Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11583 del 06/06/2016


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Cassazione civile sez. lav., 06/06/2016, (ud. 09/03/2016, dep. 06/06/2016), n.11583

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. DI GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29832/2014 proposto da:

C.F., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA F.P. DE CALBOLI 44, presso l’avv. GIORGIO FERRARA

(studio LEGALE VIGLIONE), rappresentato e difeso dall’avvocato

MIMI’ ALBERTO MUSUMECI, giusta de1ega in atti;

– ricorrente –

contro

INARCASSA – CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA PER GLI

INGEGNERI ED ARCHITETTI LIBERI PROFESSIONISTI, C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE RAFFAELLO SANZIO 9,

presso lo studio dell’avvocato MASSIMO LUCIANI, che la rappresenta

e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4822/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/06/2014 r.g.n. 8704/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI CAVALLARO;

udito l’Avvocato LUCIANI MASSIMO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

Con sentenza depositata il 17.6.2014, la Corte d’appello di Roma, decidendo in sede di rinvio ex art. 384 c.p.c., rigettava la domanda dell’Ing. C.F. volta a contestare la spettanza delle somme per sanzioni civili richiestegli dall’INARCASSA per ritardata comunicazione dei redditi e del volume d’affari.

Per la cassazione della pronuncia ricorre l’Ing. C.F., non costituitosi in sede di rinvio, con due motivi di censura. Resiste l’INARCASSA con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 392, 137 e 291 c.p.c., per avere la Corte di merito accordato un nuovo termine per la notifica del ricorso in riassunzione nonostante che l’INARCASSA ne avesse omesso del tutto la notifica.

Il motivo è infondato, dal momento che, come si evince dal controricorso (cfr. in specie pag. 11) e dai riferimenti ivi contenuti agli atti di causa, il decreto di fissazione dell’udienza da parte del giudice di rinvio non era stato comunicato al ricorrente in riassunzione. E poichè, nel rito del lavoro, a seguito della sentenza della Corte cost. n. 15 del 1977, all’appellante deve essere comunicato l’avviso di deposito del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione, va ritenuto che, ove tale comunicazione non sia avvenuta e l’appellante, non avendone avuto altrimenti conoscenza, non abbia provveduto alla notifica del ricorso, legittimamente può essere concesso un nuovo termine per tale ultimo adempimento, non ostandovi i principi elaborati da questa Corte a far tempo da Cass. S.U. n. 20604 del 2008, questi ultimi presupponendo una colpevole inerzia dell’appellante che invece, nella specie, non può ravvisarsi.

Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 392 e 137 c.p.c., per avere la Corte di merito deciso la controversia nonostante che la notifica del ricorso in riassunzione fosse stata effettuata presso il domicilio eletto nei precedenti gradi di giudizio, invece che alla parte personalmente.

il motivo è inammissibile, non avendo parte ricorrente provveduto nè a trascrivere la relata di notifica nel corpo del ricorso nè a indicare in quale luogo del fascicolo processuale o di parte si troverebbe. E poichè la parte ricorrente che denunci per violazione di legge in ordine alla valutazione di un documento ha l’onere di indicare specificamente il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo altresì, se non alla sua trascrizione integrale, certamente all’indicazione del luogo (fascicolo di ufficio o di parte) in cui esso è reperibile, la censura va ritenuta inammissibile per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, siccome espresso dall’art. 366 c.p.c., n. 6 (v. in tal senso Cass. n. 3026 del 2014).

Il ricorso, conclusivamente, va rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Tenuto contro del rigetto del ricorso, sussistono inoltre i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 4.100,00, di cui Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2016

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