Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11637 del 16/06/2020

Cassazione civile sez. I, 16/06/2020, (ud. 18/10/2019, dep. 16/06/2020), n.11637

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26020/2018 proposto da:

P.R., elettivamente domiciliata in Roma, piazza Giuseppe

Mazzini, n. 27, presso lo studio dell’avvocato Mafrici Consolato che

la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.C., nella qualità di tutore delegato dal Sindaco di

Roma Capitale della minore N.C.M., elettivamente

domiciliata in Roma, via Giuseppe Pisanelli, n. 2, presso lo Studio

Legale Delcogliano, rappresentata e difese dall’avvocato Delcogliano

Erminia, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

A.D., F.V., Fr.Ma.Cr. quale

curatore speciale di N.C.M., L.C.P.,

N.M., N.P., Procuratore Della Repubblica Presso Tribunale

Per i Minorenni Di Roma, Procuratore Generale Presso Corte Appello

Roma, Sindaco Roma Capitale;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4612/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, del

05/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/10/2019 dal Cons. Dott. DE MARZO GIUSEPPE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza depositata il 25 settembre 2017 il Tribunale per i minorenni di Roma ha dichiarato lo stato di adottabilità della minore N.C.M., ha confermato il tutore nominato in via provvisoria, ossia il sindaco del Comune di Roma e, infine, ha vietato i contatti tra la minore, da un lato, e i genitori e parenti, dall’altro.

Il Tribunale ha posto a base della sua decisione gli accertamenti compiuti dal Centro Fregosi, in sede di verifica della responsabilità genitoriale, e le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio disposta, rilevando: a) che tutti gli aiuti attuati per potenziare le capacità dei genitori ( F.V. e N.P.) erano falliti, dimostrando, per un verso, l’incapacità di entrambi di sintonizzarsi sui bisogni della figlia e, per altro verso, la prognosi sfavorevole, quanto alle possibilità di recupero con riferimento ai tempi di crescita della bambina, che aveva già vissuto un lungo periodo di precarietà relazionale con la madre durante la permanenza in casa – famiglia; b) che la nonna materna, P.R., oltre ad essere stata ella stessa protagonista di una storia di deprivazione familiare nei confronti della figlia V., aveva, in sede di consulenza tecnica, palesato una totale sfiducia verso le istituzioni e una dinamica disfunzionale nei confronti della stessa V.; c) che la P., peraltro, era impegnata in pesanti oneri di accudimento del proprio nucleo familiare, composto da altri tre figli, uno dei quali con difficoltà neurocognitive derivanti da un grave incidente domestico, ed aveva manifestato intolleranza nei confronti del padre della minore.

2. La Corte d’appello di Roma, sezione per i minorenni, con sentenza del 5 luglio 2018, ha rigettato le impugnazioni proposte dai genitori della minore e dalla nonna materna, dichiarando l’inammissibilità degli interventi proposti dal convivente della P., A.D., e dai nonni paterni, N.M. e L.C.P..

Per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha osservato: a) che le vicissitudini, familiari e giudiziarie, che avevano coinvolto la minore sin dalla nascita dovevano ritenersi incontestate, in quanto non erano state negate dagli appellanti, i quali avevano piuttosto dedotto l’esistenza di recenti evoluzioni positive delle condotte e delle relazioni familiari; b) che anche la relazione più recente del servizio sociale, datata 15 gennaio 2018, primo ed unico documento nel quale si registravano conclusioni diverse dal passato, aveva prospettato la fattibilità di un affidamento temporaneo alla nonna materna, in attesa della maturazione, da parte della coppia genitoriale, di una adeguata capacità, confermando, però, “quanto già espresso nelle relazioni, nei decreti e nelle valutazioni delle competenze genitoriali, che ha portato alla sentenza definitiva nell’interesse esclusivo di C.M.”; c) che la minore, nata da genitori diciassettenni, entrambi provenienti da nuclei familiari affettivamente deprivanti, aveva vissuto con i genitori dalla nascita sino al febbraio 2016, allorchè era stata collocata in casa – famiglia insieme alla madre; d) che in tale periodo di oltre un anno il servizio sociale, immediatamente intervenuto, aveva posto in essere i vari interventi di supporto alla genitorialità, ai singoli genitori e alla gestione delle minore, che avevano tutti avuto esito negativo per il disimpegno e disinteresse e l’incapacità dei giovani genitori a mutare condotta di vita; e) che C., inserita all’asilo nido, non vi era stata mai condotta lì dalla madre; f) che alla verifica domiciliare, pur concordata, l’abitazione della coppia era risultata sporca e disordinata, senza pavimentazione nè acqua calda, inadeguata alle più elementari esigenze di cura della minore; g) che la nonna materna e i nonni paterni non avevano costituito risorse di sostegno alla coppia nella gestione della minore nè ai fini della responsabilizzazione dei genitori;

h) che tali soggetti avevano espresso da subito la propria indisponibilità ad occuparsi della nipote, per i gravosi impegni interni ai rispettivi nuclei familiari, per la conflittualità delle relazioni e per le intolleranze tra i nuclei stessi; i) che il contesto familiare della nonna materna era lungo stato seguito dal servizio sociale, avendo ella stessa, a suo tempo, attuato con il padre di V. una relazione analoga a quella della figlia con il N.; l) che dal febbraio 2016 sino al settembre 2016 la minore era vissuta con la madre in casa – famiglia: in tale periodo la madre si era dimostrata indolente e insofferente nei confronti della figlia, vissuta come disturbante e spesso trattata male con insulti e bestemmie, allorquando richiedeva le sue attenzioni; m) che dall’ottobre 2016 la minore era vissuta in casa – famiglia senza la madre: all’atto dell’inserimento della nuova struttura non aveva mostrato difficoltà nella separazione dalle figure che le erano familiari, manifestando autonomia e socievolezza indiscriminata; n) che conclusioni coerenti erano emerse dalla relazione della consulenza tecnica d’ufficio; o) che, in definitiva, la madre della minore era carente nella funzione protettiva, riflessiva e regolativa; non aveva protetto la figlia dalle proprie fragilità e non le aveva consentito un attaccamento primario; p) che il padre aveva un quadro di personalità compromesso con un profilo dipendente e di disturbo della condotta in senso deviante associato a tratti paranoidei e narcisistici; q) che la nonna paterna non presentava componenti psico – patologiche ma una disfunzionalità nel rapporto con la figlia V.; r) che per entrambi genitori l’area della genitorialità doveva ritenersi gravemente compromessa dai tratti di personalità sopraindicati, con prognosi sfavorevole in ragione della trasmissione intergenerazionale di modelli affettivi, relazionali e accuditivi disfunzionali e dell’assenza di consapevolezza della necessità di trattamenti qualificati psicologici e psichiatrici finalizzati a consentire un’attenuazione delle problematiche; s) che le conclusioni espresse nella relazione del 15 gennaio 2018 erano caratterizzate da contraddittorietà che inducevano a dubitare della loro adeguatezza logica giacchè il N., a distanza di pochi mesi, sarebbe divenuto maggiormente responsabile, pur ritenendosi ancora non dipendente dagli stupefacenti, mentre la F. avrebbe improvvisamente riconosciuto che la propria madre era idonea ad occuparsi della minore, assumendo su di sè ogni responsabilità della pregressa conflittualità con la P.; t) che quest’ultima, nella relazione di aggiornamento, già ritenuta a ragione causa delle gravi fragilità della figlia V., era divenuta idonea per un affidamento della nipote, non in virtù di una elaborazione della pregressa dinamica di mancato attaccamento materno, ma per riconoscimento da parte della figlia V.; u) che pertanto emergeva che nulla era in realtà mutato ai fini della valutazione di adeguatezza dei genitori e della nonna materna, che persisteva nell’attualità; v) che, in definitiva, ciò che il servizio sociale aveva infine prospettato, ossia l’affidamento temporaneo alla nonna materna in vista di un percorso di maggiore consapevolezza di responsabilità da parte dei genitori, oltre che non giustificato da significativi mutamenti delle gravi criticità di struttura psicologica e personale ben evidenziate nella lunga osservazione dei primi tre anni di vita della minore e negli approfondimenti tecnici, era proprio quello che quest’ultima non poteva permettersi a pena di irreversibilità del danno a lei procurato dal contesto familiare.

3. Avverso tale sentenza la P. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi ai quali ha resistito con controricorso B.C., quale delegata dal tutore. E’ stata depositata memoria nell’interesse della ricorrente, ai sensi dell’art. 380-bis.1, c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, artt. 1, 8 e 15, nonchè degli artt. 29,30 e 31 Cost., rilevando che, in contrasto con i principi desumibili da tali previsioni, la Corte territoriale aveva confermato la dichiarazione di adottabilità nonostante l’insussistenza di uno stato di abbandono della minore.

Si osserva che la Corte d’appello non aveva affermato che lo stato della minore fosse irreversibile o che fosse emersa la prova dell’irrecuperabilità delle capacità dei genitori, nè aveva indicato alcun riferimento alla inadeguatezza della nonna materna, che non risultava nè dalla consulenza tecnica disposta, nè dall’aggiornamento della relazione degli assistenti sociali.

Il motivo è infondato.

Il prioritario diritto dei minori a crescere nell’ambito della loro famiglia di origine non esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l’impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, permanga tuttavia la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli e non risulti possibile prevedere con certezza l’adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatibili con l’esigenza dei minori di poter conseguire una equilibrata crescita psico-fisica (v., ad es., Cass. 21 giugno 2018, n. 16357; Cass. 28 giugno 2019, n. 17603).

All’interno di tale cornice normativa si colloca il giudizio di bilanciamento operato dalla Corte di merito tra l’interesse della minore a non essere sottoposta ad ulteriori eventi traumatici e a creare un attaccamento primario, crescendo all’interno di una famiglia, e l’esigenza di assicurare, per quanto possibile, la conservazione dei legami parentali biologici.

Nella sintesi riportata supra nel Ritenuto in fatto si dà ampio conto della articolata valutazione operata dalla Corte territoriale, che sorregge la conclusione dell’assenza di un’evoluzione significativa dei genitori e dell’inadeguatezza dell’affidamento alla nonna materna.

Sebbene prospettata in termini di violazione o falsa applicazione di legge, la doglianza, peraltro in termini generici, aspira ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie, inammissibile in sede di legittimità.

2. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte d’appello omesso di esaminare o solo apparentemente esaminato i motivi di appello della ricorrente.

Osserva quest’ultima: a) che, a differenza di quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, ella aveva contestato la superficialità dell’accertamento e l’omessa valutazione di fatti da parte del Tribunale per i minorenni; b) che, ad es., era stato sottolineato che la minore aveva trascorso il primo anno di vita con il padre e la madre e non all’interno di una casa famiglia – dove sarebbe stata successivamente collocata proprio con la madre – e aveva fruito della presenza continua della P., che aveva provveduto a molte delle sue necessità; c) che l’omessa considerazione di tale rilievo incideva inevitabilmente sulla sussistenza dello stato di abbandono.

La doglianza è inammissibile, giacchè è inesatto che la Corte territoriale non abbia esaminato le ricordate censure, dando conto, per quanto rilevato supra nel Ritenuto in fatto, di un primo periodo vissuto dalla minore in casa – famiglia con la madre, ma anche dei limiti di siffatta relazione – per l’indolenza e l’insofferenza di quest’ultima -, come pure della relazione con la nonna materna, che si era mostrata non collaborante, nè recettiva con il progetto educativo e di autonomia della figlia e della nipote.

La valutazione espressa dalla Corte distrettuale, come detto, è molto più articolata nel segnalare i numerosi indici di carenza nelle relazioni in atto e nelle reazioni ai plurimi interventi finalizzati – purtroppo inutilmente – ad assicurare la permanenza della minore all’interno della famiglia biologica.

I profili evidenziati dalla ricorrente, ancora una volta, sebbene prospettati nel quadro dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si risolvono in una critica dell’impianto motivazionale priva, peraltro, di qualunque specificità, in quanto non si confrontano con la complessità dell’apparato argomentativo.

3. Con il terzo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che la relazione di aggiornamento depositata il 15 gennaio 2018, alla stregua della quale il Procuratore generale aveva concluso per l’accoglimento dell’impugnazione della P., rappresentasse il primo documento nel quale il servizio sociale aveva concluso diversamente dal passato.

Al contrario, si osserva: a) che la relazione in esame costituiva il seguito di quanto dichiarato, nel corso dell’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio, dalla Dott. S., la quale aveva seguito, su espressa richiesta della P., la F. e la piccola C., da quando quest’ultima aveva due mesi di vita; b) che sempre dalla relazione di consulenza tecnica emergeva che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, la minore non era stata inserita all’asilo, non per una contraria volontà della madre, ma per problemi di salute (bronchite e tosse) che avevano indotto la P. a far seguire la bambina sia da un pediatra privata che dal servizio pubblico; c) che sempre la Dott. S. aveva descritto la P. come presente e affettuosa e aveva concluso che la F. sarebbe stata in grado di superare la situazione di disagio con la madre, come già era avvenuto in precedenza, e aveva auspicato “una nuova possibilità per V.”. 4. Con il secondo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per il carattere meramente apparente della motivazione della decisione impugnata che aveva richiamato l’apparato argomentativo del giudice di primo grado, senza confrontarsi con le critiche sviluppate con l’atto di appello e senza considerare, nel quadro di una valutazione attuale dell’adeguatezza della nonna materna, le risultanze della citata relazione di aggiornamento del 15 gennaio 2018, dalle quali emergeva il superamento della criticità relazionali esistenti tra la F., da un lato, e la madre e il suo convivente, dall’altro.

5. Con il quinto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 17, per avere la Corte territoriale valutato superficialmente le conclusioni della Dott. S., senza procedere alla sua audizione e senza svolgere gli accertamenti necessari ai sensi dell’art. 17 appena cit..

6. Con il sesto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., nonchè della L. n. 184 del 1983, artt. 1,8,15, per la non prudente valutazione del contenuto della citata relazione di aggiornamento del 15 gennaio 2018, che, all’esito dell’esame obiettivo della situazione, aveva sottolineato il percorso di maturazione intrapreso e continuato dalla F. e la disponibilità costante della P..

7. I motivi dal terzo al sesto possono essere esaminati congiuntamente, attesa la loro stretta connessione.

Essi sono infondati.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (v., ad es., Cass. 17 gennaio 2019, n. 1229).

Ciò posto, la critica espressa dalla ricorrente all’apprezzamento della Corte territoriale, con riguardo all’ultima relazione del 15 gennaio 2018, si traduce nella valorizzazione di alcuni limitati profili emersi nel corso delle indagini precedenti, senza alcuna ponderazione con gli altri, penetranti elementi negativi – non oggetto di rilievo alcuno da parte della ricorrente – che avevano indotto i giudici di merito a ritenere inadeguato l’apporto che la nonna materna avrebbe potuto fornire in vista del recupero, in tempi compatibili con le esigenze della minore, di una relazione soddisfacente con i genitori.

L’ampio apparato argomentativo della sentenza impugnata e l’attenta analisi delle censure che intendevano sottolineare la possibilità di garantire il diritto del minore a crescere all’interno della famiglia d’origine valgono ad escludere in radice il carattere meramente apparente della motivazione e la necessità di ulteriori accertamenti, reputati, alla luce del quadro emerso, del tutto inutili e tali soltanto da procrastinare inutilmente il momento di consolidamento di un quadro di affetto stabile per la minore.

8. Il ricorso va, in conclusione, rigettato.

Tenuto conto della natura della controversia e degli interessi in gioco ritiene il Collegio che sussistano i presupposti per disporre la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi riportati nella sentenza.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020

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