Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1158 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2021, (ud. 27/02/2020, dep. 21/01/2021), n.1158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI P. – Consigliere –

Dott. DI NAPOLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2312/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

L.R.C.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Basilicata n. 249/1/11, depositata il 12 dicembre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 febbraio

2020 dal Consigliere Marco Dinapoli.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

L.R. impugnava in primo grado la cartella di pagamento n. (OMISSIS) per l’importo di Euro 110.747,57 a titolo di imposte sanzioni e interessi emessa nei suoi confronti a seguito della liquidazione del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, della dichiarazione dei redditi prodotta per l’anno di imposta 2002.

La Commissione tributaria provinciale di Potenza rigettava il ricorso con sentenza n. 282/03/2007 con cui rilevava, fra l’altro, la tardività del ricorso, proposto dopo la scadenza del termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21. La contribuente proponeva appello.

La Commissione tributaria regionale della Basilicata, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello per due motivi, per altro genericamente esposti nella motivazione: tardività della liquidazione e omissione del previo avviso bonario di irregolarità.

L’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione con sette motivi e chiede cassarsi la sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.

La parte intimata non propone difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente propone sette motivi di ricorso.

1.1- Primo motivo: violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; nullità della sentenza per omessa pronunzia sulla eccezione di inammissibilità del ricorso originario della contribuente perchè proposto in violazione del termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21. Inammissibilità ritenuta dal giudice di primo grado con decisione che non ha costituito oggetto di appello, e nuovamente eccepita dall’Agenzia nell’atto di costituzione in appello. Sul punto la sentenza impugnata è silente.

1.2- Secondo motivo: vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4; violazione di legge e nullità della sentenza che, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 324 c.p.c., ha deciso nel merito in grado di appello nonostante la sentenza di primo grado avesse ritenuto l’inammissibilità del ricorso originario perchè tardivamente proposto e tale decisione non avesse costituito oggetto di gravame.

1.3- Terzo motivo: violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; nullità della sentenza per omessa pronunzia sull’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello per mancanza di specificità dei motivi.

1.4- quarto motivo: vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4; violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53 e dell’art. 324 c.p.c. e nullità della sentenza per non avere dichiarato l’inammissibilità dell’appello nonostante fosse privo di motivi specifici, consistendo nella mera riproposizione dei motivi del ricorso originario.

1.5- quinto motivo (erroneamente rubricato nel ricorso al n. 3): violazione e falsa applicazione del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5 bis e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè erroneamente il giudice a quo ha ritenuto, per altro con motivazione generica, che la liquidazione dell’imposta oggetto del giudizio dovesse avvenire entro il 31.12.2006 “secondo quanto previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972”, art. 54 bis, senza tener conto della disciplina transitoria prevista dalla normativa indicata, che per la liquidazione delle dichiarazioni dei redditi presentate negli anni anteriori alla sua entrata in vigore- per il caso qui in esame nell’anno 2003- stabiliva il termine del quarto anno successivo a quello di presentazione, termine che nella fattispecie è stato rispettato.

1.6- sesto motivo (erroneamente rubricato nel ricorso al n. 4): violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis e della L. n. 212 del 2000, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto l’obbligatorietà del previo invio di comunicazione di irregolarità al contribuente prima della liquidazione dell’imposta, sia perchè detta comunicazione non è obbligatoriamente prevista per legge a pena di nullità, sia perchè nel caso in esame comunque la comunicazione era stata inviata, come documentato agli atti di causa.

1.7-settimo motivo: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis, 42 e 25 e della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè erroneamente la sentenza impugnata avrebbe ritenuto necessaria la previa comunicazione di irregolarità al contribuente per consentirgli “immediata lettura e facilitazione di interpretazione della provenienza e della natura del tributo”, adempimenti invece non necessari a sensi di legge poichè la liquidazione era stata effettuata ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, sulla base dei dati forniti dallo stesso contribuente con la dichiarazione mod. Unico da lui presentata.

2.- I primi due motivi di ricorso nonchè il quarto, da esaminarsi insieme perchè fra di loro connessi, sono fondati. E’ pacifico in atti che la cartella di pagamento impugnata fu notificata alla ricorrente in data 20 settembre 2006, mentre il ricorso alla Commissione tributaria provinciale fu presentato il 28 dicembre 2006, quando era abbondantemente scaduto il termine di gg. 60 previsto a pena di inammissibilità dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, per la presentazione del ricorso.

2.1- Tale circostanza, eccepita dall’Agenzia delle entrate già all’atto della costituzione in giudizio in primo grado, era stata già valutata dal primo giudice, che aveva precisato in motivazione che “la richiesta di inammissibilità invocata dall’Ufficio nel caso in esame si appalesa pienamente legittima e fondata” decidendo di conseguenza.

2.2- Avverso questa decisione non era stato proposto alcun motivo di appello, come emerge dall’esame dell’atto di appello-integralmente qui trascritto dalla odierna ricorrente- che consiste nella mera riproposizione del ricorso presentato in primo grado, per altro senza indicazione di alcuno specifico motivo di critica avverso la sentenza appellata, come richiesto a pena di inammissibilità dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53. Inoltre l’Agenzia delle entrate aveva riproposto espressamente in sede di controdeduzioni all’atto di appello sia l’eccezione di inammissibilità del ricorso originario che la motivazione adottata al riguardo dalla Commissione tributaria provinciale (atti trascritti in parte qua nel presente ricorso).

2.3- Risulta pertanto incomprensibile per quale motivo la sentenza di appello abbia omesso di valutare queste pacifiche emergenze processuali, nonostante a ciò espressamente sollecitata dalle specifiche controdeduzioni dell’Agenzia delle entrate, di cui invece non vi è alcuna traccia nella sentenza, e nonostante la questione fosse pregiudiziale all’esame delle questioni di merito, rispetto a queste logicamente e giuridicamente assorbente.

3.- L’omesso esame di dette questioni costituisce causa di nullità della sentenza impugnata, che deve essere perciò cassata in accoglimento dei primi due e del quarto motivo di ricorso, con assorbimento dei rimanenti, la cui valutazione non appare necessaria.

4.- Per altro, poichè la tardività del ricorso originario emerge con certezza dagli atti processuali, ed è stata riconosciuta anche dal giudice di primo grado, e poichè inoltre dall’esame dell’atto di appello emerge con evidenza la mancanza di motivi specifici di impugnazione, consegue l’inammissibilità dell’appello, che va dichiarata in questa sede ai sensi dell’art. 382 c.p.c., senza necessità di rinvio al giudice a quo. Segue inoltre la condanna alle spese dell’appellante L.R.C., ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 2.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi clge motivi del ricorso, nonchè il quarto, assorbiti gli altri, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, dichiara l’appello inammissibile e condanna L.R.C. al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 3000 (tremila) per la fase di appello ed in Euro 5.600 (cinquemilaseicento), oltre spese prenotate a debito, per il giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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