Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 116 del 08/01/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 116 Anno 2014
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: CARRATO ALDO

della legge n. 89
del 2001 –

Motivazione in
forma semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

MICONI MARINO (C.F.: MCN MRN 58H01 F996F) e CASSETTI ELVIRA (C.F.: CSS
LVR 60D68 A3450), rappresentati e difesi, in forza di procura speciale in calce al
ricorso, dall’Avv. Maurizio Del Pinto ed elettivamente domiciliati presso lo studio
dell’Avv. Daniela De Luca, in Roma, viale delle Milizie, n. 34;
– ricorrenti –

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato
e difeso “ex lege” dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso i suoi
Uffici, in Roma, alla v. dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Campobasso n. 28/2012, emesso il 22
febbraio 2012, depositato in data 10 marzo 2012 (non notificato).
I

8g69.

Data pubblicazione: 08/01/2014

t

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12 novembre

2013 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

Lucio Capasso, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

I sigg. Miconi Marino e Cassetti Elvira chiedevano alla Corte d’appello di
Campobasso, con ricorso depositato in data 31 ottobre 2011, il riconoscimento
dell’equa riparazione, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, per la irragionevole
durata di un processo civile instaurato nel marzo 1995 dinanzi al Tribunale di
L’Aquila e definito, in secondo grado, con sentenza della Corte di appello di L’Aquila
n. 399 del 2010, depositata il 3 maggio 2010 (non impugnata e passata in giudicato).
Nella costituzione del resistente Ministero della Giustizia, l’adita Corte di appello, con
decreto depositato il 10 marzo 2012, dichiarava l’inammissibilità del ricorso
(condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali), sul presupposto
che, nella specie, non era stata provata la sussistenza della condizione di
proponibilità dell’azione relativa alla tempestività del ricorso e alla sua procedibilità.
Avverso il menzionato decreto (non notificato) hanno proposto ricorso per
cassazione Miconi Marino e Cassetti Elvira, con atto ritualmente notificato, sulla base
di un unico motivo. Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso. Il collegio
ha deliberato di adottare la sentenza con motivazione in forma semplificata.
Considerato in diritto

1. – Con il motivo dedotto i ricorrenti hanno denunciato (ai sensi dell’art. 360, n. 3,
c.p.c.) la violazione e falsa applicazione dell’art. 4 della legge n. 89 del 2001 e degli
artt. 2697 e 2969 c.c., perché il ricorso si sarebbe dovuto ritenere tempestivo,
essendo stato depositato il 31 ottobre 2011 (a fronte del possibile passaggio in

– 2 –

Ritenuto in fatto

giudicato della sentenza di appello del giudizio presupposto che si sarebbe venuto a
verificare — in difetto di una sua notificazione ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 325
c.p.c. – il 20 giugno 2011, dal quale computare il decorso del termine semestrale ex
art. 4 della legge n. 89 del 2001, che sarebbe, quindi, venuto a scadenza solo il 1°

2. Rileva il collegio che il predetto è fondato e deve essere accolto nei termini che
seguono.
Secondo l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr.,
ad es., Cass. n. 17249 del 2006 e Cass. n. 16367 del 2011, ord.), in tema di equa
riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, l’oggetto
della domanda è individuabile nella richiesta di accertamento della violazione,
rispetto alla quale l’onere della parte istante è limitato alla semplice allegazione dei
dati relativi alla sua posizione nel processo (data iniziale di questo, data della sua
definizione, eventuale articolazione nei diversi gradi) e non anche alla produzione
degli atti posti in essere nel processo presupposto. In altri termini, In tema di equa
riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, la legge
(art. 2, comma secondo, legge n. 89 del 2001) affida l’accertamento in concreto della
violazione al giudice: la parte ha indubbiamente un onere di allegazione e
dimostrazione, ma esso riguarda la sua posizione nel processo, la data iniziale di
questo, la data della sua definizione e gli eventuali gradi in cui si è articolato, e spetta
poi al giudice – sulla base dei dati suddetti e di quelli eventualmente addotti dalla
parte resistente – verificare in concreto e con riguardo alle singole fattispecie se vi sia
stata una violazione del termine ragionevole, avvalendosi anche – secondo il modello
processuale di cui agli artt. 737 e ss. c.p.c. adottato dalla legge (art. 3, comma 4,
legge cit.) – di poteri di iniziativa, i quali si estrinsecano attraverso l’assunzione di

3

febbraio 2012).

informazioni che, espressamente prevista dall’art. 738 c.p.c., non resta subordinata
all’istanza di parte. Pertanto, il giudice – pur non essendo obbligato ad esercitare tali
poteri, potendo attingere “aliunde” le fonti del proprio convincimento – non può
ascrivere alla parte un’asserita carenza probatoria superabile con l’esercizio dei

ricorrente di acquisire (come, per l’appunto, formulata anche nel caso di specie), ai
sensi dell’art. 3, comma quinto, della legge n. 89 del 2001, gli atti del processo
presupposto e fondare il proprio convincimento su mere ipotesi in ordine alle cause
della durata dello stesso. Inoltre, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n.
13752 del 2011, ord.) ha chiarito che, qualora si intendano contestare i fatti allegati
dal ricorrente, l’onere della prova in ordine alla eventuale tardività della domanda di
equa riparazione, per avvenuto decorso del termine decadenziale di cui all’art. 4
della legge n. 89 del 2001 con riferimento all’individuazione del momento in cui è
passata in giudicato la sentenza del processo presupposto, grava sulla parte che
sollevi la relativa eccezione.
Peraltro, nella specie, si deve considerare che, al momento del deposito del ricorso
per equa riparazione (avvenuto il 30 ottobre 2011), il termine semestrale di
decadenza – previsto dall’art. 4 della legge n. 89 del 2001 – non era ancora decorso,
dovendosi computare il dies a quo di decorrenza di detto termine dall’eventuale
passaggio in giudicato della sentenza di secondo grado pubblicata il 3 maggio 2010
(tenendosi conto, “ratione temporis”, del termine annuale ex art. 327 c.p.c., con
l’aggiunta del periodo di sospensione feriale) in difetto della prova dell’avvenuta
precedente notificazione della sentenza ad istanza della parte avversa (il cui onere
gravava sul convenuto Ministero: cfr. Cass. n. 13752 del 2011, ord., cit.).

poteri di iniziativa d’ufficio, né, tanto meno, può ignorare la richiesta della parte

Di conseguenza, la Corte di merito non avrebbe potuto, nel caso di specie, rilevare la
decadenza dall’azione poiché il ricorso era stato proposto antecedentemente al
decorso dei sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza di appello del
procedimento presupposto, senza che l’Amministrazione resistente avesse provato

dell’applicazione del c.d. termine breve di cui all’art. 325 c.p.c. .
Deve, quindi, essere riconfermato il principio secondo cui,

in tema di equa

riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, ai
fini dell’individuazione della data di decorrenza del termine di decadenza di sei
mesi per la proponibilità della domanda, la decisione conclusiva del
procedimento, nel quale la violazione si assume verificata, diventa “definitiva”
con il passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce, con la
conseguenza che allorché la decisione che conclude il processo presupposto
sia stata depositata ma non notificata, la sua definitività si identifica con il
decorso del c.d. termine lungo previsto dall’art. 327 c.p.c. e del periodo di
sospensione feriale dei termini.
3. In definitiva, il ricorso deve essere accolto con conseguente cassazione del
decreto impugnato e rinvio della causa alla Corte di appello di Campobasso, in
diversa composizione, che si atterrà all’enunciato principio di diritto e pronuncerà sul
merito del ricorso per equa riparazione (valutando tutte le condizioni previste dall’art.
2 della legge n. 89 del 2001), regolando anche le spese del presente giudizio di
legittimità.
PER QUESTI MOTIVI

5

che era intervenuta la pregressa notificazione della sentenza stessa al fine

La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese
del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Campobasso, in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile della Corte

suprema di Cassazione, in data 12 novembre 2013.

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