Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 116 del 07/01/2019

Cassazione civile sez. II, 07/01/2019, (ud. 29/03/2018, dep. 07/01/2019), n.116

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1143/2014 proposto da:

M.L., ex lege domiciliato in Roma, p.zza Cavour presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione e rappresentato e difeso

dall’Avvocato Vincenzo Gatto;

– ricorrente –

contro

B.R.M., B.R.A., P.E., ex lege

domiciliate in Roma, p.zza Cavour presso la Cancelleria della Corte

di cassazione e rappresentate e difese dall’Avvocato Carlo

Zampaglione;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 404/2013 della Corte d’appello di Messina,

depositata il 23/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/03/2018 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per l’accoglimento per quanto

di ragione del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza in data 21 gennaio 2005 il Tribunale di Barcellona P.G. decideva sulla domanda proposta da M.G. e Bo.Pa. nei confronti di P.E. e B.G. avente ad oggetto il terrazzo come ricostruito ed il corpo di fabbrica realizzati dai convenuti sulla loro proprietà, sita nel Comune di (OMISSIS), asseritamente in violazione delle norme codicistiche a tutela della veduta diretta ed obliqua esercitata da oltre sessant’anni dall’immobile M. sia verso l’immobile dei convenuti che verso il mare. Il tribunale adito dopo avere ravvisato il difetto di legittimazione attiva del Bo. in quanto mero conduttore, dichiarava che il terrazzo dei convenuti violava il diritto di veduta esistente ordinandone la demolizione sino al ripristino della situazione preesistente con condanna dei convenuti al risarcimento in via equitativa del danno a favore di parte attrice.

2. Avverso tale pronuncia proponevano appello P.E. e le figlie B.R.A. e R.M., la prima anche in proprio e tutte quali coeredi di B.G.. Si costituiva il sig. M. contestando le ragioni dell’appello e in via incidentale chiedendo la condanna degli appellanti alla demolizione del corpo di fabbrica sito sulla terrazza nonchè all’abbassamento del piano di calpestio ed alla determinazione in misura più congrua del risarcimento del danno.

3. Nel corso del giudizio la causa era interrotta per la morte dell’appellato e il giudizio è stato riassunto nei confronti di M.S. quale “fratello ed erede” del signor M.G..

4. Con sentenza n. 404/2013 la Corte d’appello di Messina, in riforma della pronuncia impugnata, rigettava tutte le domande di M.G. con assorbimento dell’appello incidentale. In particolare, la corte escludeva che l’originario attore avesse esercitato una servitù di veduta sul terreno e sul rudere delle appellanti e che avesse, conseguentemente, titolo per lamentare una lesione al proprio diritto a causa della sopraelevazione di circa 70 cm della quota del terrazzo e della edificazione, ex novo, del corpo di fabbrica aderente al fabbricato M..

5. Per la cassazione della pronuncia della corte distrettuale ha proposto ricorso M.L., figlio ed erede di G., affidato a cinque motivi, cui resistono con controricorso P.E. e B.R.A. e R.M..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità di tutti gli atti del processo in grado d’appello compiuti a partire dalla data del 15 febbraio 2009, termine fissato per la notifica del ricorso in riassunzione, e della sentenza che ha definito il giudizio d’appello, per violazione delle norme di cui agli artt. 303 e 305 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Nello specifico il ricorrente denuncia che il ricorso in riassunzione avrebbe dovuto essergli notificato nel termine concesso, in quanto unico erede di M.G. in ragione del suo status di figlio del defunto.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la nullità di tutti gli atti processuali compiuti nel giudizio d’appello e nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la nullità di tutti gli atti compiuti nel processo d’appello dopo la data dell’8 dicembre 2008, data della morte dell’appellato M.S., per violazione dell’art. 299 c.p.c., sull’interruzione del processo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

4. Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione delle norme di cui artt. 900 e 917 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente ritenuto che il “bisolo” – muretto di pietra che delimita la terrazza e che funge da sedile, tipico elemento dell’architettura eoliana – per la sua conformazione escluderebbe l’esercizio della veduta dalla terrazza stessa.

5. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 2056 e 1226 cod. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere valorizzato le circostanze concrete (panoramicità verso il mare dell’immobile M. ed utilizzo come residence per turisti) pervenendo così ad una somma inadeguata rispetto al danno effettivamente patito.

6. Esposti i motivi di doglianza, si procede dall’esame del primo che è fondato e va accolto poichè non è contestato che il ricorrente sia il figlio ed unico erede universale di M.G. e, pertanto, legittimato passivo al quale, ai sensi dell’art. 110 c.p.c., avrebbe dovuto essere necessariamente notificato l’atto di riassunzione del processo.

Tale qualità soggettiva risultava dall’allegata dichiarazione di apertura della successione presentata avanti all’Ufficio del registro di Lipari (Messina) e resa il 22/11/2007; va, peraltro, precisato che nell’ipotesi di morte di una delle parti in corso di giudizio, la relativa “legitimatio ad causam” si trasmette (salvo i casi di cui agli artt. 460 e 486 c.c.) non al semplice chiamato all’eredità bensì (in via esclusiva) all’ erede, tale per effetto di accettazione, espressa o tacita, del compendio ereditario, non essendo la semplice delazione (conseguente alla successione) presupposto sufficiente per l’acquisto di tale qualità, nemmeno nella ipotesi in cui il destinatario della riassunzione del procedimento rivesta la qualifica di erede necessario del “de cuius”, occorrendone, pur sempre, la materiale accettazione (cfr. Cass. 13571/2006).

6.1. Perciò la sentenza pronunciata dalla corte d’appello, in difetto della riassunzione del processo interrotto ai sensi dell’art. 303 c.p.c., nei confronti del soggetto legittimato passivo, va dichiarata nulla e tale decisione assorbe l’esame degli altri motivi di ricorso.

7. La causa deve essere quindi rimessa alla Corte d’appello di Messina, altra sezione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; dichiara la nullità della sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Messina, altra sezione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 29 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2019

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