Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1160 del 18/01/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 1160 Anno 2018
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: BRONZINI GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 8103-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE 8, presso
lo studio dell’avvocato MARCO MARAZZA che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
3720

DI PIETRO LORENA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA GUIDO ALFANI 29, presso lo studio dell’avvocato
GIANMARCO PANETTA, rappresentata e difesa
dall’avvocato FABIO FAUGNO, giusta delega in atti;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 18/01/2018

avverso la sentenza n. 675/2012 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 26/09/2012 R.G.N.

1577/2010.

R.G. 08103/2013

RILEVATO
1.

Con la sentenza del 26.9.2012 la Corte di appello di

L’Aquila dichiarava la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato tra le Poste e Di Pietro Lorena dal 2.5.2002 e
condannava le Poste a versare le retribuzioni liquidate ex art. 32 L. n.

sintesi, l’illegittimità della clausola di apposizione del termine al detto
contratto stipulato con l’appellata in quanto il contratto del 2.5.2002
aveva richiamato una serie di Accordi di riorganizzazione aziendale
ma da parte delle Poste non era stata offerta la prova che
l’assunzione della lavoratrice fosse avvenuta in relazione ai detti
processi riorganizzativi. La prova richiesta era del tutto generica non
consentendo di accertare il nesso tra la concreta assunzione e le
complesse vicende riorganizzative delle Poste con riferimento
all’Ufficio ove la lavoratrice era stata impiegata.
2. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la società
Poste Italiane con un motivo motivo; resiste la parte intimata con
controricorso.
CONSIDEFtATO
1. che con il motivo proposto si deduce la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 1 comma D. Lgs n. 368/2001 e dell’art. 2697
cod. civ. La sussistenza delle ragioni, tecniche, organizzative
produttive o sostitutive di cui al decreto n. 368/2001 potevano
essere ricostruire indirettamente in base all’indicazione nel contratto
degli Accordi che disciplinano i processi di ristrutturazione aziendale
delle Poste.
2. che il motivo appare infondato. Va premesso che il contratto è
stato stipulato “ai sensi della vigente normativa, per esigenze
tecniche, organizzative produttive anche di carattere straordinario
conseguenti a processo di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più
funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti

183/2001 in due mensilità e mezzo. La Corte territoriale rilevava, in

R.G. 08103/2013

da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione di
nuove tecnologie, prodotti o servizi nonché all’attuazione delle
previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11.12 2001 e 11
gennaio 2002, 13 febbraio e 17 aprile 2002”. Ora la giurisprudenza di
questa Corte ha ritenuto necessario in fattispecie del tutto analoghe
in cui è applicabile il decreto n. 368/2011 che – di fronte ad una
complessa enunciazione delle ragioni adottate a legittimazione
dell’apposizione del termine – l’esame del giudice di merito deve
estendersi a tutti gli elementi di specificazione emergenti dal
contratto allo scopo di acclararne l’effettiva sussistenza, ivi
ricomprendendo l’analisi degli accordi collettivi indicati al contratto (v.
Cass. 2279/ 2010; Cass. n. 8296/2012). La sentenza impugnata
tuttavia non ha violato tale orientamento del Giudice di legittimità
procedendo ad una valutazione di merito di detti Accordi ( e della
ragione sostitutiva) e delle prove e delle allegazioni offerte dalle Poste
circa il fatto che effettivamente l’assunzione dell’intimata fosse
avvenuta per sopperire alle esigenze di ordine produttivo e
organizzativo indicate negli Accordi. La Corte di appello ha verificato
nel merito che tali Accordi e le prove offerte dalle Poste non
comprovano il nesso tra le esigenze degli accordi, l’assunzione della
lavoratrice e l’attività svolta da quest’ultima nell’Ufficio ove ha
operato.
3. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite del
giudizio di legittimità – liquidate come al dispositivo- seguono la
soccombenza.

PQM
Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 200,00 per
esborsi, nonché in euro 4.000,00 per compensi oltre spese generali al

R.G. 08103/2013

15% ed accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’Avv.to
Massimo Faugno, antistatario.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel
testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, la Corte dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma il 28.9.2017
Il Presidente

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