Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1162 del 22/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 22/01/2010), n.1162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10156-2004 proposto da:

AMMINISTRAZIONE DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro

pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

VALDERICINA DI CUSENZA GIUSEPPA & C. S.A.S. in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VITTORIO COLONNA 32 presso lo studio dell’Avvocato SIVIGLIA GIUSEPPE

PIERO, rappresentata e difesa dall’Avvocato SAMMARTINO SALVATORE

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 19/2003 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di PALERMO, depositata il 09/04/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/11/2009 dal Consigliere Dott. ANTONIO MERONE;

udito per il ricorrente l’Avvocato dello Stato ROBERTA GUIZZI, che si

riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento dello

stesso;

udito per il resistente l’Avvocato SALVATORE SAMMARTINO, che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO WLADIMIRO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

La società Valdericina di Cusenza Giuseppa & C. ha impugnato un dichiarazione, registrazione e regolare tenuta della contabilità in materia di II.DD. ed IVA in relazione all’esercizio 1996, in conseguenza della rettifica delle relative dichiarazioni, impugnate con separati ricorsi.

A sostegno del ricorso proposto avverso la irrogazione delle sanzioni, la società poneva i medesimi motivi posti a sostegno dei ricorsi proposti avverso gli atti di accertamento e rettifica delle imposte, che costituivano il presupposto delle sanzioni irrogate.

La Commissione tributaria provinciale, prima, e la Commissione tributaria regionale, poi, hanno accolto il ricorso della società sul rilievo che anche i ricorsi avverso gli avvisi di rettifica IVA ed IIDD erano stati accolto e che quindi erano venuti meno i presupposti per l’applicazione delle sanzioni.

L’amministrazione finanziaria ricorre per la cassazione della sentenza di appello sulla base di un unico motivo. La società resiste con controricorso.

Diritto

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

Denunciando la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 e art. 2697 c.c. e artt. 112, 115 e 116 c.p.c. la parte ricorrente sostanzialmente, e giustamente, lamenta che la sentenza impugnata è priva di autosufficienza e comunque carente di una autonoma ratio decidendi che le parti dovrebbero andare a ricercare nella motivazione di un’altra sentenza che ha giudicato sui fatti (le violazioni) che giustificherebbero l’irrogazione delle sanzioni. I giudici di appello si sono limitati ad affermare che “l’atto in contestazione, invero, è conseguenza degli avvisi di rettifica Iva e II.DD. impugnati, che sono stati oggetto di specifici ricorsi e per i quali questa commissione ha rigettato gli appelli proposti dall’ufficio. Ne discende che anche per l’atto in oggetto l’appello va rigettato, richiamando le motivazioni delle sentenze pronunciate”.

Il ragionamento della CTR, apparentemente di buon senso, non può essere condiviso perchè poggia sulle sabbie mobili di sentenze che non risultano passate in giudicato e che quindi sono suscettibili di modifiche totali o parziali, con la conseguenza di vanificare la ratio decidendi su cui poggia la decisione oggi contestata. La motivazione per relationem può essere consentita quando la sentenza che fa da presupposto, pronunciata inter partes, abbia la efficacia del giudicato e sempre che non ricorra l’ipotesi del contrasto con la normativa comunitaria di cui alla sentenza della CGCE del 3 settembre 2009, pronunciata nel procedimento C-2/08.

Proprio sul tema del rapporto tra violazioni tributarie ed applicazione delle relative sanzioni, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che “Nel procedimento tributario, allorchè il medesimo organo giudicante si trovi a pronunciare contestualmente più decisioni in rapporto di consequenzialità necessaria … la motivazione utilizzata può essere redatta per relationem rispetto ad altra sentenza assunta simultaneamente, purchè la motivazione stessa non si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento, occorrendo, invece, che vengano riprodotti i contenuti mutuati, e che questi diventino oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa – anche se connessa – causa sub iudice, in modo da consentire, poi, anche la verifica della compatibilità logico- giuridica dell’innesto motivazionale. Siffatta motivazione è, invece, nulla allorchè dissimuli un vizio procedurale più radicale, come nel caso in cui sia richiamata una decisione che avrebbe dovuto essere pronunciata in un processo unico (ipotesi di litisconsorzio necessario), ovvero nel caso in cui il processo avrebbe dovuto essere sospeso in attesa della decisione connessa (in ipotesi di pregiudiziale obbligatoria), perchè utilizzata al solo scopo di porre rimedio artificiosamente alla antecedente violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 o dell’art. 295 cod. proc. civ.” (Cass. 14814/08).

La CTR non si è adeguata al principio di diritto sopra esposto e, quindi, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio, affinchè il giudice di merito valuti se sussistono le condizioni per la sospensione obbligatoria del processo, in attesa della formazione del giudicato sugli accertamenti tributari, ovvero se debba decidere autonomamente sulle sanzioni, eventualmente anche “travasando” e ricontestualizzando i motivi posti a sostegno delle decisioni sulle rettifiche che costituiscono presupposto della irrogazione delle sanzioni.

Peraltro, va evidenziato che l’irrogazione delle sanzioni non è una operazione meramente automatica e consequenziale, posto che ufficio e giudice devono valutare la gravità delle violazioni per determinare la sanzione da applicare in concreto.

Infine, giova chiarire che, ai fini della presente decisione, non rileva la modifica apportata all’art. 118 disp. att. c.p.c., applicabili al processo tributario in forza del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 49, comma 1, secondo la quale nella motivazione si può fare riferimento “a precedenti conformi”. La norma non è applicabile, non soltanto perchè successiva rispetto alla sentenza oggetto dell’odierno ricorso (potrebbe infatti trattarsi di una norma di mera esplicazione della tecnica di redazione della motivazione applicabile retroattivamente), ma perchè un precedente è tale soltanto quando non è più modificabile.

Quindi, va confermato il principio che la motivazione per relationem è legittima, a condizione che il termine di riferimento sia ben saldo ed immodificabile, altrimenti ci troveremmo a legittimare decisioni con motivazioni variabili, secundum eventum litis, con buona pace del principio del contraddittorio.

Conclusivamente, la sentenza impugnata va cassata con rinvio causa al giudice del merito che dovrà giudicare nel rispetto dei principi sopra enunciati, provvedendo anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2010

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