Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11580 del 11/05/2017


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Cassazione civile, sez. II, 11/05/2017, (ud. 02/03/2017, dep.11/05/2017),  n. 11580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17075/2012 proposto da:

ALBERGO MILANO SNC, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in BERGAMO,

VIA SABOTINO 2, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PROFETA, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

A.P., A.A. in proprio e nella sua

qualità di socio accomandatario della A.F. s.a.s

DI A.A. & C., S.C. O

S.C., A.M.L., elettivamente domiciliati in MILANO

presso lo studio V.le BIANCA MARIA 3, rappresentati e difesi

dell’avvocato CARMINE FARACE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1300/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 29/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/03/2017 dal Consigliere Dott. LUIGI GIOVANNI LOMBARDO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto dei motivi da 1^ a 5^

del ricorso ed accoglimento del 6^ motivo con decisione nel merito.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – La vicenda processuale trae origine dall’esecuzione dei lavori edili che la società “Albergo Milano di C.M. e B. s.n.c.” (committente) affidò in appalto ad A.F. (appaltatore), titolare di un’impresa edile.

2. – Con sentenza dell’8 marzo 2002, la Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannò la società Albergo Milano al pagamento, in favore di A.F. della somma di Euro 23.384,10 (da maggiorarsi con gli interessi dal 19.3.1993 al saldo), quale somma residua ancora dovuta (detratto l’importo corrisposto nel corso del giudizio) in pagamento dei lavori edili eseguiti dall’appaltatore.

3. – Con sentenza n. 4367 del 2006, questa Suprema Corte, in accoglimento del secondo motivo del ricorso proposto dalla società Albergo Milano, cassò la sentenza di secondo grado per avere il giudice del gravame omesso di pronunciare sulla domanda di risoluzione del contratto di appalto per inadempimento dell’appaltatore e rinviò ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia.

4. – Con sentenza n. 1300 del 2011, la Corte territoriale di Brescia, pronunciando quale giudice di rinvio, dichiarò inammissibile la domanda di risoluzione del contratto proposta dalla società Albergo Milano, respinse nel resto l’appello incidentale proposto dalla medesima società e rideterminò l’importo da quest’ultima dovuto alla ditta A. a titolo di maggior danno (da maggiorarsi con gli interessi legali dal 19 marzo 1993 fino al soddisfo).

5. – Per la cassazione della sentenza del giudice di rinvio ricorre la società Albergo Milano s.n.c. sulla base di sei motivi.

Resistono con controricorso – nella qualità di eredi di A.F. – S.C., A.A., A.P. e A.M.L., nonchè la società A.F. s.a.s. di A.A. e C..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – E’ pregiudiziale, rispetto alla disamina degli altri motivi, l’esame del secondo motivo di ricorso, col quale si deduce la violazione dell’art. 384 c.p.c. e art. 2909c.c., per avere la Corte di Appello dichiarato inammissibile la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento dell’appaltatore, invece di esaminare tale domanda nel merito come – a dire del ricorrente – sarebbe stato imposto dalla Corte di cassazione con la statuizione di rinvio.

Il motivo è fondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, nel caso di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di cassazione vincola al principio affermato ed ai relativi presupposti di fatto, onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla “regola” giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-giuridiche della decisione, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità (Cass., Sez. 5, n. 20981 del 16/10/2015; Sez. 3, n. 22885 del 10/11/2015; Sez. L, n. 17353 del 23/07/2010; Sez. L, n. 26241 del 15/12/2009). Al giudice di rinvio – il quale è investito della controversia esclusivamente entro i limiti segnati dalla sentenza di cassazione ed è vincolato da quest’ultima relativamente alle questioni da essa decisa – non è, pertanto, consentito il riesame dei presupposti di applicabilità del principio di diritto enunciato, sulla scorta di fatti o profili non dedotti, nè egli può procedere ad una diversa qualificazione giuridica del rapporto controverso ovvero all’esame di ogni altra questione, anche rilevabile d’ufficio, che tenda a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza di cassazione in contrasto con il principio della sua intangibilità (Cass., Sez. 1, n. 5381 del 07/03/2011).

Orbene, nel caso di specie, questa Corte, con la sentenza n. 4367 del 2006, ha disposto che il giudice di rinvio si pronunciasse sulla domanda con la quale la società Albergo Milano si era doluta del mancato accoglimento della “domanda di risoluzione del contratto di appalto per fatto e colpa dell’appaltatore, che risulta puntualmente riproposta con l’appello incidentale” (così, letteralmente, la sentenza di questa Corte).

Il giudice di rinvio, anzichè prendere atto della statuizione della Corte di legittimità e pronunciare sul merito della domanda di risoluzione del contratto, ha dichiarato inammissibile tale domanda, in quanto non proposta nelle conclusioni del giudizio di primo grado.

L’assunto della Corte di Brescia è che la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento non sia stata proposta con l’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo e che non fosse stata pertanto ribadita in sede di precisazione delle conclusioni.

E invece dall’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo notificato alla società Albergo Milano dall’appaltatore, dal quale ha origine la controversia, risulta che l’opponente propose ritualmente la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della ditta A.; mentre – come nella sentenza impugnata ha rilevato la stessa Corte di rinvio – in sede di precisazione delle conclusioni il procuratore dell’opponente richiamò le conclusioni formulate con l’atto di opposizione.

La Corte di rinvio non ha tenuto conto di tali circostanze; nè ha tenuto conto che questa Suprema Corte, nel cassare la sentenza di appello, aveva comunque espressamente affermato che la domanda di risoluzione del contratto di appalto era stata “puntualmente riproposta con l’appello incidentale”, così manifestando – implicitamente – di aver verificato l’ammissibilità della domanda sotto il profilo della rituale proposizione in primo grado.

Così stando le cose, i giudici di rinvio hanno violato l’art. 384 c.p.c., comma 2, per non aver osservato il dictum di questa Suprema Corte che aveva disposto la pronuncia sul merito della domanda di risoluzione del contratto proposta dalla società Albergo Milano.

La sentenza impugnata va pertanto cassata sul punto, con nuovo rinvio alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione, ai fini dell’esame nel merito della detta domanda di risoluzione del contratto.

2. – Gli altri motivi rimangono assorbiti.

3. – In definitiva, va accolto il secondo motivo di ricorso, mentre vanno dichiarati assorbiti gli altri motivi. La sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Appello di Brescia in diversa composizione perchè esamini nel merito la domanda di cui sopra.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

accoglie il secondo motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Brescia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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