Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11590 del 11/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 11/05/2017, (ud. 08/03/2017, dep.11/05/2017),  n. 11590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI ROBERTO Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7770-2016 proposto da:

M.N., nella qualità di legale rappresentante della

società “Farmacia Internazionale Dott. M.N. sas”,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AJACCIO 14, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO COLAVINCENZO, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIORGIO PALMA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 7893/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 07/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/03/2017 dal Consigliere Dott. MOCCI MAURO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., delibera di procedere con motivazione sintetica;

che M.N., quale legale rappresentante della s.as. Farmacia Internazionale Dott. M.N., propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, che aveva rigettato il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Napoli. Quest’ultima, a sua volta, aveva respinto il ricorso del contribuente avverso un avviso di rettifica e liquidazione riguardante la compravendita di un’azienda commerciale, sottoscritta nell’anno 2009; che, nella decisione impugnata, la CTR ha affermato che, nella denunzia unico 2010, la società cedente aveva attribuito alle scorte di magazzino il valore di Euro 904.000,00, ritenuto incongruo rispetto a quanto indicato dalla società del ricorrente, cessionaria dell’azienda.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, col primo, il M. deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5: si sarebbe trattato della fattura n. (OMISSIS), emessa dalla società DE.Vi.Farma s.a.s., incaricata di gestire lo smaltimento dei farmaci scaduti della farmacia cedente. L’esame di tale documento avrebbe dimostrato la detenzione, il possesso e la proprietà delle scorte invendibili in capo alla cedente e dunque il mancato trasferimento delle stesse;

che, col secondo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui all’art. 2729 c.c. e D.P.R. n. 131 del 1986, art. 51, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3;

che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente presupposto il trasferimento delle merci invendibili, giungendo così a ribaltare le evidenze normative richiamate dal legislatore, sicchè la presunzione applicata non sarebbe stata dotata degli elementi idonei a supportarla;

che l’intimata si è costituita senza controricorso;

che la Corte deve dare atto che, nelle more della discussione, il ricorrente ha dichiarato che, per effetto della sentenza n. 10585/32/2016 della CTR Campania – la quale aveva disposto la revocazione della sentenza oggetto dell’odierno giudizio era venuto meno il suo interesse al ricorso;

che la rinuncia al ricorso per cassazione, quale atto unilaterale recettizio, è inidonea a determinare l’estinzione del giudizio se non notificata alle controparti costituite o comunicata ai loro difensori con apposizione del visto, ma vale comunque a far venire meno l’interesse alla decisione, determinando l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso, rimanendo, comunque, salva la condanna del rinunciante alle spese del giudizio (Sez. U, n. 7378 del 25/03/2013; Sez. 3, n. 12743 del 21/06/2016);

che, in tema di impugnazioni, la ratio del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicchè tale meccanismo sanzionatorio si applica per l’inammissibilità originaria del gravame ma non per quella sopravvenuta (Sez. 6 – 2, n. 13636 del 02/07/2015).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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