Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11601 del 04/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 04/05/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 04/05/2021), n.11601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10318/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

CASCINA TERZA S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentato e difeso dall’Avv. Gregorio Equizi, elettivamente

domiciliato in Roma, via della Conciliazione n. 44, presso lo studio

del difensore;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Abruzzo, n. 10/5/2012 depositata il 28 febbraio 2012, non

notificata. Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale

dell’11. novembre 2020 dal consigliere Pierpaolo Gori.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Abruzzo veniva rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di L’Aquila n. 103/04/2009 la quale, a sua volta, aveva accolto il ricorso – compensando le spese – proposto da Cascina Terza S.r.l. contro un avviso di accertamento per II.DD. e IVA per l’anno di imposta 2005, emesso nel quadro di un accertamento analitico induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d).

– La CTP riteneva non applicabile retroattivamente il D.L. n. 223 del 2006, negando così che l’Ufficio potesse procedere a rettifica automatica per effetto della riscontrata discrasia tra importo dichiarato nel contratto di compravendita di alcuni cespiti immobiliari e il valore normale dei beni, nonostante il fatto che il prezzo dichiarato fosse inferiore alle somme mutuate oggetto di mutuo ipotecario collegato, decisione confermata dal giudice d’appello.

– Avverso la decisione propone ricorso l’Agenzia delle Entrate per due motivi, cui replica la contribuente con controricorso che illustra con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., per aver la CTR ritenuto non ammissibile l’applicazione retroattiva del D.L. n. 223 del 2006, da parte dell’Ufficio e che ciò fosse assorbente, senza considerare che tale interpretazione – pure difesa dall’Ufficio – non era comunque decisiva, dal momento che le riprese ad imposizione erano fondate su una serie di elementi presuntivi richiamati nell’atto impositivo, riproposti in appello e riprodotti nel ricorso per cassazione, su cui il giudice di appello ha omesso totalmente di pronunciarsi.

– La contribuente eccepisce l’inammissibilità del motivo per indebita richiesta di rivalutazione del merito, su cui insiste nella memoria autorizzata nella quale si introduce per la prima volta anche il tema della novità della questione. L’eccezione è destituita di fondamento, dal momento che nel mezzo si prospetta una grave violazione della legge processuale da parte della sentenza d’appello che, cronologicamente, non poteva essere contenuta nell’atto introduttivo dell’appello, violazione inoltre che, se fondata, determinerebbe la nullità della sentenza, indipendentemente dalla valutazione del fatto.

– Con il secondo motivo l’Agenzia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – censura la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 9, come modificati dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, commi 2, 3, 4 e 23-bis, convertiti con modificazioni dalla L. n. 248 del 2006, e dalla legge Comunitaria n. 88 del 2009, art. 24, comma 4, lett. f), sotto un duplice profilo: in primo luogo per la ritenuta retroattività del D.L. n. 223 del 2006, e, in secondo luogo, perchè comunque il D.L. n. 41 del 1995, art. 15, nel testo vigente all’epoca della stipula degli atti di compravendita prevedeva la possibilità di fondare l’accertamento analitico-induttivo qualora da atti e documenti fosse emersa la prova dell’esistenza di un corrispettivo maggiore, dato non considerato dalla CTR.

– Nel corpo del controricorso si eccepisce la novità della questione oggetto del secondo profilo del secondo motivo articolato in controricorso, e l’essere la questione diretta ad una indebita rivalutazione del merito. Va nondimeno dismessa l’eccezione di inammissibilità del secondo profilo del secondo motivo articolata in controricorso, in quanto la deduzione dell’Agenzia non è nuova, trova ricognizione nella parte di appello riprodotta alle pagg.10-12 del ricorso, e attiene alla necessità per la CTR, indipendentemente dalla questione della retroattività o meno del D.L. n. 223 del 2006, di prendere in considerazione gli elementi ritenuti idonei dall’Agenzia a fondare presunzioni semplici a sostegno dell’accertamento analitico induttivo disposto nel caso di specie.

– I motivi possono essere affrontati congiuntamente in quanto connessi, e sono parzialmente fondati, nei limiti che seguono. Va ribadito che “Le presunzioni legali relative di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, come introdotte dal D.L. n. 223 del 2006, conv. dalla L. n. 248 del 2006, secondo cui, in caso di cessioni aventi ad oggetto beni immobili, l’importo dei ricavi ai fini delle imposte dirette, o l’ammontare delle operazioni imponibili ai fini IVA, si presumono corrispondenti al valore normale del bene immobile ceduto, non hanno efficacia retroattiva, secondo quanto espressamente disposto dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 265, con la conseguenza che, per gli atti di compravendita di immobili anteriori alla data del 4 luglio 2006, lo scostamento dei corrispettivi dichiarati rispetto al valore normale dei cespiti, desunto da una perizia di stima dell’Agenzia del territorio, non costituisce una presunzione legale relativa di percezione di un maggior corrispettivo, bensì una presunzione semplice, da valutare unitamente ad altri elementi che ne confermino la gravità, precisione e concordanza.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 33261 del 21/12/2018, Rv. 652149 – 01). Erra pertanto l’Agenzia nel prospettare e ribadire la tesi della retroattività dell’efficacia di presunzione legale dello scostamento dei corrispettivi dichiarati rispetto al valore normale dei cespiti, introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, convertito con modificazioni in L. n. 248 del 2006. Sul punto correttamente la CTR rigetta tale esito ermeneutico, e ritiene la novella normativa non applicabile alla fattispecie ratione temporis, in quanto riferita all’anno di imposta 2005. Tuttavia, vengono in rilievo gli elementi di fatto accertati dalla stessa CTR, tra cui vi sono non solo lo scostamento tra prezzo dichiarato nel rogito e valore normale, ma anche il fatto che il prezzo dichiarato fosse inferiore alla somma oggetto del mutuo ipotecario collegato, chiaro indice della necessità di un rapporto di provvista superiore al prezzo dichiarato, senza che la contribuente abbia allegato e dimostrato ulteriori destinazioni finali. Per giurisprudenza costante di questa Corte sulla base del quadro normativo vigente al tempo delle riprese tali elementi sono idonei a fondare presunzioni ai fini dell’accertamento analitico-induttivo.

– Infatti, “In tema di IVA, in caso di cessione di beni immobili, ai fini della determinazione della base imponibile, il D.L. n. 41 del 1995, art. 15, conv. in L. n. 85 del 1995 (applicabile “ratione temporis”) deve essere interpretato nel senso che qualora il corrispettivo indicato nell’atto di compravendita sia inferiore al valore catastale, può essere emesso avviso di rettifica sulla base di elementi di natura documentale ovvero se lo scostamento tra corrispettivo dichiarato e valore di mercato integra una presunzione grave, precisa e concordante.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 23379 del 19/09/2019, Rv. 655079 – 01). Non vi sono elementi per discostarsi nel caso di specie dai richiamati principi giurisprudenziali e, conseguentemente, va cassata la sentenza della CTR che si limita a ritenere non applicabile la L. n. 223 del 2006, senza confrontarsi con gli elementi di fatto, riprodotti per autosufficienza in ricorso e di cui anche il giudice di appello parzialmente dà conto, per valutare la loro idoneità in concreto a fondare presunzioni gravi precise e concordanti.

– In conclusione, il ricorso principale va accolto, nei limiti di cui in motivazione, e la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla CTR dell’Abruzzo, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR dell’Abruzzo, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2021

 

 

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