Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11595 del 04/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 04/05/2021, (ud. 07/10/2020, dep. 04/05/2021), n.11595

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. PIRARI Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28345/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Com pel Electronics s.p.a., ammessa ad amministrazione straordinaria,

rapp.ta e difesa, con procura speciale rilasciata dal commissario

straordinario, dall’Avv.to Giuseppe Maria Cipolla, elettivamente

domiciliata in Roma, Viale G. Mazzini, n. 134;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale Lombardia,

n. 1774/2015, depositata in data 28/04/2015, non notificata;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 ottobre

2020 dal Consigliere Rosita d’Angiolella.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con tre distinti avvisi di accertamento, seguenti al p.v.c. elevato in data 11 giugno 2009, l’Agenzia delle entrate, rettificava il modello Unico 2007 presentato dalla Compel Electronics s.p.a. per il periodo di imposta relativo all’anno 2007.

Con tali avvisi l’Agenzia delle entrate muoveva i seguenti rilievi ai fini Ires ed Irap: 1) ricavi non contabilizzati (transfer pricing) in c/ vendite gruppo estero confermato per Euro 137.000,00; 2) interessi attivi non contabilizzati in c/finanziamento di Euro 103.263,65; 3) costi pluriennali non deducibili nell’esercizio in c/consulenze e prestazioni professionali di Euro 7.650,00; 4) costi non di competenza dell’esercizio per Euro 14.690,00; 5) costi non deducibili ai fini Irap per Euro 5.000,00; 6) variazione fiscale in diminuzione non ammessa in c/fondo svalutazione crediti tassato per Euro 93.388,19; 7) sopravvenienza attiva non contabilizzata per Euro 10.697,58; 8) detrazione Iva non ammessa in c/distacchi gruppo per Euro 27.326,22; 9) detrazione Iva non ammessa in c/acquisiti manodopera esterna per Euro 9.930,60; 10) ricavi non contabilizzati in c/holding di Euro 62.425,00, ai fini Ires e di Euro 12.485,00 ai fini Iva.

2. La società propose distinti ricorsi avverso gli avvisi di accertamento che, previa riunione, venivano parzialmente accolti dalla Commissione tributaria provinciale di Milano che, quanto al rilievo n. 1), accoglieva la ridefinizione proposta dall’ufficio, e quanto al rilievo n. 2), valorizzava le modalità di formazione del contratto di finanziamento intervenuto tra la società e altre società di gruppo.

3. La contribuente proponeva appello avverso tale sentenza innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia che, con la sentenza in epigrafe, rideterminava in Euro 41.224,00 l’importo di cui al rilievo n. 1); annullava le riprese di cui ai rilievi n. 2 e 10; confermava le riprese di cui ai rilievi nn. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, confermando le rimanenti riprese non modificate dal giudizio di appello. La CTR compensava integralmente tra le parti le spese di lite.

4. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi.

5. La società ha resistito con controricorso, ha proposto ricorso incidentale affidato a sei motivi ed ha presentato memoria ex art. 380 bis-1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso principale, l’Agenzia delle entrate censura la decisione di cui in epigrafe sotto il profilo della violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 9 e 110, nonchè dell’art. 2697 c.c., nella parte in cui ha annullato il recupero a tassazione di ricavi da operazioni infragruppo (rilievo n. 1), trascurando che l’Agenzia delle entrate aveva assolto al proprio onere di dimostrare l’esistenza di transazioni tra imprese collegate ad un prezzo inferiore a quello normale, mentre tale onere non era stato corrispondentemente assolto dalla contribuente.

1.1. Come innanzi brevemente esposto, la CTR non ha annullato la ripresa a tassazione ma ha soltanto ridotto l’importo da Euro 137.000,00 ad Euro 41.224,00, e ciò avendo in considerazione “(…) la specificità del mercato tedesco atteso che la controllata GMBH doveva fornire un servizio commerciale e logistico ai clienti direzionali per il che veniva riconosciuta una percentuale di sconto sul prezzo praticato”, nonchè che “l’Agenzia ha raffrontato i prezzi di vendita alla GMBH con quelli dei clienti italiani ed Europei non tenendo in debita considerazione la peculiarità del mercato tedesco”, mentre “la società ha predisposto un prospetto, che questa commissione condivide, da cui emergono differenze di prezzo per Euro 41.224”.

1.2. Il motivo è inammissibile.

Posto che la CTR ha valorizzato – come è evidente dal passo della motivazione riportato innanzi – specifici elementi circostanziali quali la peculiarità del mercato economico tedesco in cui le vendite sono state poste in essere dalla società contribuente, nonchè le ragioni economiche per le quali la Compel ha costituito la propria controllata e la circostanza che l’Ufficio stesso, nel corso dell’accertamento ha rimodulato, in ribasso, la sua pretesa, la censura all’esame, pur prospettando il vizio di legge, mira, più che altro, ad una diversa ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito, in contrasto così i principi consolidati di questa Corte secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge (o di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio) proponga, in realtà, yr una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (cfr. Sez. U., Sentenza n. 34476 del 27/12/2019, Rv. 656492-03; Sez. U. n. 8053 del 2014, Rv.629831-01; Sez. Sesta 3, Ordinanza n. 8758 del 04/04/2017, Rv. 643690-01).

2. Col secondo motivo, l’Agenzia delle entrate denuncia nuovamente il vizio di legge (art. 115 c.p.c., art. 2697 c.c.), assumendo che la decisione dei secondi giudici è erronea nella parte in cui ha annullato il rilievo relativo alla mancata contabilizzazione degli interessi attivi relativi al finanziamento alla Mi.Tel. s.r.l. sulla considerazione che mentre la società aveva prodotto, a riprova, lettera con data certa con cui la Mi.tel, del gruppo Compel, accettava il finanziamento, l’Agenzia delle entrate, dal canto suo, non aveva fornito prova dell’addendum che avrebbe cambiato le condizioni contrattuali. Viceversa, secondo la ricorrente, tale circostanza non doveva essere provata in quanto mai contestata.

Tale motivo è infondato.

La CTR dopo aver richiamato la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la presunzione di onerosità di cui all’art. 46 t.u.i.r. può essere superata solamente attraverso l’indicazione d’infruttuosità nei libri sociali e dopo aver affermato che l’infruttuosità può essere provata anche attraverso accordi che scelgono le imprese in virtù della libertà d’iniziativa economica, ha esaminato la documentazione contabile ed amministrativa prodotta in giudizio dalla società ricavandone un accordo tra la Mi.tel e la Compel per un finanziamento infruttifero (lettera con data certa e nota integrativa del bilancio) e dando atto, nel contempo, che dell’addendum non era stata fornita alcuna prova.

La CTR ha rettamente applicato sia le regole in materia di onere probatorio – arrivando a superare la presunzione di fruttuosità del finanziamento infragruppo sulla verifica di precisi elementi circostanziali emergenti dalla documentazione offerta dalla contribuente e specificamente indicati nella motivazione della sentenza- sia in ordine al principio di non contestazione, non avendo l’Ufficio prodotto, in controprova, i contenuti dell’addendum. Anche in questa fase, l’amministrazione finanziaria non ha indicato in quale difese dei gradi di merito abbia esposto chiaramente il contenuto dell’addendum del 02/04/2007, sì da superare la lettera del 07/09/2006 con la quale era stata pattuita l’infruttuosità del finanziamento.

Sul punto giova evidenziare che questa Corte ha più volte chiarito che il principio di non contestazione opera in relazione a fatti che siano stati chiaramente esposti da una delle parti presenti in giudizio e non siano stati contestati dalla controparte che ne abbia avuto l’opportunità, con la conseguenza che “la parte che lo deduca in sede di impugnazione è tenuta ad indicare specificamente in quale atto processuale il fatto sia stato esposto, al fine di consentire al giudice di verificarne la chiarezza e se la controparte abbia avuto occasione di replicare” (così, Sez. 5, Ordinanza n. 31619 del 06/12/2018, Rv. 651627-01; per l’applicabilità del principio di non contestazione al processo tributario e sulla necessità della specificazione delle difese, cfr. Sez. 5, Sentenza n. 7127 del 13/03/2019, Rv. 653319- 01).

4. La società ha proposto sei motivi di appello incidentale.

Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 119 t.u.i.r., comma 2, lett. b), per avere la CTR confermato il recupero a tassazione di Euro 14.960,00, quale costo non di competenza per l’esercizio 2007, nonostante fosse stata emessa, in data 15 novembre 2007, la fattura n. (OMISSIS) dalla TickMark s.p.a., per il servizio di revisione e controllo contabile di bilancio.

Il passo della motivazione che ha interessato il rilievo in questione, è il seguente: “E’ indubbiamente vero che la società aveva convenuto con la TickMark spa (Allegato 15 al ricorso introduttivo) la revisione contabile del bilancio d’esercizio e consolidato del gruppo Compel per il triennio 2007-2009 a fronte di un corrispettivo di Euro 34.000,00, ma è altrettanto vero che la fattura emessa dalla TickMark spa di Euro 14.690,00 specificava trattarsi di un acconto per il che la rilevazione deve essere effettuata come anticipo fornitore; in ogni caso la società ha affermato che il costo di Euro 34.000,00 era stato spesato nell’esercizio 2007 ignorando che detto importo era comprensivo anche di prestazioni relativi ad altri esercizi”.

Le argomentazioni appaiono corrette in punto di diritto in quanto la CTR ha ritenuto che, pur trattandosi di spesa sostenuta dalla società, la fattura specificava trattarsi di un acconto della prestazione che, dunque, doveva comportare l’iscrizione in contabilità come “anticipo fornitore”.

Le ulteriori questioni dedotte col motivo (e cioè che il costo di Euro 34.000,00 era stato spesato nell’esercizio 2007) ed il se detto importo fosse comprensivo anche di prestazioni relative ad altri esercizi, sono questioni di merito che, come tali, non possono essere devolute a questo giudice di legittimità.

5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendo che la Commissione regionale avrebbe violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato perchè avrebbe omesso di spiegare le ragioni per le quali ha confermato il recupero a tassazione della sopravvenienza attiva non contabilizzata per Euro 10.697,00.

Tale motivo è inammissibile sia perchè non coglie la ratio della decisione impugnata, sia perchè la CTR ha puntualmente pronunciato sulla questione.

Ed invero, la ratio della pronuncia si snoda tutta sull’applicabilità, nella fattispecie concreta, della sopravvenienza e della sua deducibilità ai sensi del combinato disposto dell’art. 106 t.u.i.r., comma 2 e dell’art. 101t.u.i.r., comma 5, così come chiarito dai secondi giudici nella parte motiva di pag. 8 e 9. Nè può farsi una questione di limite del potere di accertamento che spetta al giudice di merito, considerato che il giudice tributario non incontra alcun limite, ex art. 112 c.p.c., nella qualificazione giuridica della fattispecie se non quello dell’immutazione della fattispecie concreta sottoposta al suo esame.

E’ stato abbondantemente chiarito da questa Corte che il principio secondo cui le ragioni poste a base dell’atto impositivo segnano i confini del processo tributario, il cui carattere impugnatorio comporta che l’ufficio finanziario non può porre a base della propria pretesa ragioni diverse da quelle fatte valere con l’atto impugnato, non esclude il potere del giudice di qualificare autonomamente la fattispecie a prescindere dalle allegazioni delle parti in causa, non potendo ritenersi che i poteri del giudice tributario siano più limitati di quelli esercitabili in qualunque processo d’impugnazione di atti autoritativi, quale quello amministrativo di legittimità (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 7393 del 11/05/2012, Rv. 622622-01).

6. Col terzo motivo di ricorso incidentale, la società deduce la violazione di legge (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, per aver la CTR ritenuto che la società contribuente non aveva proposto specifici motivi di gravame in relazione alla ripresa a tassazione di Euro 7.650,00 (costi pluriennali non deducibili nell’esercizio in c/consulenze e prestazioni professionali).

Il mezzo è fondato.

Nel processo tributario la sanzione d’inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 preleggi, trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (Sez. 5, Sentenza n. 707 del 15/01/2019, Rv. 652186-01).

Recentemente questa Corte, ha precisato che l’appello, nei limiti dei motivi d’impugnazione, è un giudizio sul rapporto controverso e non sulla correttezza della sentenza impugnata, sicchè, rispetto ad esso, non è concepibile alcun rapporto di autosufficienza ma solo di specificità, che presuppone la specificità della motivazione della sentenza impugnata, sicchè, ove manchi quest’ultima, non è esigibile dall’appellante, che intenda dolersi del rigetto in primo grado delle sue istanze istruttorie, altro onere se non quello di riproporre l’istanza o la domanda immotivatamente rigettata (cfr., Sez. 3, Ordinanza n. 11197 del 24/04/2019, Rv. 653588-01, richiamata anche nella memoria della società).

Ne deriva, dunque, l’erroneità dell’assunto dei secondi giudici nella parte in cui, relativamente alla ripresa a tassazione dei costi riferiti a prestazioni professionali e competenze, hanno ritenuto l’inammissibilità dell’appello, nonostante la società avesse contestato proprio l’omessa pronuncia sulle richiamate censure mediante il rinvio alla doglianza sollevata in prime cure e, quindi, assolvendo all’onere di specificità dell’impugnazione.

7. Col quarto mezzo di ricorso incidentale, deduce la violazione degli artt. 101 e 102 t.u.i.r., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR confermato il recupero a tassazione di Euro 93.388,10, sostenendo che la società non aveva fornito elementi certi e precisi, in ordine alla perdita sul credito vantata nei confronti del cliente Compel Electronics Inc.

Tale mezzo è inammissibile perchè mira ad una diversa ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito (cancellazione dal registro delle imprese della Compel Electronics Inc. nel 2007, dopo la redazione del bilancio finale), che esorbita dai limiti del potere di controllo di questo giudice di legittimità (cfr., Sez. U., Sentenza n. 34476 del 27/12/2019, Rv. 656492-03; Sez. U. n. 8053 del 2014 Rv. 629831-01).

8. Col quinto mezzo di ricorso incidentale deduce la violazione di legge (D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, art. 2697 c.c.) per aver la CTR confermato i due recuperi a tassazione Iva con i quali sono stati disconosciuti la detrazione di imposta operata dalla Compel a fronte di “distacchi di gruppo” ed a fronte di acquisti di manodopera esterna.

Secondo i principi affermati da questa Corte (cfr., Sez. 5, Sentenza n. 1709 del 26/01/2007, Rv. 595661-01; Sez. 5, Sentenza n. 5926 del 12/03/2009, Rv. 607667-01; Sez. 65, Ordinanza n. 27458 del 09/12/2013, Rv. 629460-01; id., Sez. 5, Sentenza n. 21184 del 08/10/2014, Rv. 632824-01; id., Sez. 65, Ordinanza n. 14858 del 07/06/2018, Rv. 649021-01), in tema di deducibilità dei costi, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 (ora art. 109), comma 5 e di detraibilità della relativa Iva, del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19, spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili e che a tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa.

La decisione della CTR appare, dunque, conforme ai suddetti principi, avendo affermato che l’onere della prova gravava sulla Compel, onere che, poi, ha ritenuto non soddisfatto (v. pag. 10 della sentenza). Egualmente per il costo della manodopera, correttamente la CTR ha ritenuto che incombeva sulla società la prova dell’asserita maggiorazione del 15%.

9. Con l’ultimo motivo di gravame incidentale, la società invoca l’applicazione del più favorevole trattamento sanzionatorio derivante dallo ius superveniens (D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 15,D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3).

Il motivo è fondato.

Il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 ha introdotto rilevanti modifiche ad alcune disposizioni contenute nel D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, che disciplina le sanzioni amministrative in materia d’imposte dirette, iva, e riscossione dei tributi; in particolare, l’art. 15 del decreto in parola, ha modificato le sanzioni amministrative in materia di documentazione e registrazione delle operazioni iva, previste nel D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, prevedendo un trattamento sanzionatorio più lieve.

Non v’è dubbio che il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 1, commi 1 e 4, nel testo modificato dall’art. 15 D.Lgs. cit., si applica, nel rispetto del principio del favor rei, anche alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore di dette disposizioni (1 gennaio 2016), sempre che gli atti di recupero non siano ancora definitivi (cfr., Sez. 5, Sentenza n. 8243 del 31/03/2008, Rv. 602524-01, secondo cui ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, che ha esteso il principio del favor rei anche al settore tributario, sancendone l’applicazione retroattiva, le più favorevoli norme sanzionatorie sopravvenute debbono essere applicate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, e quindi anche in sede di legittimità, all’unica condizione che il provvedimento sanzionatorio non sia divenuto definitivo; nello stesso senso cfr. Sez. 5, Sentenza n. 23564 del 20/12/2012, Rv. 624738-01; in materia di reverse charge, cfr., Sez. 5, Sentenza n. 32552 del 12/12/2019, Rv. 656111-01).

Poichè nel caso di specie rimane ancora in contestazione l'”an” della violazione tributaria e sussiste ancora controversia sulla debenza delle sanzioni, la CTR in sede di rinvio sarà tenuta ad occuparsi dell’applicabilità del più favorevole regime sanzionatorio sopravvenuto.

10. In conclusione, il ricorso principale deve essere rigettato, come pure i motivi primo, secondo, quarto e quinto del ricorso incidentale; devono essere accolti il terzo ed il sesto motivo di ricorso incidentale, in relazione ai quali la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, affinchè proceda ad un nuovo esame della controversia alla luce dei principi innanzi esposti; la CTR, in sede di rinvio, è tenuta a provvedere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale, accoglie il terzo ed sesto motivo di ricorso incidentale, rigetta i restanti motivi di ricorso incidentale e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi di ricorso incidentale accolti, con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V sezione civile, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2021

 

 

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA