Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11618 del 13/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 13/05/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 13/05/2010), n.11618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, via PO n. 25/B, presso lo

studio dell’Avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresentata e difende,

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

N.S., C.A., B.I.,

elettivamente domiciliati in ROMA, piazza DEL FANTE n. 2, presso lo

studio dell’Avvocato ACCIAI COSTANZA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CERRAI UMBERTO, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1741/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 22/12/2005; R.G. N. 335 e 340/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/03/2010 dal Consigliere Dott. MAMMONE Giovanni;

uditi gli Avvocati GENTILE ed ACCIAI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’estinzione del ricorso nei

confronti di B. e per il rigetto del ricorso nei confronti

delle altre controricorrenti.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al giudice del lavoro di Lucca, D.F.C., N.S., C.A. e B.I. chiedevano che fosse dichiarata la nullita’ del termine apposto ai contratti di assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a. da loro stipulati con decorrenza dal 7.6.99 per N. e C., dall’1.10.01 per B. e dal 4.6.01 per D.F..

Rigettata la domanda e proposto appello dalle predette, la Corte d’appello di Firenze, con sentenza 20 – 22.12.05, accoglieva l’impugnazione e per tutte dichiarava l’instaurazione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato dalle date sopra indicate, con condanna del datore al pagamento delle retribuzioni arretrate.

Per quanto riguarda le posizioni di N. e C., che qui interessano, il giudice rilevava che — nell’ambito del sistema creato dalla L. n. 56 del 1987, art. 23 che aveva delegato le oo.ss. a individuare in sede di contrattazione collettiva nuove ipotesi di assunzione a termine — il contratto era stato stipulato in forza dell’art. 8 del CCNL Poste 26.11.94, come integrato dall’accordo 25.9.97 per fare fronte ad “esigente eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”. Ritenuto che lo stesso accordo fissava alla data del 31.1.98 l’esistenza della situazione di esigenza eccezionale, aziendale e che con un ulteriore accordo del 16.1.98 tale termine era stato spostato al 30.4.98, la Corte di merito riteneva che la clausola apposta ai due contratti fosse nulla, in quanto intervenuta in un momento in cui era cessata la legittimazione conferita dalla contrattazione collettiva per quel tipo di clausola.

Quanto alle conseguenze economiche, la Corte di merito statuiva che il datore corrispondesse le retribuzioni arretrate dalla data di espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione.

Avverso questa sentenza Poste Italiane s.p.a. propone ricorso per Cassazione limitatamente alle posizioni di N., C. e B., le quali si difendono con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Poste Italiane s.p.a. ha depositato una dichiarazione, debitamente sottoscritta dal procuratore della societa’ ricorrente e dal suo difensore, ai sensi dell’art. 390 c.p.c., comma 2, con la quale la societa’ ha rinunciato al ricorso nei confronti di B. per intervenuta transazione in sede sindacale. Essendo stata la dichiarazione ritualmente notificata alla controparte ai sensi citato art. 390 c.p.c., comma 3 il giudizio deve essere dichiarato estinto ai sensi del successivo art. 391 c.p.c..

Tenuto conto del contenuto dell’accordo transattivo intervenuto tra le parti, costituente il presupposto della rinuncia al ricorso, e’ conforme a giustizia compensare integralmente tra le suddette parti le spese del giudizio di cassazione.

Passando alle posizioni di N. e C., il ricorso di Poste Italiane puo’ essere sintetizzato come segue.

Con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione della L. n. 56 del 1987, art. 23 in quanto il giudice di merito assegnerebbe indebitamente natura eccezionale all’ipotesi di contratto a termine prevista della contrattazione collettiva applicativa di detta norma di legge, tanto da ravvisare l’esigenza di limitarne temporalmente l’efficacia.

Con il secondo motivo e’ dedotta violazione dell’art. 1362 c.c. e carenza di motivazione in quanto lo stesso giudice avrebbe ritenuto non rilevante l’accordo collettivo 18.1.01, avendone limitato la portata a mera funzione di legittimazione a posteriori dei contratti a termine stipulati successivamente alla scadenza del limite temporale del 30.4.98, dopo il quale era venuta meno la legittimazione autorizzatoria della contrattazione collettiva.

Con il terzo motivo Poste Italiane deduce omessa motivazione a proposito dell’eccezione di aliunde perceptum da essa formulata in sede di merito, non avendo il giudice proceduto alla sua valutazione in termini concreti.

Come gia’ accennato in narrativa, le due ricorrenti furono assunte a termine a decorrere dal 7.6.99 ai sensi dell’art. 8 del CCNL 26.11.94, come integrato dall’accordo 25.9.97, per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, quale condizione per la trasformazione della natura giuridica dell’Ente ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”.

Partendo dalla disamina dei primi due motivi di ricorso, da trattare in unico contesto in ragione del loro evidente collegamento, e’ necessario premettere un richiamo alla giurisprudenza di questa Corte in punto di rapporti tra la L. n. 56 del 1987, art. 23 e la contrattazione collettiva regolatrice del rapporto di lavoro dei dipendenti postali.

La costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., in particolare, Cass. 26.7.04 n. 14011, 7.3.05 n. 4862), specificamente riferita ad assunzioni a termine di dipendenti postali previste dall’accordo integrativo 25 settembre 1997, ritiene che l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987, ex art. 56 del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962 discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessita’ del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessita’ di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato.

Questa Corte (v., ex plurimis, Cass. 23.8.06 n. 18378), ha confermato le sentenze dei giudici di merito che hanno dichiarato illegittimo il termine apposto dopo il 30 aprile 1998 a contratti stipulati in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997, che ha consentito l’apposizione del termine, oltre che alle fattispecie gia’ previste dall’art. 8 del CCNL 26.11.94, anche nella evenienza di esigente eccezionali, conseguenti alla fase di ristrutturazione ecc …. Si e’ ritenuto, infatti, che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nel demandare alla contrattazione collettiva la possibilita’ di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 nonche’ dal D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis conv. dalla L. 15 marzo 1983, n. 79 — nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (v.

S.u. 2.3.06 n. 4588).

Dato che in forza di tale delega le parti sindacali hanno individuato, quale nuova ipotesi di contratto a termine, quella di cui al citato accordo integrativo del 25.9.97, la giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto corretta l’interpretazione dei giudici di merito che, con riferimento al distinto accordo attuativo sottoscritto in pari data ed al successivo accordo attuativo sottoscritto in data 16.1.98, ha ritenuto che con tali accordi le parti abbiano convenuto di riconoscere la sussistenza fino al 31.1.98 (e poi in base al secondo accordo attuativo, fino al 30.4.98), della situazione di cui al citato accordo integrativo, con la conseguenza che per far fronte alle esigenze derivanti da tale situazione l’impresa poteva procedere (nei suddetti limiti temporali) ad assunzione di personale straordinario con contratto tempo determinato. Da cio’ deriva che deve escludersi la legittimita’ dei contratti a termine stipulati per il soddisfacimento di esigente eccezionali ecc. dopo il 30 aprile 1998, in quanto privi di presupposto normativo.

La giurisprudenza ha, altresi’, ritenuto corretta, nella ricostruzione della volonta’ delle parti come operata dai giudici di merito, l’irrilevanza attribuita all’accordo 18.1.01 in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla scadenza dell’ultima proroga, e cioe’ quando il diritto del soggetto si era gia’ perfezionato.

Ammesso che le parti avessero espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi precedenti, con effetti comunque di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate senza la copertura dell’accordo 25.9.97 (scaduto in forza degli accordi attuativi), la suddetta conclusione e’ comunque conforme alla regula iuris dell’indisponibilita’ dei diritti dei lavoratori gia’ perfezionatisi, dovendosi escludere che le parti stipulanti avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico, secondo la disciplina nel D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non piu’ legittimi per effetto della durata in precedenza stabilita (vedi, per tutte, Cass. 12.3.04 n. 5141).

Il giudice di merito ha fatto applicazione dei suddetti principi e, considerato che il contratto in considerazione era motivato dal soddisfacimento di esigente eccezionali eco: ed era riferito a periodo successivo al 30.4.98, ha ritenuto nullo il termine ad esso apposto ed ha dichiarato che dall’inizio dello stesso decorre il rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Essendo tale pronunzia conforme alla giurisprudenza di questa Corte, i primi due motivi debbono essere ritenuti infondati.

Quanto al terzo motivo di ricorso, non sussiste la carenza di motivazione dedotta dalla ricorrente.

Il giudice di merito, infatti, ha rilevato che sarebbe stato onere del datore di lavoro allegare dati di fatto e circostanze a fondamento dell’eccezione in punto di percezione di reddito da parte delle lavoratrici successivamente alla cessazione del rapporto, in modo tale da attivare – ove ritenuto necessario — i poteri istruttori di ufficio riconosciuti dall’ordinamento.

Tale motivazione appare congrua e non illogica e neppure da luogo al vizio di omesso esame delineato in ricorso, atteso che il motivo di appello proposto sul punto risulta esaurientemente esaminato.

Il ricorso, quanto alle posizioni di N. e C. e’ in definitiva infondato e deve essere rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo, per dette ricorrenti seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso nei confronti di N. e C. e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 13,00 per esborsi ed in Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa. Dichiara estinto il giudizio nei confronti di B. e compensa tra le parti le spese di giudizio relative.

Cosi’ deciso in Roma, il 25 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2010

 

 

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