Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1158 del 21/01/2020

Cassazione civile sez. III, 21/01/2020, (ud. 02/07/2019, dep. 21/01/2020), n.1158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29315-2017 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASSIODORO

1/A, presso lo studio dell’avvocato MARCO ANNECCHINO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del Procuratore Dott.

F.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE FORNACI 38,

presso lo studio dell’avvocato FABIO ALBERICI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUCIA SPINOGLIO;

– controricorrente –

e contro

REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA, REALE MUTUA ASSICURAZIONI

SPA, ALLIANZ SPA;

– intimati –

Nonchè da:

REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA, in persona del Presidente

della Regione in carica Avv. S.D., elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA COLONNA 355, presso lo studio

dell’avvocato DANIELA IURI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MICHELA DELNERI;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 360/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 31/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

2/07/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del ricorso e

l’assorbimento del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato MARCO ANNECCHINO;

udito l’Avvocato SARA CISTRIANI per delega orale;

udito l’Avvocato DANIELA IURI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel 2009 P.G. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Trieste, la Regione Friuli Venezia Giulia, quale successore ex lege nei rapporti obbligatori facenti capo all’estinta Unità Sanitaria Locale n. (OMISSIS) Carnica, ed espose che: 1) a causa di un sinistro stradale avvenuto in data (OMISSIS), aveva riportato una frattura alla gamba destra con abrasioni anteriori e posteriori; 2) era stato trasportato d’urgenza presso il presidio ospedaliero di (OMISSIS) della predetta U.S.L., dove non gli era stata diagnosticata una infezione da batteri e praticata alcuna terapia antibiotica se non a partire dal (OMISSIS) e dove il (OMISSIS) successivo era stato sottoposto ad un intervento di “inchiodamento endomidollare”; 3) aveva contratto una infezione che era degenerata in osteomielite con pseudoartrosi infetta, per cui era stato sottoposto, in circa dieci anni, a venticinque interventi, l’ultimo dei quali consistito nell’amputazione parziale dell’arto, ormai inevitabile a causa della necrosi della tibia.

Tanto premesso, l’attore chiese la condanna della convenuta al risarcimento dei danni da lui subiti per quanto esposto.

Si costituì la Regione convenuta che, per quanto ancora rileva in questa sede, eccepì la prescrizione del diritto fatto valere dall’attore, chiese il rigetto della domanda, sostenendone l’infondatezza, e chiamò in causa le società assicuratrici UnipolSai, Allianz e Reale Mutua, proponendo nei loro confronti domanda di manleva.

Le chiamate in causa si costituirono, aderendo alle eccezioni della convenuta ed eccependo, altresì, la mancanza di copertura assicurativa e la decadenza dal diritto all’indennizzo.

Con sentenza pubblicata il 31 luglio 2013 il Tribunale di Trieste rigettò la domanda dell’attore, ritenendo che il diritto al risarcimento dei chiesti danni fosse già prescritto al momento della proposizione della domanda.

Avverso detta sentenza il P. propose gravame, del quale chiesero il rigetto sia la Regione (che, in via subordinata, propose pure appello incidentale riproponendo l’eccezione di difetto di legittimazione passiva già avanzata in primo grado e non rilevante in questa sede) che le società assicuratrici; queste ultime, in via subordinata, e la sola Unipol, in via di appello incidentale condizionato, riproposero l’eccezione di carenza di legittimazione passiva della Regione e riproposero, altresì, in relazione alla domanda di manleva avanzata da quest’ultima nei loro confronti, le medesime eccezioni sollevate al riguardo in primo grado e, in via del tutto subordinata, chiesero che l’eventuale condanna fosse mantenuta entro i limiti della quota di rischio garantita dalle rispettive polizze.

La Corte di appello di Trieste, con sentenza n. 360/2017, pubblicata in data 31 maggio 2017, rigettò l’appello proposto da P.G. e confermò, per ragioni diverse da quelle indicate dal primo giudice, la sentenza impugnata, disponendo, a parziale modifica del dispositivo, il rigetto della domanda proposta dall’attore perchè infondata; dichiarò integralmente compensate tra tutte le parti le spese di quel grado del giudizio e diede atto della sussistenza, in capo all’appellante, dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater per il raddoppio del contributo unificato.

In particolare la Corte di appello ritenne di non condividere le determinazioni del Tribunale in punto di prescrizione, evidenziando che il primo giudice aveva considerato quale termine ultimo per la decorrenza della prescrizione quello della diagnosi della pseudo artrosi infetta ((OMISSIS)), sul rilievo che da tale momento l’attore aveva avuto sicuramente conoscenza della propria patologia e dell’astratta riconducibilità a fonti di infezione e che, a tutto voler concedere, tale termine era comunque iniziato a decorrere dal 1996 quando era stato riscontrato “il 70% di setticemia nel sangue”, sicchè al momento dell’instaurazione del giudizio (21 settembre 2009) il diritto al risarcimento dei danni fondato sul titolo contrattuale era già prescritto, essendo ampiamente decorso il relativo termine decennale.

Affermò la Corte di merito che il danno fatto valere dal P. fosse quello derivante dall’amputazione parziale della gamba, intervenuta nel 2001, che, pur essendo, nella prospettazione attorea, eziologicamente ricollegabile alla negligenza dei sanitari che lo avevano soccorso e curato nell’immediatezza del sinistro senza somministrargli tempestivamente una terapia antibiotica, costituiva una perdita anatomica e, come tale, una lesione nuova ed autonoma, ontologicamente diversa dalla perdita funzionale “derivante dall’infezione dell’organo”. Pertanto, il motivo di appello era fondato, non essendo revocabile in dubbio che l’amputazione parziale della gamba rappresentasse una lesione nuova ed autonoma rispetto a quelle manifestatesi in precedenza.

Secondo la Corte di merito, tuttavia, ciò non valeva a mutare l’esito del giudizio, in quanto, sia pure con diversa motivazione, la domanda andava, comunque, rigettata, perchè infondata per difetto di nesso di causalità.

Avverso la sentenza della Corte territoriale P.G. ha proposto ricorso per cassazione, basato su quattro motivi e illustrato da memoria.

La Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ha resistito con controricorso contenente pure ricorso incidentale, basato su un unico motivo.

Ha resistito con controricorso UnipolSai Assicurazioni S.p.a..

Le società intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Ricorso principale.

1. Con il primo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Totale incoerenza tra premessa e conclusione”.

Ad avviso del ricorrente, la Corte di merito, premesso che l’infezione patita dal P. avrebbe potuto avere teoricamente molte cause e che la vera causa fosse rimasta ignota, avrebbe da ciò tratto la conclusione che anche una tempestiva terapia antibiotica non avrebbe impedito l’evento ed avrebbe fornito, al riguardo, una motivazione apparente e fondata su affermazioni inconciliabili.

1.1. Il motivo è infondato.

La Corte territoriale non ha affermato – contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente – che, essendo la causa dell’infezione rimasta ignota, “anche una tempestiva terapia antibiotica non avrebbe impedito l’evento”.

In realtà, quella Corte, in base alle risultanze della c.t.u. espletata, ha ritenuto che le complicanze successive al ricovero presso l’Ospedale di (OMISSIS) e di cui si discute in causa non sono state diretta conseguenza delle scelte terapeutiche riguardanti i tempi di somministrazione di terapia antibiotica e dell’intervento di osteosintesi. Ed invero, evidenziato che l’attore, a seguito del sinistro avvenuto il (OMISSIS), era stato ricoverato presso il già indicato ospedale, dove, essendo stata riscontrata una frattura scomposta della gamba destra, era stato sottoposto dapprima a trazione transcheletrica e poi, in data (OMISSIS) 1992, ad un intervento di inchiodamento secondo Kuntschert, e che era pacifico che, a partire dal (OMISSIS), al P. era stata somministrata terapia antibiotica, la Corte di appello ha affermato, sulla scorta di quanto evidenziato dall’ausiliare, le cui argomentazioni e conclusioni ha condiviso, che la somministrazione di antibiotici nei giorni anteriori non avrebbe comunque escluso l’insorgenza dell’infezione dell’ematoma e la successiva osteomielite. Quella Corte ha, altresì, osservato che nella relazione del C.T.U. era stato anche evidenziato che “all’epoca dei fatti non esistevano sicure linee guida per questo tipo di trattamento”, che gli antibiotici ad ampio spettro presenti in ambito ospedaliero in quegli anni avevano limitate capacità di penetrazione ossea e che la comparsa di una osteomielite o di una pseudoartrosi infetta a livello di focolaio di frattura può essere provocata e favorita da molte cause, dettagliatamente pure riportate nella sentenza impugnata, sicchè l’inizio della colonizzazione batterica e la successiva infezione potrebbe essere intervenuta anche durante le fasi dell’esecuzione dell’intervento chirurgico, quando era già stata posta in essere una somministrazione di antibiotici, o durante i giorni successivi. La Corte territoriale ha, quindi, concluso affermando che “non può… ritenersi, sulla scorta della espletata C. T. U., che l’omissione lamentata dall’appellante (terapia antibiotica iniziata con ritardo) abbia avuto un’incidenza causale sulla malattia e le condizioni fisiche del P.”.

Risulta, quindi, del tutto evidente che la motivazione espressa dalla Corte di appello sul punto in questione non è assolutamente apparente e non è fondata in alcun modo su affermazioni inconciliabili, come sostenuto dal ricorrente.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Fraintendimento della domanda, e conseguente violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato” (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), il ricorrente sostiene di aver ascritto, nell’atto di citazione, ai convenuti e alla Regione, che del loro operato doveva rispondere, “la mancata prescrizione di terapia antibiotica a fronte di frattura e lesioni cutanee con paziente febbrile”, sicchè la Corte di merito avrebbe dovuto stabilire se la somministrazione di una terapia antibiotica avrebbe potuto teoricamente prevenire l’infezione. Invece, ad avviso del P., il Giudice del secondo grado, dopo aver ritenuto che l’infezione potesse avere “molte cause” e che la causa vera era rimasta ignota, aveva rigettato la domanda e, così statuendo, la medesima avrebbe confuso la causa dell’infezione con la causa del danno, in tal modo emettendo “una decisione incoerente con la domanda” e pronunciando “su una questione diversa, non prospettata da alcuno”.

2.1. Anche il secondo motivo è infondato, per le ragioni già indicate con riferimento al primo mezzo e che ben rendono pure evidente che, nella specie, non sussiste neppure la lamentata violazione dell’art. 112 c.p.c..

3. Con il terzo motivo si deduce “Violazione dell’art. 40 c.p. Omesso esame d’un fatto decisivo” (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5).

Assume il ricorrente che la Corte di appello, nel negare l’esistenza del nesso di causa tra l’omissione ascritta ai sanitari e il danno, dichiarando di voler condividere sul punto la c.t.u., avrebbe trascurato di considerare “il fatto decisivo” rappresentato dalla incompletezza della cartella clinica ed avrebbe, altresì, violato l’art. 40 c.p., così come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di accertamento del nesso di causa tra omissioni dei sanitari e danno del paziente.

3.1. Il motivo va disatteso.

Anzitutto va osservato che, nella specie, l’incompletezza della cartella clinica, peraltro neppure prospettata con sufficiente grado di specificità (avendo riportato il P., in ricorso, solo alcuni brevi brani della relazione di c.t.u., estrapolati dal loro più ampio contesto), non costituisce fatto decisivo, alla luce di quanto evidenziato e ritenuto dalla Corte di merito in base ad un accertamento in fatto operato dalla medesima Corte sulla scorta delle risultanze dell’espletata c.t.u..

Al riguardo si osserva che questa Corte ha già avuto modo di affermare che, in tema di responsabilità professionale sanitaria, l’eventuale incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente soltanto quando proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l’accertamento del relativo nesso eziologico e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha confermato la sentenza impugnata che aveva negato rilevanza causale all’incompletezza della cartella clinica in quanto la documentazione agli atti, anche prodotta dall’attore, era sufficiente ad escludere la responsabilità del medico) (Cass. 21/11/2017, n. 27561).

E nel caso all’esame, come già sopra evidenziato, la Corte di appello ha motivatamente escluso, “sulla scorta dell’espletata C. T. U., che l’omissione lamentata dall’appellante (terapia antibiotica iniziata con ritardo) abbia avuto un’incidenza causale sulla malattia e le condizioni fisiche del P.” proprio in base al criterio – invocato dall’attuale ricorrente – del “più probabile che non”, enucleato dalla giurisprudenza in tema di responsabilità medica.

Ne consegue che non sussiste neppure la dedotta violazione di legge.

4. Con il quarto motivo (proposto in via subordinata) si lamenta violazione dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

Sostiene il ricorrente che la Corte di merito avrebbe violato l’art. 2697 c.c. nel ritenere che vi fosse incertezza sull’esistenza del nesso di causa tra la mancata somministrazione degli antibiotici e l’infezione patita dal paziente e che, sussistendo tale incertezza, la domanda attorea dovesse essere rigettata.

Non sussiste la lamentata violazione di legge, tenuto conto di quanto accertato dalla Corte di merito (insussistenza del nesso tra la terapia antibiotica iniziata con ritardo e la malattia e le condizioni fisiche del P., in base al criterio del “più probabile che non”) ed alla luce dei principi già affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di nesso causale e, in particolare, anche in tema di allocazione del rischio della causa ignota, in materia di responsabilità sanitaria, principi da ultimo ampiamente rielaborati, con dovizia di argomentazioni, da Cass. 11/11/2019, n. 28991.

5. il ricorso principale, va pertanto, rigettato.

Ricorso incidentale.

6. Dal rigetto del ricorso principale resta assorbito l’esame dell’unico motivo del ricorso incidentale proposto dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, rubricato “Art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2935, dell’art. 2947, omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione”.

7. Tenuto conto della particolarità delle questioni e della vicenda esaminate, vanno compensate per intero tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

8. Va disposto che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi di P.G..

9. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente principale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità; dispone che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi di P.G.; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2020

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