Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11614 del 13/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 13/05/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 13/05/2010), n.11614

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

BANCA POPOLARE S. ANGELO soc. coop. p.a., in persona del suo

presidente, elettivamente domiciliata in ROMA, Circonvallazione

CLODIA 36/A, presso lo studio dell’Avvocato PISANI FABIO,

rappresentata e difesa dall’Avvocato EQUIZZI AGOSTINO, giusta delega

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

F.V., elettivamente domiciliato in ROMA, via PO 25/B,

presso lo studio dell’Avvocato SIGILLO’ MASSARA GIUSEPPE, che lo

rappresenta e difende unitamente all’Avvocato SIGILLO’ VINCENZO,

giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

ISTITUTO NAZIONALE PER LA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, elettivamente

domiciliato in ROMA, via DELLA FREZZA n. 17, presso lo studio

dell’Avvocato CORRERA FABRIZIO, che lo difende unitamente agli

Avvocati SGROI ANTONINO e CORETTI ANTONIETTA per procura in calce al

ricorso;

– resistente –

avverso la sentenza n. 285/2006 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata in data 08/05/2006; R.G.N. 1742/20371;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/03/2010 dal Consigliere Dott. MAMMONE Giovanni;

udito l’Avvocato PISANI per delega A. Equizzi;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che si e’ riportato alla relazione scritta.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Con ricorso al giudice del lavoro di Agrigento F.V., dipendente della Banca Popolare Sant’Angelo con inquadramento di commesso chiedeva il riconoscimento delle superiori mansioni di impiegato da lungo tempo di fatto esercitate e il conseguente inquadramento nella (OMISSIS) area professionale, (OMISSIS) livello, del CCNL di categoria, nonche’ il pagamento di differenze retributive.

Chiedeva, inoltre la condanna del datore alla regolarizzazione della sua posizione contributiva presso l’INPS. Accolta la domanda limitatamente al superiore inquadramento (a decorrere dal luglio 1994) ed all’indennita’ di reperibilita’, l’Istituto di credito proponeva appello lamentando l’erroneita’ di detto riconoscimento e dell’attribuzione dell’indennita’. Il F. con appello incidentale chiedeva l’accoglimento della domanda di regolarizzazione contributiva.

Con sentenza 23.2 – 8.5.06 la Corte d’appello di Palermo accoglieva in parte l’impugnazione principale – fissando la decorrenza dell’inquadramento superiore dal gennaio 1995 – ed integralmente quella incidentale condannando la Banca al pagamento dei contributi nei limiti della prescrizione.

Proponeva ricorso per Cassazione l’Istituto di credito con due motivi: a) violazione degli artt. 2697, 2103 e 1362 c.c., nonche’ degli artt. 15 e 163 del CCNL 19.12.94 per il personale dipendente dalle aziende del credito; b) violazione degli artt 2099, 2103, 2697 e 1362 c.c., nonche’ degli artt. 10 del CCNL 23.11.90 e 76 del CCNL 19.12.94, e violazione dell’art. 112 c.p.c.; nella sostanza contestando la lettura della norma collettiva fatta dal giudice di merito e, in subordine, il riconoscimento dell’indennita’ di reperibilita’.

Rispondeva con controricorso il F.. L’INPS depositava procura.

Il consigliere relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. che e’ stata comunicata al Procuratore generale ed e’ stata notificata ai difensori costituiti.

La ricorrente ha depositato memoria.

Il ricorso e’ improcedibile.

I motivi di ricorso dedotti implicano la verifica del testo di alcuni contratti collettivi nazionali. Circa la completezza del contenuto delle norme contrattuali interessate non si ha certezza in quanto i testi contrattuali non sono allegati al ricorso, nonostante l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, a pena di improcedibilita’, imponga al ricorrente di depositare assieme al ricorso anche “gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda”.

Il ricorrente ha prodotto in allegato al ricorso solo i fascicoli di parte del primo e secondo grado, l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio e la copia della sentenza impugnata, cosi’ non adempiendo all’obbligo di legge, essendo le norme contrattuali prodotte per estratto ed in allegato al ricorso di primo grado.

La produzione non e’ sufficiente ad ottemperare al disposto della norma sopra indicata, la quale impone che i contratti e gli accordi collettivi siano depositati “con il ricorso”, ovvero in documento – autonomo rispetto a quanto contenuto nei fascicoli (di parte e di ufficio) del primo e del secondo grado – allegato al ricorso, al pari di tutti gli altri documenti indicati nell’art. 369 c.p.c., comma 2 (ovvero: 1. decreto di concessione del gratuito patrocinio, 2. copia autentica della sentenza o della decisione impugnata, 3. procura speciale).

Tale interpretazione della norma e’ conforme all’orientamento consolidato di questa Corte, la quale ritiene che il documento possa essere depositato separatamente dal ricorso ex art. 372 c.p.c. (che consente il deposito autonomo di documenti riguardanti l’ammissibilita’ del ricorso e che estensivamente puo’ applicarsi anche ai documenti concernenti la procedibilita’ del ricorso stesso), ma non consente di evitare la sanzione dell’improcedibilita’ mediante equipollenti, quali il deposito da parte del controricorrente di copia del documento e l’esistenza del medesimo nel fascicolo d’ufficio (Sezioni unite, 25.11.98 n. 11932, a proposito del mancato deposito della sentenza impugnata).

Il Collegio, dunque, ove pure rilevasse la presenza dei contratti ed accordi collettivi nei fascicoli del giudizio di merito, in ogni caso non potrebbe procedere al loro esame, non essendo essi depositati ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4.

Il ricorso e’, dunque, improcedibile.

Quanto alle spese del giudizio di legittimita’, la condanna come da dispositivo segue la soccombenza nei confronti del F.; nulla deve, invece, statuirsi quanto all’INPS, che ha depositato la procura ma non ha svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara improcedibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese nei confronti del F., che liquida in Euro 25,00 per esborsi ed in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00) per onorari, oltre spese generali, Iva e Cpa. Nulla per le spese nei confronti dell’INPS. Cosi’ deciso in Roma, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2010

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