Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11605 del 13/05/2010

Cassazione civile sez. III, 13/05/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 13/05/2010), n.11605

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

SO.GE.M. GENERALE ESTRATTIVA MERIDIONALE S.U.R.L. (OMISSIS) in

persona dell’Amministratore Unico e legale rappresentante p.t. Sig.

I.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA

227, presso lo studio dell’avvocato IASONNA STEFANIA, rappresentata e

difesa dall’avvocato PROCACCINI ERNESTO giusta delega a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

D.V.G. (OMISSIS);

– intimato –

e sul ricorso n. 5277/2006 proposto da:

D.V.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE

ALPI 30, presso lo studio dell’avvocato CAIANIELLO SALVATORE,

rappresentato e difeso dall’avvocato CORVINO UMBERTO giusta delega in

calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

SOGEM GENERALE ESTRATTIVA MERIDIONALE S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1576/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

SEZIONE TERZA CIVILE, emessa il 20/5/2005, depositata il 14/06/2005,

R.G.N. 2372/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/04/2010 dal Consigliere Dott. AMATUCCI Alfonso;

udito l’Avvocato GIOVANNI ATTINGENTI per delega dell’Avvocato ERNESTO

PROCACCINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbitoli ricorso incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza n. 1956 del 2000 il tribunale di S. Maria Capua Vetere, decidendo sulla domanda proposta dal locatore D.V. G. il 20.3.1990, accerto’ la complessiva entita’ dei “canoni aggiornati” dovuti dalla SOGEM s.r.l. (conduttrice di un’area antistante una cava, locata per consentirne una migliore utilizzazione) dal luglio del 1980 al gennaio del 1992 e la condanno’ a corrispondere la maggior somma di circa L. 41 milioni, oltre agli accessori, rispetto a quanto gia’ versato. Il tribunale ritenne, in particolare, che fosse valida la clausola di adeguamento del canone in base alla variazione dei prezzi dei materiali calcarei e lapidei.

La sentenza passo’ in giudicato.

2.- Con ricorso del 16.7.2001 il locatore promosse un nuovo giudizio innanzi al medesimo tribunale domandando che la conduttrice fosse condannata, per le stesse ragioni, al versamento delle somme corrisposte in meno da gennaio del 1992 al luglio del 2001. La convenuta resistette, eccependo la prescrizione e deducendo la nullita’ della predetta clausola.

Con sentenza n. 650 del 2003 il tribunale, determinati i canoni dovuti per effetto della menzionata indicizzazione, condanno’ la conduttrice SOGEM al pagamento della differenza di Euro 38.750,78.

L’appello di SOGEM e’ stato rigettato dalla corte d’appello di Napoli con sentenza n. 1576 del 2005 sui rilievi che la validita’ della clausola era stata accertata tra le parti con sentenza passata in giudicato e che, per piu’ ragioni, la prescrizione non era maturata.

3.- Avverso detta sentenza ricorre per Cassazione SOGEM s.r.l., affidandosi a due motivi illustrati anche da memoria riproduttiva del contenuto del ricorso.

Resiste con controricorso il D.V., che propone anche ricorso incidentale condizionato, fondato su un unico motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- I ricorsi vanno riuniti, essendo proposti avverso la stessa sentenza.

2.- Col primo motivo di ricorso sono dedotti violazione e falsa applicazione dell’art. 2943 c.c. e segg. degli artt. 99, 112, 115 e 163 c.p.c., nonche’ ogni possibile tipo di vizio della motivazione ed omesso esame di un punto decisivo.

Sostiene il ricorrente che erroneamente la corte aveva ritenuto che la pendenza del precedente giudizio avesse interrotto la prescrizione per i canoni (anteriori al 1997) per i quali la prescrizione era stata eccepita in quello presente, giacche’ quel giudizio si riferiva solo ai crediti relativi e poiche’ di quei crediti era stato chiesto solo l’accertamento e non l’adempimento. Analogo effetto non poteva riconoscersi neppure alle lettere raccomandate cui s’era riferita la corte d’appello, perche’ esse non concernevano il credito di cui si discute (come questa Corte avrebbe potuto accertare mediante il diretto esame delle stesse) e si riferivano solo genericamente a “danni canoni non corrisposti e pretese indennita’”.

2.1.- Il motivo e’ inammissibile.

La ricorrente non si fa adeguatamente carico delle autonome rationes decidendi della sentenza impugnata – in se stesse idonee a sorreggere la decisione – secondo le quali, nel precedente giudizio protrattosi fino al 22.12.2000, erano stati posti in essere atti “contenenti una non equivoca domanda di adempimento” e che “in relazione al periodo 1992 – 97 risultano agli atti prodotti dal ricorrente le raccomandate aventi evidenti effetto interruttivo con le quali quest’ultimo accettava la somma corrispostagli dalla SOGEM s.r.l. con riserva di quanto effettivamente dovuto per danni”.

Ora, che tali atti e richieste non corrispondessero al paradigma di cui all’art. 2943 c.c. avrebbe dovuto essere addotto dalla ricorrente, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, non gia’ rimettendone alla Corte di Cassazione la constatazione mediante la diretta ricerca nella documentazione del processo, ma di tale documentazione riferendo in ricorso il contenuto.

Segnatamente alla luce dell’affermazione della stessa ricorrente che le richieste si riferivano a “danni canoni non corrisposti e pretese indennita’”, e dunque a crediti evidentemente connessi alla prestazione cui e’ tenuto il conduttore.

Tanto si attaglia anche al contenuto delle domande svolte nel precedente giudizio, tra l’altro risoltosi con una condanna, sicche’ e’ del tutto evidente che non si trattava di richiesta di mero accertamento. Nella parte in cui la censura potrebbe essere intesa nel senso che la richiesta di condanna non puo’ concernere un credito futuro, la disamina del problema si rivela superflua in relazione a quanto gia’ osservato in ordine alle due, ulteriori, diverse ragioni poste dalla corte territoriale a fondamento della decisione e, come s’e’ detto, autonomamente sufficienti a sostenerla.

3.- Col secondo motivo la sentenza e’ censurata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1571 c.c. e segg., dell’art. 2909 c.c., degli artt. 99, 112, 115 c.p.c. e della L. n. 392 del 1978, nonche’ per ogni possibile vizio della motivazione e per omesso esame di un punto decisivo, in relazione all’affermazione della corte d’appello relativa all’efficacia di giudicato esterno in ordine alla validita’ della clausola di indicizzazione.

Vi si sostiene che il giudicato non era stato invocato dal D. V., che non aveva manifestato la volonta’ di avvalersene, essendo all’uopo insufficiente il suo richiamo in ricorso del dispositivo della precedente sentenza ed il deposito della stessa.

3.1.- Anche tale censura e’ inammissibile per due concomitanti ragioni.

La prima e’ che il presupposto di fatto da cui muove e’ in assoluto contrasto con quanto affermato dalla corte d’appello a pagina 9 della ricorso, ottava e nona riga, dove si legge: n. 1) il giudicato esterno (nella specie) fu espressamente fatto valere dall’attore che lo ha invocato in ricorso”. E va detto che, se cosi’ non fosse stato, la ricorrente avrebbe dovuto dolersene col mezzo della revocazione e non del ricorso per Cassazione, in quanto si sarebbe trattato di un errore percettivo.

La seconda ragione e’ correlata al rilievo che la ricorrente totalmente prescinde dalla ulteriore ratio decidendi, addirittura assorbente e non fatta oggetto di censura, costituita dalla affermata rilevabilita’ d’ufficio del giudicato esterno, secondo quanto ritenuto da Cass., nn. 5886/98 e 5440/03 (cosi’ la sentenza impugnata, a pagina 9, decima ed undicesima riga).

3.- Il ricorso principale e’ respinto. Quello incidentale condizionato rimane conseguentemente assorbito.

Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza della ricorrente principale.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale e condanna la ricorrente principale alle spese, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori dovuti per legge.

Così deciso in Roma, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2010

 

 

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