Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11620 del 04/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 04/05/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 04/05/2021), n.11620

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19495/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

I.A.M. (C.F. (OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’Avv.

EUGENIO CERUTTI, elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. ANDREA GRAZIANI in ROMA, Piazzale Clodio, 14;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale del

Piemonte, n. 39/34/13, depositata il 16 aprile 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio

2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La contribuente I.A.M. ha proposto ricorso avverso l’atto di contestazione di sanzioni per violazione del D.L. 28 giugno 1990, n. 167, art. 4, comma 1, e art. 5, comma 4, relativo all’anno di imposta 2003, sul presupposto che la contribuente, in quanto residente fiscalmente in Italia, ancorchè iscritta all’A.I.R.E., detenesse – in assenza di dichiarazione – investimenti all’estero di natura finanziaria, ovvero attività estere di natura finanziaria. La contribuente ha allegato di avere trasferito da lungo tempo la propria residenza in (OMISSIS) e di avere ivi trasferito anche il proprio centro degli affari e degli interessi.

La CTP di Novara ha accolto il ricorso e la CTR del Piemonte, con sentenza in data 16 aprile 2013, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, ritenendo che la contribuente ha provato di essere residente in (OMISSIS) ((OMISSIS)). Il giudice di appello ha ritenuto, in particolare, che la famiglia della contribuente avesse stabilito in (OMISSIS) il centro degli affari e degli interessi sin dall’inizio degli anni novanta, avendo la contribuente vissuto in loco in una abitazione (villa) di proprietà, dapprima insieme al marito sino al 2003 e, dopo la separazione dei coniugi, continuando a risiedervi insieme a una delle figlie.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso la contribuente, che propone a sua volta ricorso incidentale affidato a tre motivi.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1 – Con il primo motivo di ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, carenza assoluta della motivazione o motivazione apparente, violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36. Ritiene l’Ufficio ricorrente che l’affermazione secondo cui in (OMISSIS) vi sarebbe stato il centro degli interessi e degli affari è affermazione apodittica. Ritiene, inoltre, l’Ufficio ricorrente non pertinente il riferimento alla dimora abituale presso un bene immobile, non essendo tale ultima circostanza decisiva al fine di provare la residenza all’estero.

1.2 – Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quali i molteplici elementi di fatto, prospettati nella motivazione dell’atto di contestazione, nei documenti in atti e nelle difese di merito, diffusamente indicati nel motivo, parte dei quali ricavati da annotazioni contenute nell’agenda personale della contribuente.

1.3 – Con il terzo motivo del ricorso principale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), art. 2, dell’art. 43 c.c., e del D.L. n. 167 del 1990, artt. 4 e 5, nella parte in cui la sentenza impugnata ha fondato la decisione sull’accertamento di una dimora stabile della contribuente in (OMISSIS), laddove la dimora abituale all’estero non escluderebbe che il contribuente possa ritenersi fiscalmente residente in Italia.

1.4 – Con il primo motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per ultrapetizione, per avere la sentenza di primo grado (“La Commissione Tributaria Provinciale ha affrontato (…)”) affrontato la questione della competenza territoriale prima di esaminare il merito, laddove la contribuente avrebbe proposto la questione della competenza solo in via gradata. Deduce la ricorrente l’interesse ad impugnare sotto tale profilo la sentenza in quanto la ricorrente potrebbe ritenersi vincolata per altri periodi di imposta “e per altre questioni”.

1.5 – Con il secondo motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione di legge in relazione al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 31, comma 2, deducendo di avere eletto domicilio in Italia solo per l’anno di imposta 1993, laddove per le ulteriori annualità – compresa quella in oggetto – l’elezione di domicilio non sarebbe stata più operativa. Precisa parte ricorrente che tale doglianza viene proposta in via subordinata.

1.6 – Con il terzo motivo di ricorso incidentale si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, assenza di motivazione e motivazione apparente in relazione all’art. 112 c.p.c. nonchè, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nella parte in cui la sentenza ha respinto l’appello incidentale relativo alla compensazione delle spese del giudizio di primo grado senza alcuna motivazione.

2 – Il primo motivo del ricorso principale è infondato. Il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), ove la motivazione risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598).

Nella specie il giudice di appello, sia pure con motivazione essenziale (“succinta”, come deduce la controricorrente), ha fondato il proprio convincimento sull’avvenuta prova da parte della contribuente della propria residenza in (OMISSIS) (“il Collegio constata che la Signora I. ha fornito le prove della effettiva residenza, anche fiscale, in (OMISSIS) – (OMISSIS)”), deducendola da una circostanza in fatto, ossia il fatto che la contribuente ha fissato la propria dimora per lungo tempo presso un immobile del luogo (“dove la ricorrente ha vissuto in un’ampia villa di proprietà a (OMISSIS), prima insieme al marito sino al 2003 e, successivamente, dopo la separazione, insieme alla figlia”).

Quanto, poi, alla circostanza che la contribuente avesse fissato in (OMISSIS) il proprio centro degli affari e degli interessi, trattasi di mera deduzione, conseguente alla valorizzazione della circostanza in fatto della fissazione in (OMISSIS) di una stabile dimora.

3.1 – I motivi secondo e terzo motivo possono essere esaminati congiuntamente, in quanto investono (sotto il profilo della falsa applicazione di legge) il profilo dell’esatto perimetro normativo della residenza in Italia ai fini fiscali e quello degli elementi in fatto, dedotti nel corso del giudizio di merito, idonei alla corretta individuazione e rilevazione del suddetto perimetro.

Si osserva, inoltre, preliminarmente come la decisione della CTR – diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente (ove deduce che sarebbero stati esaminati tutti gli elementi normativi) non ancori gli elementi in fatto allo specifico periodo di imposta dell’anno solare 2003, ma prende in esame l’elemento della fissazione della dimora della controricorrente nelle (OMISSIS) lungo un lunghissimo periodo di tempo (dagli anni precedenti al 2003 sino al 2003 e per il periodo successivo a tale anno), mancando, pertanto, un circostanziato accertamento in fatto in relazione al suddetto periodo di imposta.

3.2 – I motivi sono fondati.

Dispone l’art. 2 T.U.I.R., comma 2, “ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile”. Ai fini dell’imposizione reddituale ciò che rileva è l’esistenza di un criterio di collegamento fisico tra il contribuente e il territorio dello Stato, che non si esaurisce nella localizzazione in Italia della sola residenza anagrafica ma investe anche la prova del domicilio che, stante il rinvio recettizio contenuto nell’art. 2 T.U.I.R., comma 2, va qualificato secondo la disciplina di diritto comune come sede principale di affari e interessi della persona fisica ex art. 43 c.c. (Cass., Sez. V, 21 gennaio 2015, n. 961).

3.3 – Secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, i criteri di collegamento tra persona fisica e territorio dello Stato (residenza e domicilio) sono tra di loro alternativi, a ciò conducendo l’utilizzo nella suddetta norma della congiunzione “o”. Sicchè, nella trama normativa coesistono più criteri di collegamento, “il primo, formale, rappresentato dall’iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti, gli altri due, di fatto, costituiti dalla residenza o dal domicilio nello Stato ai sensi del codice civile; ne consegue che l’iscrizione del cittadino nell’anagrafe dei residenti all’estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorchè il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonchè delle proprie relazioni personali” (Cass., Sez. V, 1 marzo 2019, n. 6117; conf. Cass., Sez. V, 16 gennaio 2015, n. 678; Cass., Sez. V, 18 novembre 2011, n. 24246; Cass., 15 giugno 2010, n. 14434; Cass., Sez. V., 26 febbraio 2007, n. 4304). Il che comporta che, benchè un contribuente non sia più formalmente residente in Italia, possa ritenersi sussistente la residenza ai fini fiscali ove venga provato che il contribuente abbia mantenuto in Italia (o ivi stabilito) il proprio domicilio civilistico.

3.4 – Altro requisito previsto dalla norma è che l’accertamento della fissazione in Italia del domicilio debba coprire “la maggior parte del periodo di imposta”, essendo evidente l’intento del legislatore di non legare l’accertamento a eventi occasionali, onde ancorarlo all’ulteriore accertamento di una sufficiente permanenza temporale del criterio di collegamento. A fronte, pertanto, della formale emigrazione e della cancellazione dal registro dell’anagrafe residente e della fissazione della residenza anagrafica all’estero, un contribuente rimane fiscalmente residente in Italia ove risulti accertato che egli abbia mantenuto in Italia il proprio domicilio civilistico (art. 43 c.c.), inteso come luogo dove una persona ha stabilito la sede principale dei propri affari e interessi, prescidendosi dalla effettiva residenza in quel luogo, a condizione che ciò venga accertato in relazione alla maggior parte del periodo di imposta in questione (da ultimo Cass., Sez. V, 8 ottobre 2020, n. 21694).

3.5 – Sotto il medesimo profilo, assume ulteriore rilevanza – ai fini dell’individuazione della fissazione del domicilio – il concetto di riconoscibilità dello stesso da parte dei terzi, riconoscibilità che secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, alla quale deve darsi continuità – va individuata in relazione alla gestione degli interessi e degli affari economico-patrimoniali, prioritariamente rispetto al luogo delle relazioni affettive e familiari (Cass., Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 32992; Cass., Sez. V, 31 marzo 2015, n. 6501). Ne consegue che il domicilio deve, non solo, essere il luogo di gestione dei propri interessi, riconoscibile dai terzi (Cass., Sez. V, 2 marzo 2020, n. 5642; Cass., n. 24246/2011, cit.; Cass., Sez. V, 22 ottobre 2010, n. 21689; Cass., Sez. V, 15 giugno 2010, n. 14434), ma questa riconoscibilità deve essere agganciata a indici tali da individuare in Italia prioritariamente gli interessi del contribuente di carattere economico e patrimoniale (Cass., n. 32992/2018, cit.; Cass., n. 6501/2015, cit.).

3.6 – Questa attenzione alla riconoscibilità del domicilio del contribuente non è, del resto, distonica rispetto all’evoluzione normativa, di ispirazione Eurounitaria, nella parte in cui il legislatore interno ha valorizzato – sia pure in materia di insolvenza – il “centro degli interessi principali del debitore”, come il luogo in cui “il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi” (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, art. 2, comma 1, lett. m; Corte di Giustizia UE, 20 ottobre 2011, Interedil, C-396/09, punti 51, 53, 59). Nè può ipotizzarsi, sotto questo profilo, contrasto tra la disciplina interna – come intesa dalla giurisprudenza di questa Corte, che valorizza l’esistenza di uno stabile collegamento tra il contribuente e il territorio dello Stato per la maggior parte del periodi di imposta, in relazione agli interessi patrimoniali ed economici – e la normativa Eurounitaria, la quale valorizza il criterio di “residenza normale”, ricavabile principalmente dai (diversi) legami familiari, in contesti del tutto specifici, quali la materia doganale (Dir. 83/182/CEE, art. 7, par. 2, in materia di importazioni temporanee e Dir. 83/183/CEE, art. 6, par. 2, in materia di importazioni definitive di determinati beni), ovvero in materia di patente di guida (Dir. 2006/126/CE, art. 12, par. 2); fermo restando – alla luce delle menzionate disposizioni del legislatore Eurounitario – l’accertamento del requisito dello stabile collegamento per un lasso di tempo superiore alla metà dell’anno di riferimento (185 giorni l’anno, ovvero almeno sei mesi nel caso previsto dal Reg. 1186/2009/CE, art. 4, par. 1, lett. a), in materia di fissazione delle franchigie doganali).

3.7 – Deve, pertanto, essere accertato in fatto se la contribuente, indipendentemente dalla fissazione della residenza in (OMISSIS), abbia mantenuto in Italia il proprio domicilio, riconoscibile ai terzi, inteso come luogo di stabile gestione, per la maggior parte del periodo di imposta, dei propri interessi ed affari.

3.8 – Nella specie -ricorrente ha evidenziato, quali fatti storici idonei a dimostrare la suddetta circostanza, una serie di elementi in fatto, specificamente indicati a pagg. 5 e 24 del ricorso, desunti da un elemento documentale (agendina della contribuente), attinenti al periodo di imposta in oggetto, di cui non è stato fatto alcun esame nella sentenza impugnata (presenza della contribuente in diversi Comuni in Italia, tra cui diversi centri commerciali, viaggi effettuati dalle (OMISSIS) in Italia, spostamenti giornalieri in Italia del di lei coniuge nel 2003, presenza presso azienda agricola “La Ghirlandina”), i quali dovrebbero far dedurre la continua presenza in Italia del centro degli affari e degli interessi. A tali elementi si aggiungono ulteriori fatti storici, attinenti alla sfera patrimoniale ed economica della contribuente, quali le cariche ricoperte dalla contribuente in enti collettivi o morali (Guardiano del trust (OMISSIS), lega rappresentante della azienda agricola “La Ghirlandina”, membro del Consiglio di Amministrazione della società Old Blue SPA), nonchè le dichiarazioni rese dalla contribuente in un atto di compravendita dello stesso anno circa la propria residenza in Italia, l’apertura di conti correnti in Italia con recapito in Gallarate presso le di lei figlie. Si tratta con tutta evidenza di fatti storici, di cui è stata data indicazione del luogo processuale di trattazione (controdeduzioni in primo grado e atto di appello), nonchè della decisività in quanto, stante la loro pregnanza indiziaria, la loro valutazione congiunta potrebbe essere idonea a ritenere stabilito in Italia il domicilio della contribuente ai fini dell’art. 2 T.U.I.R., comma 2, indipendentemente dalla iscrizione anagrafica della controricorrente in (OMISSIS).

3.9 – Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: “ai fini dell’accertamento della residenza fiscale in Italia di persona fisica iscritta all’A.I.R.E. deve accertarsi se la persona fisica abbia fissato o mantenuto in Italia il proprio domicilio, come disciplinato dal codice civile, riconoscibile ai terzi, inteso come stabile fissazione nel territorio dello Stato, per la maggior parte del periodo di imposta, del luogo della gestione dei propri interessi ed affari”.

La sentenza va, pertanto, cassata, dovendo il giudice del rinvio esaminare i suddetti fatti storici ai fini di quanto indicato nel principio di diritto.

4 – Il primo e il secondo motivo di ricorso incidentale, il primo rivolto espressamente avverso la sentenza di primo grado e così implicitamente il secondo, sono inammissibili, in quanto la ricorrente incidentale non solo non trascrive il ricorso iniziale (in relazione alle parti in cui sarebbe stata sollevata l’eccezione di incompetenza dell’Ufficio), nè lo allega, nè – soprattutto – deduce di avere riproposto le suddette questioni in appello.

5 – Il terzo motivo di ricorso incidentale è, invece, assorbito per effetto dell’accoglimento dei due motivi del ricorso principale.

Al giudice del rinvio è, pertanto, rimessa sia la regolazione delle spese del giudizio di appello, sia quelle del giudizio di legittimità. Per effetto dell’assorbimento del terzo motivo e della mancata definizione della controversia proposta dal ricorrente incidentale, non sussiste il presupposto del pagamento del doppio contributo a carico della ricorrente incidentale.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il primo motivo, accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso principale; dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Piemonte, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2021

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