Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1159 del 21/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 1159 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 13048-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio
dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

3350

POLTRI BARBARA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 577/2007 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 21/01/2014

di FIRENZE, depositata il 10/05/2007 R.G.N. 831/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/11/2013 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega PESSI

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA , che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

ROBERTO;

R.G. 13048/2008
FATTO E DIRITTO

0%

Con sentenza depositata il 10-5-2007 la Corte di Appello di Firenze ha
respinto il gravame avverso la sentenza del Giudice del lavoro del Tribunale di

confronti della s.p.a. Poste Italiane, aveva dichiarato la nullità del termine
apposto al contratto di lavoro stipulato tra le parti, ex art. 25 uni 2001, in data
12-2-2001, con la conseguente sussistenza di un rapporto a tempo
indeterminato e con la condanna della società alla riammissione della
lavoratrice nel posto di lavoro e al pagamento in suo favore delle retribuzioni
omesse dalla messa in mora (configurata nella richiesta di svolgimento del
tentativo obbligatorio di conciliazione).
Per la cassazione di tale sentenza la società propone ricorso con due
motivi.
Disposta ed espletata la rinotifica del ricorso, la Poltri è rimasta intimata.
La società ha poi depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
Ciò posto va rilevato che con il primo motivo la società, denunciando
violazione dell’art. 23 della legge n. 56/1987, deduce che la Corte d’Appello,
richiedendo la specificazione della causale collettiva in una causale
individuale, si pone in contrasto con la ratio della norma citata ed opera una
indebita integrazione della volontà contrattuale espressa dalle parti, in virtù
della “delega in bianco” contenuta nella norma stessa.
Osserva il Collegio che, in base all’indirizzo ormai consolidato affermato
da questa Corte con riferimento ai contratti a termine conclusi ai sensi dell’art.

Grosseto che, in accoglimento della domanda proposta da Barbara Poltri nei

25 del ceni del 2001 (nel regime anteriore al d.lgs. n. 368/2001) il motivo è
fondato.
In particolare questa Corte Suprema (v. fra le altre Cass. 26 settembre
2007 n. 20162, Cass. 1-10-2007 n. 20608) decidendo in casi analoghi, ha

apposto ad un contratto stipulato in base alla previsione della norma
contrattuale sopra citata, osservando, in linea generale, che l’art. 23 della legge
28 febbraio 1987 n. 56, nel demandare alla contrattazione collettiva la
possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dall’art. 1
della legge 18 aprile 1962 n. 230 e successive modifiche nonché dall’art. 8 bis
del d.l. 29 gennaio 1983 n. 17, convertito con modificazioni dalla legge 15
marzo 1983 n. 79 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del
rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei
sindacati, i quali, pertanto, non sono vincolati all’individuazione di figure di
contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge (principio
ribadito dalle Sezioni Unite di questa Suprema Corte con sentenza 2 marzo
2006 n. 4588), e che in forza della sopra citata delega in bianco le parti
sindacali hanno individuato, quale ipotesi legittimante la stipulazione di
contratti a termine, quella di cui al citato art. 25, secondo comma, del c.c.n.l. 11
gennaio 2001.
In specie, quale conseguenza della suddetta delega in bianco conferita dal
citato art. 23, questa Corte ha precisato che i sindacati, senza essere vincolati
alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a
quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a
termine per causali di carattere oggettivo ed anche – alla stregua di esigenze
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cassato la sentenza del giudice di merito che ha dichiarato illegittimo il termine

riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente
“soggettivo”, costituendo l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità

A

del mercato idonea garanzia per i lavoratori e per un’efficace salvaguardia dei
loro diritti.

prevede, come si è visto, quale ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a
termine, la presenza di esigenze di carattere straordinario conseguenti a
processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale
riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni
tecnologiche ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove
tecnologie, prodotti o servizi, questa Corte ha ritenuto viziata l’interpretazione
dei giudici del merito che, sull’assunto della assoluta genericità della
disposizione in esame, ha affermato che la stessa non contiene alcuna
autorizzazione ad avvalersi liberamente del tipo contrattuale del lavoro a
termine, senza l’individuazione di ipotesi specifiche di collegamento tra i
singoli contratti e le esigenze aziendali cui gli stessi sono strumentali.
Tale orientamento va confermato in questa sede, essendo, del resto, la tesi
accolta dalla Corte di Appello (circa la nullità del richiamo alla “formula
generalissima del ccn1”) fondata sull’erroneo presupposto che il legislatore non
avrebbe conferito una “delega in bianco” ai soggetti collettivi ed avrebbe
imposto al potere di autonomia i limiti ricavabili dal sistema di cui alla legge n.
230 del 1962.
In particolare, quindi, nel quadro delineato, non era necessario che il
contratto individuale contenesse specificazioni ulteriori rispetto a quelle
menzionate nella norma collettiva (v. fra le numerose altre Cass. 14-3-2008 n.
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Premesso, poi, che l’art. 25, secondo comma, del c.c.n.l. 11 gennaio 2001

6988), né, tanto meno, occorreva la prova di un collegamento concreto tra
l’assunzione del singolo lavoratore e le esigenze di carattere straordinario

G’44

richiamate, con riferimento alla specificità di uffici e di mansioni (v. fra le altre
Cass. 1-10-2007 n. 20608, Cass. 30-3-2010 n. 7656).

conseguenze economiche della declaratoria di nullità del termine, per cui,
ritenuto che le ragioni per le quali la apposizione del termine al contratto in
esame è stata ritenuta illegittima, sono basate su una violazione di legge che ha
altresì comportato una interpretazione errata della norma collettiva de qua, non
essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la sentenza impugnata va
cassata e la causa va decisa nel merito, con il rigetto della domanda della Poltri.
Infine, considerati i pregressi contrasti giurisprudenziali, ricorrono i
presupposti ex art. 92 c.p.c., nel testo vigente ratione temporis, per compensare
le spese dell’intero processo tra le parti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa l’impugnata
sentenza e, decidendo nel merito, rigetta la domanda della Poltri; compensa le
spese dell’intero processo.
Roma 21 novembre 2013
IL CONSIGLIERE ESTE SORE
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IL PRESIDENTE

I

t1mcc,

Il Funzionario Giudiziario
Dott.ssa Donatella C

go0,

Così accolto il primo motivo, risulta assorbito il secondo riguardante le

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