Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11618 del 04/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 04/05/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 04/05/2021), n.11618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21419-2015 proposto da:

A.A. E G. SPA, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DARDANELLI 13, presso lo studio dell’avvocato EDUARDO

GREGORACI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

EMANUELA FERRELLI;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE I di ROMA, in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3290/2014 della COMM. TRIB. REG. LAZIO,

depositata il 16/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella cartiera di consiglio del

28/01/2021 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– la A. e G.A. S.p.A. impugnava l’avviso di rettifica e liquidazione col quale l’Agenzia delle Entrate aveva accertato il maggior valore, rispetto a quello dichiarato nell’atto di compravendita, di un complesso edilizio acquistato dalla società;

la C.T.P. di Roma accoglieva il ricorso e annullava l’avviso;

proposto appello da parte dell’Agenzia, la C.T.R. Lazio, con la sentenza n. 3290/22/14 del 16/5/2014, nella motivazione affermava che, “esaminati gli atti, riferiti agli immobili nella loro significativa dimensione, rappresentata da un ampio e consistente immobile, con un terreno circostante, sito in una posizione qualificata e panoramica, l’insieme concorre a ritenere adeguata emessa dall’Agenzia delle Entrate. Pertanto, in riforma della precedente sentenza, dichiara equo l’operato dell’Ufficio e rigetta l’appello” e nel dispositivo ribadiva “rigetta l’appello”;

– successivamente adita dall’Agenzia delle Entrate, con ordinanza n. 90/22/15 del 5/2/2015, la medesima C.T.R. disponeva la correzione dell’errore materiale contenuto nella predetta sentenza sostituendo alle frasi “l’insieme concorre a ritenere adeguata emessa dall’Agenzia delle Entrate. Pertanto, in riforma della precedente sentenza, dichiara equo l’operato dell’Ufficio e rigetta l’appello” le proposizioni “l’insieme concorre a ritenere adeguata la stima emessa dall’Agenzia delle Entrate. Pertanto, in riforma della precedente sentenza, dichiara equo l’operato dell’Ufficio e conseguentemente accoglie l’appello principale proposto dall’Ufficio e rigetta quello incidentale proposto dalla società contribuente”; il dispositivo “rigetta l’appello” era sostituito con “accoglie l’appello principale proposto dall’Ufficio e rigetta quello incidentale proposto dalla società contribuente”;

– avverso quest’ultima decisione la A. e G.A. S.p.A. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 2/9/2015, fondato su cinque motivi;

– l’Agenzia delle Entrate non ha notificato controricorso, ma ha depositato memoria per la partecipazione all’udienza di discussione;

– la società ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Col primo motivo (che, in difetto di uno specifico riferimento nel ricorso, pare formulato con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) la società deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 287 c.p.c., per avere la C.T.R. accolto l’istanza di correzione di errore materiale quando, in realtà, la sentenza conteneva un contrasto tra motivazione e dispositivo da denunciarsi con impugnazione per cassazione della pronuncia.

La censura è infondata.

Se è vero che il procedimento di correzione di errore materiale non può essere impiegato per emendare un contrasto insanabile tra la motivazione e il dispositivo della sentenza (tra le altre, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 5939 del 12/03/2018, Rv. 647850-01), si deve riscontrare un errore materiale, emendabile con la procedura prevista dall’art. 287 c.p.c. (applicabile anche nel procedimento dinanzi alle commissioni tributarie) e non denunciabile con l’impugnazione della sentenza, quando il contrasto non incide sull’idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 22433 del 26/09/2017, Rv. 646132-01; nello stesso senso, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 12846 del 14/05/2019, Rv. 654247-01, e Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 26074 del 17/10/2018, Rv. 651108-01).

Nella fattispecie in esame, si evince dalla lettura della motivazione della sentenza che la C.T.R. ha univocamente riconosciuto “equo l’operato dell’Ufficio” in base alle caratteristiche dell’immobile compravenduto (tali da far ritenere adeguato il maggior valore individuato), costituendo, quindi, inequivoco frutto di errore materiale la statuizione di conferma della sentenza impugnata.

2. Col secondo motivo (anch’esso privo di specifico riferimento nel ricorso, ma riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4) si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 287 c.p.c., in quanto il collegio dell’ordinanza di correzione aveva una composizione diversa rispetto a quella della sentenza, essendo stato sostituito il componente che aveva svolto le funzioni di relatore della sentenza.

La censura è infondata.

Infatti, come già statuito da questa Corte, “Il procedimento di correzione degli errori materiali o di calcolo, previsto dagli artt. 287 e 288 c.p.c., è diretto a porre rimedio ad un vizio meramente formale della sentenza, derivante da divergenza evidente e facilmente rettificabile tra l’intendimento del giudice e la sua esteriorizzazione, con esclusione di tutto ciò che attiene al processo formativo della volontà. Coerentemente, detto procedimento, ed il provvedimento mediante il quale la sentenza può essere corretta, hanno natura amministrativa, sicchè, al riguardo, non opera il principio della immutabilità del giudice, di cui all’art. 276. c.p.c., dovendosi intendere il riferimento di cui all’art. 287 alla correzione effettuata dallo “stesso giudice” nel senso di “stesso ufficio giudiziario”, senza che rilevi la persona fisica del magistrato che ha pronunciato il provvedimento.” (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n. 1207 del 22/01/2015, Rv. 633960-01).

3. Con gli altri motivi la ricorrente prospetta: violazione e falsa applicazione dell’art. 360-bis c.p.c., comma 2, in ragione dell’illegittimità del procedimento ex art. 287 c.p.c., erroneamente ritenuto ammissibile dalla C.T.R., e dell’ingiustizia derivatane alla parte che aveva omesso di impugnare la pronuncia (terza censura); “violazione del principio che vieta il contrasto di giudicati”, poichè un’altra pronuncia della C.T.R. – avente, asseritamente, “identico oggetto” – avrebbe statuito in favore della parte contribuente (quarta censura); “difetto di motivazione ed omesso esame di fatti decisivi per la decisione”, in quanto la C.T.R. avrebbe omesso di pronunciarsi sui vari motivi dell’appello incidentale, inclusa la compensazione delle spese in primo grado (quinta censura).

Oltre a non essere univocamente riconducibili ad alcuno dei vizi denunciabili col ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., i predetti motivi sono inammissibili perchè la ricorrente:

– ha inspiegabilmente dedotto, per giunta in modo generico, la violazione, da parte del giudice del merito, dell’art. 360-bis c.p.c., norma che riguarda esclusivamente il giudizio di legittimità e non l’appello innanzi alla C.T.R.;

– in violazione dell’art. 366 c.p.c., ha invocato un giudicato esterno senza fornire una chiara illustrazione dell’oggetto del giudizio conclusosi innanzi alla C.T.R. del Lazio e una spiegazione della sua pretesa incidenza nel presente giudizio; a ciò si aggiunge che l’esistenza del giudicato esterno non può essere dedotta nel giudizio di legittimità se il giudicato è intervenuto nelle more del giudizio d’appello senza tempestiva deduzione in quella sede (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 25401 del 17/12/2015, Rv. 638205-01; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 21170 del 19/10/2016, Rv. 641470-01) e che, comunque, la sentenza di appello pronunciata in difformità da tale giudicato va impugnata col ricorso per revocazione e non con quello per cassazione (Cass., Sez. U, Sentenza n. 21493 del 20/10/2010, Rv. 614451-01; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22506 del 04/11/2015, Rv. 637074-01);

– ha prospettato censure alla sentenza della C.T.R. riproponendo i integralmente i motivi del prioprio appello incidentale (peraltro, basati su circostanze di fatto) senza considerare la natura di critica vincolata dell’impugnazione di legittimità.

4. In conclusione, il ricorso della A. e G.A. S.p.A. va respinto.

Non occorre provvedere sulle spese attesa la indefensio dell’Agenzia intimata.

5. Tuttavia, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2021

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