Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11600 del 13/05/2010

Cassazione civile sez. III, 13/05/2010, (ud. 15/04/2010, dep. 13/05/2010), n.11600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA TRIONFALE 5697, presso lo studio dell’avvocato BATTISTA

DOMENICO, rappresentato e difeso dall’avvocato GALASSO MERCURIO con

studio in PESCARA, VIA SALLUSTIO 2010 giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

B.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 288, presso lo studio dell’avvocato PETRASSI

MAURO, rappresentato e difeso dall’avvocato BRASILE LUIGI giusta

delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

M.A. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 76/2006 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

emessa il 2/2/2006, depositata il 27/02/2006, R.G.N. 330/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/04/2010 dal Consigliere Dott. AMENDOLA Adelaide;

udito l’Avvocato DOMENICO BATTISTA per delega dell’Avvocato MERCURIO

GALASSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per l’accoglimento p.q.r. del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’iter processuale puo’ essere cosi’ ricostruito sulla base della sentenza impugnata.

Con citazione notificata il 23 marzo 2001 M.A. conveniva innanzi al Tribunale di Vasto B.C. al fine di sentirlo condannare a risarcirle i danni subiti all’epoca in cui era locataria di un appartamento di proprieta’ del B. sito in (OMISSIS).

Il convenuto chiamava in causa G.A., chiedendo che lo stesso fosse condannato a rimborsargli le somme eventualmente dovute alla B..

Questi, costituitosi in giudizio, eccepiva l’inammissibilita’ della chiamata per essere il B. decaduto dalla relativa facolta’ nonche’, contestualmente, l’erroneita’ del rito.

Il giudice adito ne disponeva quindi il cambiamento, assegnando alle parti termine per il deposito di scritti integrativi.

Nella propria memoria il B. reiterava la richiesta di chiamata in causa del terzo.

Con sentenza depositata il 22 febbraio 2002 il Tribunale di Vasto dichiarava B.C. decaduto dalla relativa facolta’.

Proponeva gravame il B. e la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza depositata il 27 febbraio 2006, dichiarava la legittimita’ della chiamata in causa di G.A., rimettendo la causa al primo giudice, ex art. 354 c.p.c..

Avverso detta pronuncia propone ricorso per Cassazione, illustrato anche da memoria.

G.A., articolando due motivi e notificando l’atto ad M.A. e a B.C..

Solo quest’ultima ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo il ricorrente, premesso che il B., ottenuto il decreto di fissazione dell’udienza ex artt. 435 e 447 bis c.p.c., aveva per ben quattro udienze omesso di richiedere la notifica del ricorso e del pedissequo decreto alla controparte – notifica che, secondo il decreto presidenziale, doveva avvenire non oltre il 28 dicembre 2003 – lamenta nullita’ del procedimento e della sentenza impugnata per violazione dell’art. 435 c.p.c., comma 2, e dell’art. 421 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, per avere il giudice d’appello irregolarmente concesso all’appellante per ben quattro volte la rimessione in termini, laddove, constatata l’inerzia della parte, avrebbe dovuto ordinare la cancellazione della causa dal ruolo e dichiarare l’estinzione del processo (confr. Cass. civ. n. 10295 del 1998; Cass. civ. n. 5746 del 1995; Cass. civ. n 12690 del 2003 e n. 6841 del 1996).

1.2 Il motivo e’ fondato.

Le sezioni unite di questa Corte hanno stabilito, in termini definitivi ed appaganti, che nel rito del lavoro l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, e’ improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito al giudice – alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., comma 2 – assegnare all’appellante, ex art. 421 c.p.c., un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c. (Cass. civ., sez. un. 30 luglio 2008, n. 20604).

Ricordato che la soglia che divide l’area della nullita’ della notifica da quella della sua inesistenza (da intendersi – e’ bene precisarlo – come inesistenza giuridica) va individuata nell’accertato collegamento tra il luogo (o la persona) nel quale (o alla quale) sia stata eseguita la notifica e il soggetto passivo che della notifica e’ destinatario, e precisato che tale regola e’ la risultante di una interpretazione costituzionalmente orientata del dato normativo, che impone un equo bilanciamento delle posizioni del notificante e del destinatario e con esso il rispetto di una tutela effettiva (e non formale) del diritto di difesa (art. 24 Cost.), hanno ritenuto le sezioni unite inapplicabile anche nel rito del lavoro, a fronte di una notifica inesistente (giuridicamente o di fatto), un sistema sanante quale quello apprestato dall’art. 291 c.p.c., con conseguente, definitivo superamento dell’indirizzo giurisprudenziale (di cui sono espressione Cass. sez. un. 29 luglio 1996 n. 6841 e Cass. sez. un. 26 ottobre 1996 n. 9931) che – sull’assunto del perfezionamento dell’atto di impugnazione ai sensi dell’art. 435 c.p.c. con il solo deposito del ricorso entro i termini previsti dalla legge nella cancelleria del giudice ad quem – aveva statuito che il giudice d’appello il quale rilevi qualsiasi vizio della notifica o anche la sua inesistenza deve indicarlo all’appellante ex art. 421 c.p.c. e deve assegnare allo stesso, previa fissazione di altra udienza di discussione, un termine necessariamente perentorio per provvedere a notificare il ricorso unitamente al decreto presidenziale di fissazione di nuova udienza.

1.3 Venendo al caso di specie, dalla lettura dei verbali del giudizio di appello, direttamente effettuata dal collegio in applicazione del principio per cui il giudice di legittimita’ e’ giudice anche del fatto tutte le volte in cui venga denunciata la violazione di una norma processuale (confr. Cass. civ. 16 febbraio 2003, n. 6055), emerge che, dopo vari rinvii disposti per acquisire il fascicolo di primo grado, l’appellante chiese ed ottenne ripetutamente termine per procedere alla notifica del ricorso e del decreto, fornendo prova dell’espletamento dell’incombente solo dopo l’inutile celebrazione di svariate udienze.

Alla stregua dei principi innanzi esposti deve allora ritenersi che erroneamente il collegio lo rimise in corsa per provvedere agli adempimenti necessari alla instaurazione del contradditorio, perche’ la Corte territoriale, constatato che il deposito del ricorso non era stato seguito dalla notifica dello stesso e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza, avrebbe dovuto definire il giudizio con una sentenza di mero rito, dichiarando l’improcedibilita’ dell’appello.

Ne deriva che la sentenza impugnata, in accoglimento del primo motivo di ricorso, nel quale resta assorbito il secondo, deve essere cassata senza rinvio. La causa va quindi decisa, ex art. 382 c.p.c., con la declaratoria di improcedibilita’ dell’appello, in applicazione del seguente principio di diritto: l’art. 291 c.p.c., considerato estensibile al rito del lavoro in ragione del disposto dell’art. 421 c.p.c., non puo’ trovare applicazione nei casi di inesistenza (di fatto e giuridica) della notificazione del ricorso in appello e del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione, non potendosi rinotificare o sanare l’inesistente, e tanto anche sulla base di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal disposto dell’articolo 111 Cost, comma 2, sulla ragionevole durata del processo.

Ricorrono giusti motivi, tenuto conto della natura delle questioni trattate e dei contrasti giurisprudenziali riscontrabili in materia, per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di gravame e di quello di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e, decidendo ex art. 382 c.p.c., dichiara improcedibile l’appello. Compensa tra le parti le spese del giudizio di gravame e del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2010

 

 

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