Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11628 del 04/05/2021

Cassazione civile sez. II, 04/05/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 04/05/2021), n.11628

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 27209/2019 R.G. proposto da:

K.H., c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato, con

indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Castelfidardo, alla via Paolo

Soprani, n. 2B, presso lo studio dell’avvocato Mario Novelli, che lo

rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, c.f. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 174/2019 della Corte d’Appello di Ancona;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 15 dicembre 2020 del

Consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. K.H., cittadino della Costa d’Avorio, formulava istanza di protezione internazionale.

Esponeva che, quale appartenente al partito politico “(OMISSIS)”, aveva svolto l’incarico di supervisore allo spoglio elettorale per il candidato presidente uscente della Costa d’Avorio; che il (OMISSIS), nel corso delle operazioni di spoglio, era insorta una violenta discussione sul conteggio dei voti validi tra i rappresentanti dei due maggiori partiti, l'”(OMISSIS)” e l'”(OMISSIS)”; che la discussione era degenerata ed i sostenitori dell'”(OMISSIS)” avevano con delle asce colpito gli antagonisti; che era riuscito a fuggire e nondimeno gli esponenti del partito “(OMISSIS)” lo avevano minacciato di morte; che alcuni mesi più tardi, scoppiata la guerra civile, molti membri dell'”(OMISSIS)”, tra cui suo fratello, erano stati uccisi.

Esponeva che per tali motivi aveva abbandonato il paese d’origine e si era dapprima trasferito in Libia, ove aveva lavorato per quattro anni ed era stato incarcerato per tre mesi, e poi dalla Libia aveva il 12.3.2016 raggiunto l’Italia.

2. La competente Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale rigettava l’istanza.

3. Con ordinanza del 7.2.2018 il Tribunale di Ancona respingeva il ricorso.

4. K.H. proponeva appello. Resisteva il Ministero dell’Interno.

5. Con sentenza n. 174/2019 la Corte di Ancona rigettava il gravame.

Evidenziava la corte che le dichiarazioni rese dall’appellante non potevano reputarsi attendibili, siccome generiche, incongrue, non suffragate da alcun elemento oggettivo.

Evidenziava quindi che non sussistevano i presupposti nè per il riconoscimento dello status di rifugiato nè per il riconoscimento della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. a) e b).

Evidenziava altresì che la Costa d’Avorio non è interessata da eventi bellici e da situazioni di indiscriminata e generalizzata violenza.

Evidenziava infine che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.

Evidenziava in particolare, per un verso, che la documentazione prodotta, attestante lo svolgimento di attività lavorativa occasionale, non dava riscontro del grado di integrazione raggiunto dall’appellante nel contesto socioeconomico italiano, per altro verso, che l’inattendibilità delle dichiarazioni non consentiva di ritenere che l’appellante nel paese d’origine fosse coinvolto in situazioni implicanti compressione dei diritti fondamentali.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso K.H.; ne ha chiesto sulla base di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.

Il Ministero dell’Interno ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

Deduce che ha errato la corte a reputare inattendibili le sue dichiarazioni.

Deduce che le sue dichiarazioni sono coerenti, circostanziate, puntuali e trovano conferma nelle informazioni menzionate a riscontro della situazione di instabilità politica e di violenza generalizzata esistente in Costa d’Avorio.

Deduce al contempo che ben avrebbe potuto la corte di merito avvalersi dei suoi poteri di cooperazione istruttoria.

8. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Deduce che la corte ha errato a disconoscere la protezione sussidiaria.

Deduce che il pericolo di un danno grave ben può provenire da soggetti non statuali, qualora l’autorità statale, così come nel caso di specie, non è in grado di assicurare adeguata protezione.

Deduce al contempo che ben avrebbe dovuto la corte distrettuale avvalersi dei suoi poteri di cooperazione istruttoria ed acquisire informazioni aggiornate sul paese d’origine.

9. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

Deduce che la corte territoriale, anche ai fini della protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. c), non ha svolto attività istruttoria in ordine alla generale situazione sociopolitica del suo paese d’origine.

10. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

Deduce che la corte ha errato a disconoscere la protezione umanitaria.

Deduce che la corte anconetana avrebbe dovuto tener conto dell’aggravarsi a decorrere dal 2017 della situazione di sicurezza in Costa d’Avorio.

Deduce poi che ha intrapreso un efficace percorso di integrazione nel contesto socioeconomico italiano, tant’è che seppur in maniera non continuativa svolge attività di bracciante agricolo; che ha subito un delicato intervento al ginocchio destro, sicchè la necessità di un’adeguata riabilitazione osta al suo rimpatrio.

11. I rilievi, che la delibazione dei motivi di ricorso postula, tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea degli esperiti mezzi di impugnazione, mezzi che, in ogni caso, sono da rigettare.

12. La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento “di fatto” rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c); tale apprezzamento “di fatto” è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. Cass. (ord.) 5.2.2019, n. 3340).

13. Su tale scorta, nel solco dunque della previsione di cui dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, si rappresenta quanto segue.

Da un canto, la Corte di Ancona ha dato compiutamente conto della incongruenza e della inverosimiglianza delle dichiarazioni rese dal ricorrente.

Tra l’altro, la corte ha dato atto che l’appellante aveva dichiarato di aver prima simpatizzato per il partito “(OMISSIS)” e di aver poi aderito al partito “(OMISSIS)”.

D’altro canto, il ricorrente senza dubbio sollecita questa Corte a far luogo ad una “diversa lettura” delle sue dichiarazioni.

14. Si tenga conto che nel giudizio relativo alla protezione internazionale del cittadino straniero, la valutazione di attendibilità, di coerenza intrinseca e di credibilità della versione dei fatti resa dal richiedente, non può che riguardare – ben vero al di là dell’ipotesi di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) – tutte le ipotesi di protezione prospettate nella domanda, qualunque ne sia il fondamento; cosicchè, ritenuti non credibili i fatti allegati a sostegno della domanda, non è necessario far luogo a un approfondimento istruttorio ulteriore, attivando il dovere di cooperazione istruttoria officiosa incombente sul giudice, dal momento che tale dovere non scatta laddove sia stato proprio il richiedente a declinare, con una versione dei fatti inaffidabile o inattendibile, la volontà di cooperare, quantomeno in relazione all’allegazione affidabile degli stessi (cfr. Cass. (ord.) 20.12.2018, n. 33096; Cass. 12.6.2019, n. 15794).

15. Su tale scorta è vero, certo, che anche i c.d. soggetti non statuali possono considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave, ove lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi (cfr. Cass. (ord.) 1.4.2019, n. 9043).

E tuttavia, ritenute inattendibili le dichiarazioni di K.H., del tutto legittimo è stato il mancato esercizio dei poteri istruttori officiosi.

16. In tema di protezione sussidiaria, l’accertamento della situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), che sia causa per il richiedente di una sua personale e diretta esposizione al rischio di un danno grave, quale individuato dalla medesima disposizione, implica un apprezzamento “di fatto” rimesso al giudice del merito; il risultato di tale indagine può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti consentiti dal novellato art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. 21.11.2018, n. 30105; Cass. (ord.) 12.12.2018, n. 32064).

17. In questi termini, evidentemente nel solco dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed analogamente alla luce dell’insegnamento n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite, si osserva quanto segue.

Per un verso, nessuna “anomalia motivazionale” si scorge in ordine alle motivazioni alla stregua delle quali la corte territoriale ha disconosciuto la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. c).

Per altro verso, il ricorrente, in fondo, non adduce, così come avrebbe dovuto, specificamente e puntualmente a supporto delle sue prospettazioni fonti di informazioni recenti sulla situazione socio – politica attualmente esistente in Costa d’Avorio (cfr. Cass. 18.2.2020, n. 4037, secondo cui, in tema di protezione internazionale, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle cd. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del cd. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate).

Si badi che le informazioni (“Country of Origin Information”) pertinenti e aggiornate al momento della decisione (ovvero ad epoca ad essa prossima), da richiedersi agli enti a ciò preposti, non possono desumersi dal sito ministeriale “(OMISSIS)”, il cui scopo e la cui funzione non coincidono, se non in parte, con quelli perseguiti nei procedimenti in materia di protezione internazionale (cfr. Cass. (ord.) 12.5.2020, n. 8819; Cass. (ord.) 24.9.2012, n. 16202).

18. Questa Corte spiega che, in tema di concessione del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, la condizione di “vulnerabilità” del richiedente deve essere verificata caso per caso, all’esito di una valutazione individuale della sua vita privata in Italia, comparata con la situazione personale vissuta prima della partenza ed alla quale si troverebbe esposto in caso di rimpatrio, non potendosi tipizzare le categorie soggettive meritevoli di tale tutela che è invece atipica e residuale, nel senso che copre tutte quelle situazioni in cui, pur non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dello status di “rifugiato” o della protezione sussidiaria, tuttavia non possa disporsi l’espulsione (cfr. Cass. 15.5.2019, n. 13079; cfr. Cass. 23.2.2018, n. 4455, secondo cui, in materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia, deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza).

19. E però non può non darsi atto che le ragioni di doglianza che specificamente il quarto motivo di impugnazione veicola, recano, al più, censura del giudizio “di fatto” cui, pur in parte qua, la corte marchigiana ha atteso, giudizio “di fatto” inevitabilmente postulato dalla valutazione comparativa, caso per caso, necessaria ai fini del riscontro della condizione di “vulnerabilità” – e soggettiva e oggettiva – del richiedente.

20. Ebbene, in quest’ottica, similmente nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite, si reputa che nessuna ipotesi di “anomalia motivazionale” si configura, anche in parte qua, nelle motivazioni dell’impugnato dictum.

Del resto la corte di seconde cure, in sede di valutazione della domanda di protezione umanitaria, ha specificato che la documentazione medica allegata induceva ad escludere che l’appellante versasse in condizioni patologiche gravi, tali da imporre la necessità di specifiche terapie e di periodici controlli.

21. D’altra parte, il ricorrente indiscutibilmente sollecita questa Corte al riesame delle risultanze di causa.

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

22. Per nulla si giustifica l’assunto secondo cui, ai fini del riconoscimento della “umanitaria”, non sussiste un onere di allegazione di fatti diversi.

Invero, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, è necessario che chi invochi tale forma di tutela, alleghi in giudizio fatti ulteriori e diversi da quelli posti a fondamento delle altre due domande di protezione cosiddetta “maggiore” (cfr. Cass. (ord.) 7.8.2019, n. 21123; Cass. (ord.) 31.3.2020, n. 7622, secondo cui le domande di protezione internazionale, di protezione sussidiaria e di protezione umanitaria si fondano su differenti “causae petendi”, così che è onere del richiedente allegare fatti specifici e diversi a seconda della forma di protezione invocata).

23. Il Ministero dell’Interno sostanzialmente non ha svolto difese. Nonostante il rigetto del ricorso, pertanto, nessuna statuizione in ordine alle spese va assunta.

24. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2021

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