Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11618 del 26/05/2011

Cassazione civile sez. III, 26/05/2011, (ud. 27/04/2011, dep. 26/05/2011), n.11618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23949/2006 proposto da:

C.E., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA EMILIO DE’ CAVALIERI 11, presso lo studio dell’avvocato

LAGOSTENA BASSI Augusta, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato LANA ANTON GIULIO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GENERALI ASSICURAZIONI SPA, T.P., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo studio dell’avvocato GELLI

Paolo, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

TRIVELLATO FERDINANDO giusta delega a margine del controricorso;

ULSS/(OMISSIS) TERRAFERMA VENEZIANA IN LIQUIDATORIA, in persona

del

Commissario Liquidatore – Direttore Generale pro tempore dell’Azienda

U.L.S.S. (OMISSIS) Veneziana, Dott. P.A.,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA OTRANTO 36, presso lo studio dell’avvocato

MASSANO MARIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GUIDONI MAURIZIO giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

contro

ULSS/(OMISSIS) PADOVA, D.L.L., AZD OSPEDALIERA

PADOVA,

GA.MI., O.A., G.P.;

– intimati –

sul ricorso 26152/2006 proposto da:

O.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE CORTINA D’AMPEZZO 186, presso lo studio dell’avvocato LEO

CARLO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati ZANIN

LIVIO, LOI CESARE, con procura speciale del Dott. Nicoletta Spina,

Notaio di Padova, del 20/09/2006, m rep. n. 265353;

– ricorrenti –

e contro

ULSS/(OMISSIS), T.P., C.E., G.P.,

GA.MI., ULSS/(OMISSIS) TERRA FERMA VENEZIANA IN LIQ,

D.

L.L., GENERALI ASSIC SPA, AZD OSPEDALIERA PADOVA;

– intimati –

sul ricorso 28625/2006 proposto da:

G.P., (OMISSIS), D.L.L.

(OMISSIS), GA.MI. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso lo

studio dell’avvocato MARAZZA MAURIZIO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato SALVADORI AUGUSTO giusta procura a margine

del controricorso, ricorso incidentale e ricorso incidentale

condizionato;

– ricorrenti –

contro

ULSS/(OMISSIS) TERRAFERMA VENEZIANA IN LIQ, ULSS/(OMISSIS)

PADOVA, T.

P., AZD OSPEDALIERA PADOVA, O.A., GENERALI ASSIC SPA,

C.E.;

– intimati –

sul ricorso 29070/2006 proposto da:

ULSS/(OMISSIS) PADOVA, (OMISSIS), in persona del Direttore

Generale

Dott. R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

POMA 4, presso lo studio dell’avvocato GELLI PAOLO, che lo

rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso con

ricorso incidentale condizionato;

– ricorrente –

e contro

GA.MI., O.A., G.P., AZD

OSPEDALIERA PADOVA, D.L.L., C.E., T.

P., ULSS/(OMISSIS) TERRAFERMA VENEZIANA IN LIQ, GENERALI ASSIC

SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 414/2006 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

Sezione Quarta Civile, emessa l’11/01/2006, depositata il 06/03/2006;

R.G.N. 154/2001;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27/04/2011 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l’Avvocato GIARDIELLO ENZO (per delega Avvocato Toschi);

udito l’Avvocato Leo Carlo;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e degli incidentali.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Il (OMISSIS) C.E., al sesto mese di gravidanza, fu ricoverata presso il reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di (OMISSIS) per il trauma subito a seguito di una caduta.

Il (OMISSIS), essendo emerso un “quadro di grave gestosi”, fu trasferita presso la clinica ostetrica dell’università di (OMISSIS), dove esisteva un attrezzato reparto di neonatologia.

In data (OMISSIS), a seguito di un insorto edema polmonare, fu immediatamente sottoposta a taglio cesareo. Il bambino, nato alla ventisettesima settimana, morì dopo tre giorni. La C., due giorni dopo il parto, fu trasferita presso il centro di rianimazione, dove si procedette allo svuotamento di un ematoma alla fossa iliaca.

Le sue condizioni si aggravarono; fu sottoposta ad emotrasfusione ed a tre interventi laparotomici tra l'(OMISSIS); insorse dunque uno stato comatoso, risoltosi a luglio.

Il 4.10.1986 fu dimessa con postumi di encefalopatia tossica e vascolare e grave danno neurologico, con grave ed irreversibile compromissione della sua efficienza psicofisica.

2.- Il 21.1.1991 la C. agì giudizialmente innanzi al tribunale di Venezia nei confronti della Ulss 36 Terraferma Veneziana, della Uls (OMISSIS) di Padova (nonchè dell’Azienda ospedaliera di (OMISSIS)) e dei primari dei rispettivi reparti, T.P. ed O.A., chiedendone la condanna solidale al risarcimento dei danni (che indicò in L. 3.000.000.000) nell’assunto che essi fossero dipesi dal colpevole ritardo dei medici nel decidere di procedere all’esecuzione del cesareo.

I convenuti si costituirono e resistettero. L’ O., pur sostenendo che la C. era stata da tutti perfettamente curata, chiamò in causa i sanitari della sezione aggregata di puericultura prenatale G.P., Ga.Mi. e D.L.L., chiedendo di essere tenuto indenne in caso di condanna. La Ulss (OMISSIS) chiamò in causa Le Assicurazioni Generali, da cui chiese di essere garantita in virtù della polizza in atto.

Tutti i chiamati resistettero.

3.- Furono espletate due consulenze tecniche d’ufficio. La seconda collegiale, in esito alle contestazioni mosse alla prima dal consulente di parte dell’attrice.

Con sentenza n. 369 del 22.2.2000 il tribunale rigettò la domanda e compensò le spese. Ritenne che nessun elemento di colpa fosse configurabile a carico dei medici che avevano avuto in cura la C. e che avevano del tutto correttamente deciso di procedere al cesareo solo quando era insorto l’edema polmonare, comportante un pericolo per la vita della C., in relazione alle condizioni della paziente (peraltro affetta da problemi di coagulazione) ed allo stato di avanzamento della gravidanza. Il tribunale escluse altresì che sussistesse nesso di causalità fra il prospettato ritardo nell’esecuzione dell’intervento e le lesioni subite dall’attrice, che affermò derivate dalla “gestosi”, secondo quanto ritenuto da tutti i consulenti d’ufficio, anche da quello officiato in sede penale prima del relativo provvedimento di archiviazione.

La corte d’appello di Venezia ha respinto, per le stesse ragioni, il gravame della C. e quelli incidentali proposti dalla Ulss (OMISSIS) e da tutti i medici, dolutisi della compensazione delle spese (i chiamati, anche della mancata declaratoria di estinzione dell’eventuale credito per prescrizione). Ed ha a sua volta compensato le spese del grado.

4.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione la C., affidandosi a tre motivi.

Con i rispettivi controricorsi propongono ricorrono in via incidentale anche (a) O.A. che articola un unico motivo, (b) G.P., Ga.Mi. e D.L.L. che articolano quattro motivi, tre dei quali condizionati, (c) la Ulss (OMISSIS) di Padova (ex Uls (OMISSIS)), anch’essa in via condizionata.

Al ricorso principale resistono con controricorsi anche la Ulss (OMISSIS) in liquidazione e, con unico controricorso, la s.p.a. Assicurazioni Generali e T.P..

C., O., nonchè G., Ga. e di L. (gli ultimi tre congiuntamente) hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- I ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la tessa sentenza.

A) Il ricorso principale di C.L..

2.- Col primo motivo sono denunciate violazione e falsa applicazione della L. n. 194 del 1978, art. 6, lett. a e b, nonchè degli artt. 2 e 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo per avere la corte d’appello escluso che ricorressero i presupposti per l’interruzione immediata della gravidanza sin dalla diagnosi di gestosi, per il grave pericolo che essa comporta per la salute fisica o psichica della donna.

2.1.- Il motivo infondato.

La L. 22 maggio 1978, n. 194, concerne l’interruzione “volontaria” della gravidanza, che è volontaria quando sia la donna gravida a richiederla, come inequivocamente risulta anche dalla lettera dell’art. 5 della legge. Nella specie non si afferma da alcuno che ella avesse avanzato una richiesta in tal senso, sicchè i medici che avessero provocato l’interruzione sarebbero incorsi nel reato di cui al comma 1 dell’art. 18 della legge citata, il quale stabilisce che “chiunque cagiona l’interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la reclusione da quattro a otto anni”. A meno che non ricorresse la situazione di cui all’art. 7, comma 2, della legge, che peraltro concerne l’interruzione della gravidanza che “si renda necessaria per imminente pericolo per la vita della donna”.

Ma la sentenza da ampio conto della mancanza sia di un pericolo per la vita della paziente sia di quello di imminenti complicazioni in relazione alle sue condizioni, comunque costantemente monitorate.

Chiarisce che, invece, erano assai elevati per il feto i pericoli connessi ad una nascita prima della ventottesima settimana (la C. si trovava alla ventiseiesima settimana di gravidanza al momento del ricovero nell’ospedale di (OMISSIS)). E conclude nel senso che un atteggiamento di vigile attesa aveva dunque costituito una scelta del tutto adeguata fino all'(OMISSIS) quando, insorto l’edema polmonare alle 20,30, il taglio cesareo era stato immediatamente praticato tra le 20,40 e le 22.

3.- Col secondo motivo la sentenza è censurata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2236 c.c., e art. 43 c.p., nonchè per insufficiente e contraddittoria motivazione su due punti controversi e decisivi, per avere la corte di merito:

– a) definito “imprevedibile” e, al contempo, “rara ed improvvisa” la complicanza da edema polmonare;

– b) dato credito alle contraddittorie conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio sul fatto che il danno neurologico fosse dipeso “dalle conseguenze della gestosi di per sè e non da intempestività degli interventi medici”.

3.1.- Anche questo motivo è infondato.

Sotto il profilo della violazione di norme di diritto per le ragioni già sopra indicate.

Sotto quello del vizio della motivazione poichè, nell’ordine:

– a1) una complicanza rara (evidentemente in astratto) ben può essere imprevedibile in concreto; e che la corte d’appello abbia avuto riguardo alla situazione specifica è dimostrato dalla successiva affermazione che era stato “eseguito, con esito assolutamente negativo, il cateterismo venoso centrale, unica indagine che consentisse di prevedere l’edema polmonare”;

b1) non è sufficiente a dimostrare la contraddittorietà delle ragioni per le quali i consulenti erano addivenuti alla conclusione fatta propria dalla corte d’appello il riportare un passo di un testo inglese del 1989 (i fatti sono del 1986), del quale pure si era dato conto nella stessa consulenza, in cui si affermava che “il parto è sempre appropriato per la madre …, se si considera solo il benessere materno, il parto è appropriato per tutte le donne preeclamptiche indipendentemente dallo stadio della malattia o dall’epoca della gravidanza”.

La ricorrente si limita al rilievo che il passo è emblematico e decisivo (a pag. 28 del ricorso), ma non espone le ragioni per le quali i consulenti, che pure lo avevano riportato, non avessero condiviso le conclusioni del suo autore. Soprattutto, non si sostiene dichiaratamente in ricorso (benchè l’argomento sia in qualche modo ventilato) che, in casi come quello in esame, il medico debba totalmente prescindere dalla considerazione del benessere anche del feto ed aver riguardo sempre e soltanto a quello della madre, che pure potrebbe all’opposto desiderare di salvaguardare il più possibile il prodotto del suo concepimento.

Ma non è detto in ricorso quali fossero state le opzioni della madre, nè che vi erano state, nè che della questione la corte d’appello fosse stata in questi termini investita.

4.- Col terzo motivo – deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., ed ogni possibile tipo di vizio della motivazione su fatto controverso e decisivo -la ricorrente reitera le proprie doglianze in ordine alla condivisione da parte della corte d’appello delle conclusioni dei consulenti tecnici d’ufficio (di tutti quelli che s’erano occupati della vicenda, anche in sede penale) circa la correttezza dell’operato dei sanitari coinvolti in ordine alla decisione di non praticare immediatamente il cesareo; e ciò senza essersi fatta specifico carico degli argomentati rilievi critici mossi alla consulenza d’ufficio dal proprio consulente tecnico di parte (con elaborato recante il titolo “note critiche alla relazione di consulenza tecnica d’ufficio …, recante la data del 20.4.1998 e depositato il 5.5.1998), come avrebbe dovuto secondo l’orientamento espresso in proposito dalla corte di legittimità (sono citate Cass., nn. 11711 del 1997 e 8073 del 2004).

4.1.- E’ effettivamente consolidato l’orientamento secondo il quale il giudice non può, limitandosi a richiamare le conclusioni del consulente d’ufficio, esimersi dall’obbligo di una puntuale e dettagliata motivazione allorquando i rilievi mossi alla consulenza risultino specifici, argomentati e tali da condurre, se riconosciuti come fondati, ad una soluzione affatto diversa rispetto a quella adottata (alle sentenze citate dalla ricorrente adda, ex coeteris, Cass, nn. 10668/05, 26694/06, 4797/07 e 10688/08). Ed i rilievi del consulente di parte – riportati in ricorso alle pagine da 31 a 39 – sono certamente specifici ed argomentati.

Ma le sue conclusioni sono inequivocamente correlate all’assunto che il feto aveva scarse probabilità di sopravvivenza (20% all’epoca) e che tale “dato di fatto non avalla l’atteggiamento attendistico, anzi ne rafforza le motivazioni di censura, in quanto sposta decisamente il bilancio medico a favore della preminente salvaguardia della vita e della salute della madre”.

Omette di dire la ricorrente che i consulenti – come riportato a pag.

13 del controricorso della Usl (OMISSIS) avevano affermato, a pagina 17 della loro relazione, che sussisteva la possibilità di vita autonoma del feto e che “nella valutazione della tempistica del caso C., finchè non si realizzasse un grave pericolo per la vita della donna, non si poteva esporre il feto al grave pericolo determinato dalla prematurità, tenendo conto delle possibilità di sopravvivenza con le cure neonatali disponibili nel 1986”.

Ora, mentre la sentenza impugnata ha specificamente tenuto conto della disposizione di cui alla L. n. 194 del 1978, art. 7, comma 3 (il quale stabilisce che “quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a dell’art. 6”; e dunque “quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna”), la ricorrente ne ha totalmente prescisso, nonostante il richiamo, da parte della sentenza impugnata, di Cass., n. 6735 del 2002. La quale ha appunto chiarito che, salvo il caso di grave pericolo di vita per la donna, dopo il novantesimo giorno di gravidanza la gestante può esercitare il diritto all’aborto solo in presenza della condizione negativa costituita dall’insussistenza di possibilità di vita autonoma per il feto (nello stesso senso s’è espressa successivamente, tra le altre, Cass., n. 13 del 2010).

Nella specie sussisteva la “possibilità” (per quanto probabilisticamente scarsa) di vita autonoma del feto e non vi fu pericolo di vita per la gestante fino a quando non sopravvenne l’edema polmonare. Dunque, l’interruzione della gravidanza non sarebbe stata ex lege consentita quand’anche ella lo avesse domandato.

Il consulente di parte non aveva affermato il contrario sicchè, atteso il carattere assolutamente assorbente delle considerazioni appena svolte, una specifica motivazione che tenesse conto delle sue osservazioni critiche era superflua.

5.- Il ricorso principale va conclusivamente respinto.

B) I ricorsi incidentali.

6.- Dal rigetto del ricorso principale deriva l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato della Uls (OMISSIS) di Padova e dei tre motivi condizionati del ricorso incidentale di G. – Ga.

– L..

7.- I ricorsi incidentali O. e G. – Ga. – L., coi quali è rispettivamente denunciata violazione dell’obbligo di motivazione in ordine alla compensazione delle pese giudiziali del secondo grado e omessa o insufficiente motivazione sullo stesso punto, sono infondati.

Se certamente la disposta compensazione non può dirsi supportata dal riferimento alla causa generatrice della gestosi, del tutto irrilevante in relazione al thema decidendum, la compensazione può invece dirsi adeguatamente motivata col riferimento alla “complessità della vicenda”, che appariva obiettivamente connotata dalla soluzione del problema di fondo relativo alla relazione tra il dovere del medico di salvaguardare la salute della paziente e di tenere, al contempo, conto dell’esigenza di tutela del feto.

Anche tali ricorsi vanno pertanto respinti.

C) Conclusioni.

8.- Le spese del giudizio di cassazione seguono, invece, la soccombenza decisamente prevalente della ricorrente principale.

L’ulteriore impugnazione, siccome proposta con la prospettazione di questioni già conformemente risolte nei due gradi di merito (dalla corte d’appello con motivazione assolutamente adeguata) e del tutto prescindendo dalla disposizione di cui alla L. n. 194 del 1978, art. 7, comma 3, non consente infatti di ravvisare – pure a fronte di un caso umanamente pietoso – motivi per discostarsi dalla regola posta dall’art. 91 c.p.c..

La ricorrente va condannata alle spese anche a favore dei chiamati in causa dal convenuto O. ( G. – Ga. – L.) e dalla Uls (OMISSIS) (Assicurazioni Generali s.p.a.), essendo state le stesse provocate dalla sua infondata iniziativa processuale e non apparendo le operate chiamate in causa prive di giustificazione.

Essendo unico il controricorso depositato dai medesimi difensori per il T. e per le Assicurazioni Generali, essi vanno considerati unica controparte, così come G., Ga. e D.L..

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE riunisce i ricorsi, li rigetta e condanna C.E. al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che per ciascuna delle controparti liquida in Euro 6.200,00 di cui Euro 6.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2011

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