Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11632 del 07/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 07/06/2016, (ud. 12/04/2016, dep. 07/06/2016), n.11632

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19662/2014 proposto da:

COMUNE SAN GIULIANO DI PUGLIA, C.F. (OMISSIS), in persona del

Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILLA

2, presso lo studio dell’avvocato VALERIO SANTAGATA, rappresentato

e difeso dall’avvocato LIBERO MANCUSO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA LUCA GAURICO 9, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

BRUNO, rappresentato e difeso dagli avvocati FEDERICO LIBERATORE,

LUCIA LIBERATORE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 353/203 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 17/04/2014 R.G.N. 24/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/04/2016 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE;

udito l’Avvocato MANCUSO LIBERO;

udito l’Avvocato LIBERATORE LUCIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza in data 17.04.2014 la Corte di Appello di Campobasso ha respinto l’appello proposto dal Comune di San Giuliano di Puglia nei confronti della sentenza del Tribunale di Larino, che aveva dichiarato la nullità del licenziamento disciplinare intimato al geometra M.M. ed aveva pronunciato i provvedimenti restitutori reali ed economici previsti dalla L. n. 300 del 1970, art. 18.

2. La Corte territoriale ha sinteticamente condiviso la valutazione del primo giudice che, all’esito della definitiva statuizione penale, che aveva affermato che il M., nella qualità di tecnico del Comune, era responsabile del crollo della scuola (OMISSIS) verificatosi in occasione del sisma dell’ottobre 2002 (crollo per il quale avevano perso la vita tutti e ventisette gli scolari presenti ed una maestra), aveva affermato: che l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari in data 16.10.2010, previa contestazione disciplinare in data 5.8.2010, aveva deliberato il licenziamento dell’odierno controricorrente per gravi delitti commessi in servizio, trasmettendo al Comune, con nota in data 17.9.2010, la proposta di licenziamento per la eventuale condivisione del giudizio di gravità del fatto posto a fondamento del provvedimento risolutorio; che con delibera n. 105 del 30.9.2010 la Giunta Municipale aveva condiviso la valutazione dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari ed aveva deliberato che il dirigente dell’Ente provvedesse, senza ritardo, all’adozione del provvedimento per l’applicazione della sanzione del licenziamento senza preavviso del M.; che con determinazione n. 594 del 30.9.2010 il Segretario Comunale, nella qualità di direttore generale, “in esecuzione della delibera giuntale n. 105…” aveva inflitto la sanzione del licenziamento disciplinare senza preavviso; che con lettera del 30.9.2010, alla quale erano state allegate la determinazione dirigenziale n. 594 e la delibera della giunta n. 105, il M. era stato licenziato in tronco; che la sequenza così delineata indicava che il licenziamento era stato invalidamente adottato dalla Giunta, soggetto incompetente.

3. La Corte territoriale ha ritenuto che il licenziamento fosse nullo perchè la decisione era stata adottata, e comunque condivisa, dalla (con la) Giunta Municipale, la quale non aveva alcun titolo ad intervenire nel procedimento disciplinare previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis, nè tantomeno, ad imporre decisioni all’organo competente, in via esclusiva, ad adottare i provvedimenti disciplinari.

4. Avverso detta sentenza il Comune di San Giuliano di Puglia ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, al quale ha resistito con controricorso il M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia errata e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis, sostenendo che l’intervento successivo, sussidiario, accessorio e anche pleonastico, di organi terzi ed estranei all’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari, nell’ambito di un procedimento disciplinare, aperto, svolto e concluso, dall’Ufficio competente, non comporterebbe la nullità del provvedimento espulsivo.

6. Invoca la “ratio” ispiratrice del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis, assumendo che, al di là di inutili formalismi, la disposizione mira a consentire il contraddittorio tra la P.A. ed il dipendente ed a garantire che l’ufficio che irroga il provvedimento disciplinare sia “terzo” rispetto al lavoratore ed all’ufficio che segnala l’addebito. Richiama le decisioni 10600/2004 e 20981/2009 di questa Corte.

7. Sostiene che l’intervento della Giunta Municipale si era limitato a prendere atto delle risultanze del procedimento disciplinare, a fare propria la relativa documentazione, ed a formulare una valutazione coincidente con quella già formulata dall’Ufficio competente e che, pertanto, non troverebbero applicazione i principi affermati da questa Corte nella decisione 20981/2009, richiamati nelle decisione impugnata.

8. Deduce che la comunicazione del provvedimento del licenziamento era stata effettuata dal soggetto nominato Presidente e unico componente interno all’Amministrazione dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari, composto anche da due soggetti estranei all’amministrazione comunale, e che i fatti oggetto di contestazione non comportavano alcuna discrezionalità nel giudizio valutativo della loro gravità e nella individuazione della sanzione.

9. Ad avviso del Collegio la ricostruzione del dato normativo, costituito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55 bis, introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2009, art. 69, costituisce necessaria premessa per l’esame della questione sottoposta dal ricorso.

10. La regola della “competenza” caratterizza, come il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55, nel testo antecedente le modifiche apportate dal citato decreto del 2009, l’intero impianto della nuova disposizione, che ripartisce, con previsione, in parte sovrapponibile al contenuto dell’originario art. 55, il potere disciplinare tra il responsabile della struttura avente qualifica dirigenziale (comma 1) e l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari – U.P.D. – (comma 4) in relazione alla gravità della sanzione, attribuendo al primo la competenza per le sanzioni di minore gravità (dal rimprovero scritto alla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione sino a 10 giorni) ed al secondo quella per le sanzioni più gravi (dalla sospensione da 11 giorni a sei mesi al licenziamento).

11. Alla regola della competenza è affiancata una serie di disposizioni che disciplinano il procedimento (comma 2), secondo una sequenza volta ad assicurare tempestività di contestazione, contraddittorio, e celerità di definizione del procedimento disciplinare, secondo regole comuni (comma 4), quale che sia l’organo competente, salvo il raddoppio dei termini perentori nel caso di procedimento gestito dall’U.P.D..

12. La “ratio” dell’art. 55 bis è da individuare, in primo luogo, nell’esigenza di rendere più veloce l’esercizio del potere disciplinare ed, in secondo luogo, ma solo per i procedimenti relativi a fatti puniti con sanzioni più severe, nella esigenza di assicurare al dipendente maggiori garanzie, quali sono indubbiamente assicurate dall’UPD. 13. L’Ufficio per i procedimenti disciplinari, infatti, pur non rivestendo la “terzietà” propria delle commissioni di disciplina di cui all’art. del T.U n. 3 del 1957, offre al lavoratore pubblico sufficienti garanzie di imparzialità, in ragione della “specializzazione” di tale organo e, soprattutto, della sua indifferenza rispetto al capo della struttura del dipendente incolpato, coinvolto direttamente nella vicenda disciplinare (Cass. 2168/2004, relativa a fattispecie regolata dall’art. 55 nel testo vigente prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 150 del 2009).

14. Dall’art. 55 bis, comma 4, si evince che l’U.P.D., che deve essere costituito da ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento a prescindere e, comunque, anteriormente rispetto ad uno specifico procedimento disciplinare, deve svolgere in via esclusiva tutte le fasi del procedimento disciplinare.

15. L’esclusività di tale competenza si desume dal dato testuale della disposizione che dispone “contesta l’addebito al dipendente, lo convoca per il contraddittorio a sua difesa, istruisce e conclude il procedimento secondo quanto previsto nel comma 2”, il capo della struttura in cui il dipendente lavora dovendo limitarsi solo “a trasmette(re) gli atti, entro cinque giorni dalla notizia del fatto, all’ufficio individuato ai sensi del comma 4, dandone contestuale comunicazione all’interessato” (comma 3).

16. Questa Corte ha ripetutamente affermato che il procedimento instaurato da un soggetto o da un organo diverso dal predetto ufficio, anche se questo non sia ancora istituto, è illegittimo e la sanzione irrogata in tale caso è affetta da nullità risolvendosi in una violazione di norme di legge inderogabili sulla competenza (Cass. 2168/2004, 20891/2009, 14628/2010, 16190/2011, 16091/1014).

17. Nel solco del richiamato orientamento giurisprudenziale, al quale va data continuità, deve ribadirsi il principio secondo il quale, in tema di rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 55 bis, comma 4, tutte le fasi del procedimento disciplinare devono essere svolte esclusivamente dall’ufficio competente per i procedimenti disciplinari (U.P.D.), il quale è anche l’organo competente alla irrogazione delle sanzioni disciplinari, ad eccezione di quelle comprese tra il rimprovero scritto e la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione sino a 10 giorni.

18. Ne consegue che il procedimento instaurato da un soggetto o da un organo diverso dal predetto ufficio, anche se questo non sia ancora stato istituito, è illegittimo e la sanzione irrogata è, in tale caso, affetta da nullità, risolvendosi in un provvedimento adottato in violazione di norme di legge inderogabili sulla competenza.

19. Deve anche affermarsi il principio per cui nessun soggetto o organo estraneo all’ufficio competente può integrare il contenuto decisionale del provvedimento di competenza di detto ufficio, in quanto l’interferenza decisionale tenderebbe illegittimamente a spostare la competenza deliberativa dall’organo competente ad un diverso organo, sicuramente non competente.

20. Ma deve nondimeno puntualizzarsi che la struttura dell’art. 55 bis, che distingue le regole sulla competenza e quelle sul procedimento, sorrette da “ratio” e finalità diverse (cfr. punti da 10 a 12 di questa sentenza), comporta che le violazioni delle regole procedurali che non si risolvano anche nella violazione delle norme sulla “competenza”, per essere stato in concreto l’intero procedimento disciplinare, in tutte le fasi, gestito in autonomia dall’organo competente e per essere stati tutti gli atti previsti adottati da quest’ultimo, non determinano per ciò solo nullità del procedimento e della sanzione adottata.

21. L’eventuale deviazione dallo schema procedurale può rilevare, ai fini della violazione delle regole in punto di individuazione dell’organo competente ad iniziare e concludere il procedimento disciplinare relativo alle sanzioni più gravi, solo nei casi in cui essa abbia interferito con il contenuto degli atti di competenza dell’UPD ma non nei casi in cui la deviazione possa ritenersi del tutto neutra rispetto alla gestione del procedimento ed alla adozione degli atti adottati al suo interno. Non ogni interferenza di organi esterni all’U.P.D. è, infatti, giuridicamente rilevante, tale essendo solo quella che abbia determinato decisiva – nel senso di sostitutiva e non meramente additiva – compartecipazione del soggetto estraneo all’adozione del provvedimento, con conseguente inammissibile sostanziale trasferimento della competenza dall’organo competente ad un diverso organo, sicuramente non competente.

22. Precisato che il controllo di legittimità da parte della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, non si esaurisce in una verifica di correttezza dell’attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva della norma, ma è esteso alla sussunzione del fatto, compiutamente accertato dal giudice di merito, nell’ipotesi normativa (Cass. SSUU 5/2001; Cass. 15968/2004, 11037/2006, 24757/2007 e da ultimo Cass. 7570/2016), il Collegio ritiene che la Corte territoriale non abbia spiegato le ragioni per le quali ha escluso la riconduzione della fattispecie dedotta in giudizio entro la regola “iuris” contenuta nell’art. 55 bis, comma 4, tampoco alla stregua dei principi di diritto posti nei punti da 16 a 21 di questa sentenza.

23. La Corte territoriale ha, infatti, senza alcuna analisi della fattispecie nella sua sequenza e nella portata dei singoli atti, affermato che la trasmissione per condivisione, e la susseguente piena condivisione, fossero ex se eloquenti della sostituzione di organi incompetenti a quello competente nella adozione dell’atto.

24. Le ragioni addotte dalla Corte territoriale per pervenire a siffatta affermazione sono state sviluppate in base ad un percorso argomentativo di mero richiamo al decisum del Tribunale che, per un verso, fa discendere dalla sola deviazione dallo schema legale del procedimento disciplinare la violazione delle regole sulla competenza ad adottare il provvedimento sanzionatorio, e, per altro verso, non spiega se ed in che termini il coinvolgimento di organi diversi (il Sindaco e la Giunta Municipale) da quello individuato dall’art. 55 bis, comma 4, abbia comportato la loro, illegittima, determinante compartecipazione decisionale all’adozione del provvedimento di applicazione della sanzione disciplinare.

25. Sulla scorta delle considerazioni svolte, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata.

26. Il giudizio va rinviato alla Corte di appello di Napoli, che deciderà il ricorso facendo corretta applicazione dei principi di cui ai punti da 16 a 21 di questa sentenza, previo riesame ed adeguata valutazione dei diversi atti che sono intervenuti nel processo decisionale di irrogazione della sanzione e provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Napoli che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2016

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