Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11632 del 16/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 16/06/2020, (ud. 19/02/2020, dep. 16/06/2020), n.11632

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32618-2018 proposto da:

D.L., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

CARLO NAZZARENO SURACE;

– ricorrente –

contro

Z.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1679/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 03/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PARISE

CLOTILDE.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente D.L. impugna, con un solo motivo, la sentenza n. 1679/2018, depositata il 3-4-2018, della Corte d’Appello di Milano che ha rigettato l’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza del Tribunale di Monza con cui era stata respinta la sua domanda di riconoscimento di assegno divorzile. La Corte territoriale ha ritenuto che la D. non avesse fornito la prova di mutamenti rilevanti nella propria situazione personale rispetto all’epoca della separazione, essendo, in allora, già invalida e in ogni caso in grado di lavorare, come effettivamente aveva fatto fino al 2013, ed avendo la stessa rinunciato, in sede di separazione, alla propria quota della casa coniugale, nulla chiedendo per sè a titolo di mantenimento. La Corte d’appello ha rimarcato, altresì, che la D. aveva avuto una stabile convivenza con un altro uomo, come emerso nel corso del giudizio di primo grado, ed aveva tenuto un comportamento processuale reticente e poco trasparente, senza peraltro nulla provare in ordine alle mutate sue condizioni personali e di vita rispetto a quelle esistenti al momento della separazione consensuale. Z.G. è rimasto intimato.

2. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e della L. n. 898 del 1970, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3. Afferma che l’onere della prova circa l’esistenza di una stabile convivenza, quale fatto estintivo del diritto al mantenimento, grava necessariamente sul coniuge che domanda la revoca dell’assegno di mantenimento stesso e che, nella specie, detta prova non è stata fornita dallo Z.. Deduce, richiamando circostanze di fatto che neppure assume di aver allegato nei giudizi di merito, che la breve convivenza intrattenuta con un nuovo compagno non era fatto idoneo a giustificare la revoca dell’assegno divorzile, considerati, altresì, il suo attuale stato di disoccupazione e l’esigua entità della pensione di invalidità percepita.

3. Il motivo è manifestamente infondato.

Premesso che la ricorrente mai è stata titolare di assegno di mantenimento e che, quindi, non si discute affatto della revoca di detto assegno, era onere della richiedente, e non dell’ex coniuge Z., allegare e dimostrare il mutamento delle sue condizioni personali e di vita rispetto a quelle esistenti al momento della separazione consensuale, lo squilibrio patrimoniale rispetto alla situazione reddituale dell’ex coniuge, il suo contributo alla formazione del patrimonio familiare, la durata della convivenza con altro compagno e, in definitiva, ogni altro elemento rilevante ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, nei termini precisati dalla più recente giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U., 11/7/2018 n. 18287).

Nel caso di specie la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi sull’onere probatorio e, con apprezzamento di fatto incensurabile, se non nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ha accertato, con adeguata motivazione (Cass. S.U. n. 8053/2014), che: i) la ricorrente nulla aveva provato in ordine alle mutate sue condizioni personali e di vita rispetto a quelle esistenti al momento della separazione consensuale; ii) la convivenza con altro compagno si era protratta quantomeno fino al 2015; iii) la condizione reddituale dell’ex coniuge Z. era risultata peggiorata.

4. In conclusione, il ricorso va rigettato, nulla dovendosi disporre in ordine alle spese del giudizio di legittimità, stante la mancata costituzione dell’intimato.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. n. 23535/2019).

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 19 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2020

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