Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 116 del 04/01/2017
Cassazione civile, sez. II, 04/01/2017, (ud. 23/11/2016, dep.04/01/2017), n. 116
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20175/2012 proposto da:
D.F.M. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA DEL CIRCO MASSIMO 9, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO
INNOCENTI, rappresentata e difesa dall’avvocato ROBERTO BIANCHI;
– ricorrente –
contro
B.L., P.U.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 187/2012 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,
depositata il 23/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
23/11/2016 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
ESPOSIZIONE DEL FATTO
Con sentenza pubblicata il 23.5.2012 il Tribunale di Perugia dichiarò, in accoglimento della domanda spiegata da B.L., la nullità degli atti di compravendita stipulati da P.U. e D.F.M. in data 22.4.2003, in quanto i beni immobili oggetto dei contratti suddetti erano entrati a far parte della comunione ex art. 177 c.c., lett. a), tra il P. e B.L., la quale non aveva partecipato alla vendita nè aveva prestato il necessario consenso all’alienazione.
La Corte d’Appello di Perugia confermò la sentenza di primo grado, ed affermò la incongruità del richiamo alla disciplina dell’art. 179 c.c., in quanto il terreno acquistato dal P. non era stato destinato all’esercizio dell’impresa, ma alla costruzione di un complesso immobiliare utilizzato quale residenza familiare.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.F.M., con due motivi.
Gli intimati B. e P. non hanno svolto nel presente giudizio attività difensiva.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 178 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3) codice di rito, deducendo che la Corte d’Appello avrebbe omesso di considerare che il terreno sul quale fu edificato l’immobile per cui è causa risulta essere di proprietà esclusiva di P.U., in quanto acquistato nella sua qualità di titolare della omonima impresa individuale (iscritta all’Albo delle imprese artigiane), come comprovato dal contenuto dell’atto notarile di acquisto del 15.2.1977.
Da ciò la conseguenza che, ai sensi dell’art. 934 c.c., anche la costruzione realizzata su detto terreno era stata da costui acquistata, per accessione, in proprietà esclusiva.
Il motivo è infondato.
La Corte ha infatti escluso il necessario presupposto di applicazione dell’art. 178 c.c., costituito dalla strumentalità del bene all’esercizio dell’impresa.
La sentenza impugnata ha infatti affermato che il terreno in oggetto non fu destinato all’esercizio dell’impresa, ma alla costruzione di un complesso immobiliare utilizzato quale residenza familiare, ed ha correttamente ritenuto che tale utilizzo del terreno, fosse incompatibile con la previsione di cui all’art. 178 c.c., ferma l’ininfluenza della dichiarazione inserita nell’atto di acquisto del terreno, in quanto ad essa non sia seguita l’effettiva destinazione del bene all’esercizio dell’impresa, ed in particolare alla realizzazione del laboratorio.
Con il secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), lamentando che la Corte si sia limitata a riportare le determinazioni assunte dal giudice di prime cure in ordine all’accertamento che il terreno non era stato destinato all’esercizio dell’impresa, omettendo di indicare le ragioni di tale convincimento e l’iter logico-giuridico seguito.
Il motivo non coglie la ratio della pronuncia impugnata.
La Corte ha infatti affermato che l’accertamento del primo giudice, secondo cui il terreno per cui è causa era stato destinato alla costruzione di un fabbricato utilizzato quale residenza familiare, non era stato impugnato e tale statuizione di formazione del giudicato interno sul punto non è stata specificamente contestata dalla ricorrente.
La ricorrente, peraltro, neppure con il ricorso in esame ha specificamente contestato la destinazione effettiva del terreno, nè ha indicato alcun elemento, ritualmente sollevato nei gradi di merito la cui valutazione sarebbe stata omessa, rilevante in ordine alla strumentalità del bene all’esercizio dell’impresa del P., richiamando unicamente il contenuto dell’atto notarile di acquisto.
Considerato che gli intimati non hanno svolto, nel presente giudizio, attività difensiva non vi è luogo a provvedere sulle spese.
PQM
La Corte respinge il ricorso.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2017