Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1158 del 19/01/2011

Cassazione civile sez. III, 19/01/2011, (ud. 02/12/2010, dep. 19/01/2011), n.1158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23668/2009 proposto da:

FONDAZIONE RAELIANA LUIGI VITTORIO FENGA (OMISSIS) (ammessa al

beneficio del gratuito patrocinio), in persona del suo legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA AMMIRAGLIO

BERGAMINI 12, presso lo studio dell’avvocato CAMMARERI PIETRO,

rappresentata e difesa dall’avvocato CANNATA Luciano, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CREDITO FONDIARIO E INDUSTRIALE – FONSPA – ISTITUTO PER I

FINANZIAMENTI A MEDIO E LUNGO TERMINE SPA (OMISSIS), F.L.

V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1080/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANIA del

13/02/08, depositata il 09/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato Cannata Luciano, difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. AURELIO GOLIA che si riporta

alla relazione scritta.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. – E’ chiesta la cassazione della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Catania in data 13.2.2008 e depositata il 9.9.2008 in materia di opposizione di terzo all’esecuzione.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Il ricorso per cassazione è inammissibile per mancato rispetto del dettato di cui all’art. 366 bis c.p.c., applicabile nella specie, per essere stata la sentenza impugnata pubblicata anteriormente all’entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69.

Ai ricorsi proposti contro sentenze pubblicate a partire dal 2.3.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 de 2006, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1, 2, 3, 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea giustificare la decisione.

Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (S.U. 1.10.2007 n. 20603; Cass. 18.7.2007 n. 16002).

Nel caso in esame, la formulazione dei motivi per cui è chiesta la cassazione della sentenza non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Il primo motivo relativo a violazioni di norme di diritto (L. 15 maggio 1997, n. 127, art. 13, integrato dalla L. 22 giugno 2000, n. 192, art. 1) si conclude con un quesito inadeguato, per essere generico, senza alcun riferimento al caso concreto (v. anche S.U. 9.7.2008 n. 18759).

In tal modo non consente alla Corte di Legittimità di enunciare il principio di diritto che lo risolva.

Il secondo motivo, relativo al pagamento delle spese del giudizio di appello, resta assorbito”.

La relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai difensori delle parti.

Non sono state presentate conclusioni scritte, ma è stata ascoltata in Camera di consiglio.

La ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio – esaminati i rilievi contenuti nella memoria – ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Ha ritenuto di dovere osservare.

Pur essendo assorbente la declaratoria di inammissibilità per le ragioni esposte nella relazione, deve, tuttavia, sottolinearsi, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., comma 3, che il ricorso sarebbe stato in ogni caso manifestamente infondato.

Infatti, la norma richiamata dalla ricorrente, della L. n. 127 del 1997, art. 13 (integrata a sua volta dalla L. n. 192 del 2000, art. 1), abrogatrice dell’art. 17 c.c. – che prevedeva la preventiva autorizzazione governativa per l’accettazione dell’eredità da parte di una fondazione costituita per testamento, con nomina dell’ente, in qualità di erede -, pur essendo retroattiva,nel senso della sua applicabilità ai rapporti ancora pendenti, non è invocabile nella specie, per essersi la situazione della mancata richiesta di autorizzazione già definita.

L’atto costitutivo della fondazione risale al 20.9.1990, ma la stessa non risulta – come ha sottolineato la Corte di merito – avere richiesto il riconoscimento della personalità giuridica nel termine dell’anno per rendere così efficace, ai sensi dell’art. 786 c.c., la donazione disposta in suo favore.

Ne consegue che, decorso inutilmente tale termine, la dichiarazione del donante doveva intendersi tamquam non esset, con il rientro dei beni nel patrimonio del donante.

Conclusivamente, il ricorso è dichiarato inammissibile.

Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2011

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