Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1160 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 27/02/2020, dep. 21/01/2021), n.1160

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. DI NAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2438/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

L.R.C.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Basilicata n. 245/1/11, depositata il 12 dicembre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 febbraio

2020 dal Consigliere Marco Dinapoli.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L.R. impugnava in primo grado la cartella di pagamento n. (OMISSIS) per l’importo di Euro 92.057,43 a titolo di imposte sanzioni e interessi emessa nei suoi confronti a seguito della liquidazione del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, della dichiarazione dei redditi prodotta per l’anno di imposta 2004.

La Commissione tributaria provinciale di Potenza rigettava il ricorso con sentenza n. 145/04/2008, avverso cui la contribuente proponeva appello.

La Commissione tributaria regionale della Basilicata, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello per due motivi, per altro laconicamente esposti nella motivazione: tardività della liquidazione e omissione del previo avviso bonario di irregolarità. Faceva inoltre un criptico riferimento ad un obbligo di motivazione da parte della società concessionaria, probabilmente riferito al contenuto della cartella di pagamento.

L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione con cinque motivi e chiede cassarsi la sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.

La parte intimata non propone difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente propone cinque motivi di ricorso.

1.1- Primo motivo: violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; nullità della sentenza per omessa pronunzia sulla eccezione di inammissibilità dell’appello della contribuente per mancanza di specificità dei motivi.

1.2- Secondo motivo: vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4; violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e dell’art. 324 c.p.c. e nullità della sentenza per non avere dichiarato l’inammissibilità dell’appello nonostante fosse privo di motivi specifici, consistendo nella mera riproposizione dei motivi del ricorso originario.

1.3- Terzo motivo: violazione e falsa applicazione del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 bis, conv. in L. n. 156 del 2005, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè erroneamente la sentenza impugnata avrebbe ritenuto scaduto il termine per la liquidazione dell’imposta, mentre invece in virtù della normativa richiamata trovava applicazione ratione temporis il regime transitorio per i procedimenti pendenti.

1.4- Quarto motivo: violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis e della L. n. 212 del 2000, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè erroneamente la sentenza impugnata avrebbe ritenuto omessa ma necessaria la previa comunicazione di irregolarità al contribuente per consentirgli “immediata lettura e facilitazione di interpretazione della provenienza e della natura del tributo”, adempimenti invece effettuati dall’Ufficio, anche se non necessari a sensi di legge poichè la liquidazione era stata effettuata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente con la dichiarazione fiscale da lui presentata.

1.5- Quinto motivo: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis, 42 e 25 nonchè della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè erroneamente la sentenza impugnata avrebbe ritenuto che “la società concessionaria avrebbe dovuto indicare le motivazioni dell’iscrizione a ruolo”, non necessaria invece trattandosi di liquidazione automatizzata della dichiarazione fiscale.

2.- Il secondo motivo di ricorso, da esaminarsi in limine avendo carattere preliminare, è fondato.

2.1- Il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, prescrive che il ricorso in appello debba contenere, a pena di inammissibilità, fra gli altri requisiti, anche l’indicazione dei “motivi specifici dell’impugnazione”. Non occorrono formule particolari, e tuttavia è necessario che l’atto di appello indichi quali sono i punti ed i capi della sentenza impugnata oggetto di censura, quali le argomentazioni svolte dai primi giudici e per quali motivi in fatto e in diritto esse siano censurabili (in tal senso Sez. U, n. 27199 del 16/11/2017).

2.2- L’obbligo di specificità dei motivi di appello risponde allo scopo di delimitare l’oggetto del contendere in sede di impugnazione, e di conseguenza di individuare i limiti del contraddittorio e dei poteri di cui è investito il giudice del gravame. Pertanto deve ritenersi possibile riproporre con l’atto di appello le medesime argomentazioni svolte in primo grado, purchè però in ogni caso l’atto assicuri il raggiungimento delle finalità indicate dalle Sezioni Unite.

2.3- Nel caso in esame, come emerge dal confronto fra il ricorso originario e l’atto di appello (entrambi trascritti nel presente ricorso per cassazione), la difesa della contribuente si è limitata a trasporre letteralmente il ricorso introduttivo nell’atto di impugnazione, modificandone soltanto l’intestazione e le conclusioni. La tecnica di copia – incolla utilizzata rende pertanto impossibile sia alla controparte che al giudice del gravame individuare i motivi di doglianza avverso la sentenza impugnata e la stessa materia del contendere in grado di appello. Non sorprende al riguardo che la Commissione tributaria regionale abbia adottato d’ufficio le sue decisioni (impugnate anch’esse in questa sede) senza alcun riferimento all’appello proposto.

3.- L’inammissibilità dell’appello, che emerge dagli atti di causa ma non è stata rilevata dalla sentenza impugnata (che si è sottratta fra l’altro all’obbligo di motivare in ordine ad una specifica eccezione preliminare formulata dall’Ufficio) va rilevata in questa sede, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, con assorbimento dei rimanenti motivi.

4.- Per i motivi esposti la sentenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., con la condanna alle spese dell’appellante L.R.C., ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 2.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti i rimanenti, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, dichiara l’appello inammissibile e condanna L.R.C. al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 2000 (duemila) per la fase di appello e in Euro 4.500 (quattromilacinquecento), oltre spese prenotate a debito, per il giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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