidata alla sola Impresa (OMISSIS), sia perchè le attività di supervisione erano state solo genericamente riservate alla società F., sia perchè anche le residue attività amministrative e di gestione dell’appalto erano state demandate al sig. G.S. con Mandato speciale con facoltà generali del 21-11-1984. Denuncia quindi la violazione della L. n. 584 del 1977, artt. 20, 21, 2 e 23, atteso che la citata “Convenzione era da ritenersi atto in frode alla legge ex art. 1344 c.c., ed erano altresì nulli per difetto di causa sia il negozio costitutivo dell’A.T.I. sia il contratto di appalto.

Sotto un terzo ed ulteriore profilo evidenzia il Consorzio che mediante il complessivo schema negoziale adottato tra le parti tramite la costituzione dell’A.T.I., il Mandato speciale con facoltà generali del 21-11-1984 e la “Convenzione”, le parti avevano preordinato l’elusione del divieto di cessione del contratto di appalto dell’opera pubblica, che si configura come atto dissimulato, e il 3% attribuito alla F. s.p.a., in assenza di reali attività di esecuzione dell’appalto, era in realtà il corrispettivo della sostanziale cessione del contratto di appalto.

2. Il motivo è fondato e merita accoglimento nei termini di seguito precisati.

2.1. Occorre sinteticamente riepilogare le vicende oggetto di causa, come ricostruite nella sentenza impugnata. Il Fallimento (OMISSIS) ha azionato il credito dell’importo di Euro 42.826,27, corrispondente al 97% di quanto dovuto dal committente Consorzio per interessi da ritardato pagamento, D.P.R. n. 1063 del 1962, ex art. 33 e segg., in riferimento all’ottavo e nono SAL di cui al contratto di appalto stipulato con atto pubblico per notaio Fe. in data 23.4.1985, avente ad oggetto lavori di riordino idraulico e rete scolante del comprensorio consortile, come da progetto approvato dal Consorzio Irriguo e di Miglioramento Fondiario di Vallo della Lucania. Per l’affidamento dei lavori fu esperita licitazione privata, all’esito della quale l’appalto fu aggiudicato alla F. S.p.A. con sede in (OMISSIS) e venne autorizzata, per l’esecuzione dei lavori, la riunione temporanea delle imprese F. S.p.A. e G.A. e Figli s.a.s., con sede in (OMISSIS), con mandato di rappresentanza all’impresa F. S.p.A., qualificata capogruppo. Con atto per notaio P. del 21.11.1984 venne costituita l’associazione temporanea delle due imprese, capogruppo la F. S.p.A., e con successivo atto per notaio P., sempre del 21.11.1984, G.S. fu nominato procuratore generale di F.B., presidente dell’impresa capogruppo, e gli fu conferita la rappresentanza delle imprese riunite per la conduzione tecnico-amministrativa dei lavori appaltati. Sia l’atto costitutivo dell’ATI, sia la procura conferita da F.B. a G.S. per la rappresentanza delle imprese riunite nella conduzione tecnico-amministrativa dei lavori appaltati vennero allegati al contratto d’appalto e, dunque, erano noti all’amministrazione appaltante. Con separata convenzione sottoscritta nello stesso giorno 21.11.1984 le società costituenti l’ATI regolarono i reciproci rapporti e le rispettive attività in ordine all’esecuzione dell’appalto, stabilendo che alla F. S.p.A. fosse attribuito “il coordinamento generale dell’attività delle Imprese Associate; la supervisione nella conduzione dei lavori, nella progettazione esecutiva, nello studio delle eventuali perizie di variante e successive; la predisposizione di atti di sottomissione e quanto altro si attiene all’amministrazione dell’appalto in genera/e” ed alla G.A. e Figli s.a.s. fossero attribuite “la direzione tecnica dei lavori, le eventuali procedure espropriative, le redazioni delle contabilità tecniche ed amministrative dei lavori, l’esecuzione dei lavori ed in genere tutto quanto altro attiene all’esecuzione dei lavori stessi”. Nella medesima Convenzione le imprese concordarono di ripartire i corrispettivi dell’appalto, sulla base delle attività da ciascuna svolte, nella misura del 3% in favore della F. S.p.A. e dei 97% in favore della G.A. e Figli s.a.s.. Venne, altresì, presisata la piena ed esclusiva responsabilità di ciascuna impresa per l’attività da essa svolta e per ogni atto e contratto posto in essere con terzi, e che gli atti di gestione dell’appalto sarebbero stati compiuti dalla capogruppo, previo accordo con l’impresa mandante.

In forza delle pattuizioni di detta convenzione, stipulata, si ripete, tra le due società costituenti l’ATI e non allegata al contratto di appalto, il Fallimento dell’impresa (OMISSIS) ha chiesto il pagamento degli interessi moratori dovuti dal Consorzio, quantificati in base alla quota del 97% del credito totale spettante per tale titolo, come da ripartizione dei corrispettivi correlata all’attività di esecuzione concordata con la F. S.p.A. e di seguito svolta.

2.2. Tanto premesso, secondo l’orientamento espresso dalla giurisprudenza di questa Corte, a cui il Collegio intende dare continuità, in caso di aggiudicazione di un appalto di opera pubblica, ai sensi della L. 8 agosto 1977, n. 584, artt. 20 e segg., ad una riunione di imprese cosiddette orizzontale, ossia senza parti dell’opera assegnate a determinate imprese riunite, poichè tutte le imprese riunite, in difetto di specifiche indicazioni nell’offerta e nel contratto, hanno il diritto e l’obbligo di eseguire l’appalto per quote uguali, non sono validi accordi tra le imprese riunite di ripartizione interna diversa da quella riscontrabile nell’offerta e nel contratto (Cass. n. 1650/1996, richiamata nella sentenza impugnata e anche da parte ricorrente, in fattispecie analoga alla presente; Cass. n. 837/2012; Cass. n. 10407/2015 e da ultimo Cass. n. 28978/2019, in ipotesi di patto parasociale tra imprese riunite disciplinata dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 37).

Questa Corte ha, infatti, chiarito che la L. n. 584 del 1977, applicabile nella specie ratione temporis ed emanata in attuazione della direttiva 305/71, ha previsto l’attribuzione all’amministrazione appaltante di penetranti poteri di verifica sulla capacità tecnica delle imprese, in funzione della migliore realizzazione dell’opera pubblica da parte di quei soggetti che vengano ritenuti, anche in concreto, idonei allo scopo. Il perseguimento degli interessi pubblici attraverso il ricorso alle prestazioni dei privati appaltatori non può ritenersi assicurato soltanto mediante la predisposizione di un regime legale di responsabilità solidale delle singole imprese partecipanti. Il fenomeno che la direttiva comunitaria e la legge italiana attuativa intendono contrastare è proprio “il monopolio di fatto delle grandi imprese, le quali, senza fornire un diretto contributo di capacità e di esperienza alla realizzazione delle opere, potrebbero conseguire un lucro limitandosi a fornire il proprio nome, al solo scopo di consentire ad imprese minori di accedere ad appalti di grandi opere” (Cass. n. 1650/1996 citata).

In tale ottica, dunque, la previsione di incisivi poteri della p.a. sul riscontro dell’effettiva capacità delle singole imprese (cfr. a titolo esemplificativo L. n. 584 del 1977, art. 24) comporta, giuridicamente ma, ancor prima, logicamente, che detti poteri siano attribuiti alla P.A. non soltanto ai fini dell’ammissione al procedimento di aggiudicazione, ma anche con riferimento alle modalità con cui le singole imprese partecipano all’appalto.

Diversamente opinando, si consentirebbe, in palese violazione delle menzionate finalità della disciplina comunitaria e nazionale, mediante l’indicazione solo formale e sostanzialmente fittizia di una o più imprese “compiacenti”, anche a piccole imprese di partecipare ad appalti di rilevante entità e di assumersene l’esecuzione anche totale, al di fuori di qualsiasi verifica, da parte dell’amministrazione appaltante, sul concreto apporto di ciascuna delle imprese riunite.

Ne consegue che l’assunzione dell’obbligo di effettiva partecipazione di ciascuna delle imprese riunite, nei termini stabiliti dall’offerta e dell’aggiudicazione, nei confronti della p.a. costituisce un elemento integrante della causa dei contratti di mandato e di appalto. L’impegno come sopra assunto da ciascuna impresa nei confronti della p.a., poichè finalizzato al perseguimento di un pubblico interesse, non è derogabile attraverso una pattuizione interna alle imprese, giungente fino alla totale, o quasi totale come nel caso di specie, estromissione di una di esse dall’esecuzione dell’appalto, poichè solo l’originario accordo portato a conoscenza della p.a. con la presentazione dell’offerta costituisce il titolo del diritto fatto valere.

2.3. Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale non si è attenuta ai suesposti principi, avendo ritenuto valido l’accordo tra le imprese riunite circa la ripartizione interna degli apporti esecutivi e dei corrispettivi, nonostante i termini della pattuizione interna non fossero stati riprodotti nel mandato conferito dalla capo-gruppo, nell’offerta e nel contratto di appalto e nonostante, quindi, non fosse stato assunto un impegno di ciascuna impresa nei confronti della p.a. con quella suddivisione di quote di partecipazione all’appalto e di correlata esecuzione (97% alla (OMISSIS) e 3% all’aggiudicataria F.).

Nell’originario accordo portato a conoscenza del Consorzio ricorrente, infatti, era prevista la riunione di imprese cosiddetta orizzontale, ossia senza parti dell’opera assegnate a determinate imprese riunite, avendo così le due imprese riunite, in difetto di specifiche indicazioni nell’offerta e nel contratto, il diritto e l’obbligo di eseguire l’appalto per quote uguali.

Si è detto che il fatto costitutivo del diritto di ciascuna impresa all’esecuzione risiede nella sequela di atti che vanno dall’offerta congiunta, all’aggiudicazione e al successivo contratto con l’amministrazione appaltante, atti che, per quanto attiene ai rapporti interni tra le imprese, devono ricollegarsi all’accordo di riunione e al mandato.

Nel caso di specie la pattuizione sui rapporti interni tra le due imprese, nella parte in cui introduce un regime convenzionale difforme dalla parità di quote, non trova riscontro nella sequela di atti indicati, con tutto ciò che ne consegue in ordine alla validità della pattuizione stessa, risultando ineludibile l’interesse pubblico a conoscere la ripartizione della partecipazione all’appalto delle imprese riunite, con le finalità, già rimarcate, sia di consentire alla p.a. la verifica dell’adeguatezza in concreto delle imprese dell’A.T.I. rispetto alla capogruppo, sia di evitare frodi alla legge.

Il ricorso deve essere, pertanto, accolto nel senso precisato e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Salerno, la quale deciderà anche in relazione alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Salerno, anche in relazione alla decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020

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