Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11578 del 03/05/2021

Cassazione civile sez. I, 03/05/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 03/05/2021), n.11578

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 8994/2019 proposto da:

T.D., rappresentato e difeso dall’Avv. Gianluca Vitale, come

da procura allegata al ricorso per cassazione, ed elettivamente

domiciliato presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione.

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato.

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di TORINO n. 814/2019 depositato in

data 4 febbraio 2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

3/12/2020 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con decreto del 4 febbraio 2019, il Tribunale di Torino ha rigettato il ricorso proposto da T.D., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento di diniego della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

2. Il richiedente ha riferito di avere lasciato la Nigeria per sottrarsi alle minacce di un gruppo di militanti, i Niger Delta (OMISSIS), poichè si era rifiutato, insieme ad un amico, poi ucciso, di aderire a detto gruppo che si era proposto di combattere contro le ditte che venivano a prendere l’olio crudo.

3. Il Tribunale ha ritenuto che il racconto del richiedente non era credibile e che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, tenuto conto anche della situazione del paese di provenienza alla luce delle fonti richiamate; anche la domanda di protezione umanitaria non poteva essere accolta nella mancanza di seri motivi umanitari; non era decisiva la documentazione comprovante l’assunzione a tempo parziale con contratto di apprendistato professionalizzante del (OMISSIS), come addetto al volantinaggio, poichè il richiedente godeva di buona salute e aveva depositato una sola busta paga dell’importo netto di Euro 267,00, nonostante nel detto contratto fosse stato indicato il termine del 31 luglio 2023.

3. T.D. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a tre motivi.

4. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente solleva la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto del D.L. n. 13 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g) e art. 21, comma 1, così come convertito dalla L. n. 46/2017, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1 e art. 77 Cost., comma 2, per mancanza dei presupposti di necessità e urgenza nell’emanazione dello stesso decreto legge, per quanto concerne il differimento dell’efficacia temporale e, quindi, dell’entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale.

1.1 Già questa Corte, con motivazione condivisibile che qui si richiama, ha ritenuto la questione prospettata manifestamente infondata, in ragione del fatto che è priva di fondamento logico l’assunto del ricorrente secondo cui la previsione di un termine di 180 giorni per l’entrata in vigore del nuovo rito in materia di protezione internazionale denoterebbe l’insussistenza del requisito di urgenza per l’adozione dello strumento del decreto legge, dal momento che l’esigenza di un intervallo temporale perchè possa entrare a regime una complessa riforma processuale, quale quella in discorso, non esclude affatto che l’intervento di riforma sia caratterizzato dal requisito dell’urgenza (Cass., 5 luglio 2018, n. 17717; Cass., 5 novembre 2018, n. 28119).

Peraltro, poichè la questione sollevata investe il corretto esercizio della funzione normativa primaria, i giudici delle leggi hanno affermato che “la sindacabilità dei presupposti in relazione all’art. 77 Cost., della scelta del Governo di intervenire con decreto-legge va limitata ai soli casi di evidente mancanza dei presupposti in questione o di manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della relativa valutazione” (Corte Costituzionale, sentenza 10 ottobre 2017, n. 236).

2. Con il secondo motivo il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1; art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., commi 1, 2 e 5, art. 117 Cost., comma 1, quest’ultimo parametro così come integrato dall’art. 46, paragrafo 3, della Direttiva 32/2013 e dagli artt. 6 e 13 della CEDU; per quanto concerne la previsione del rito camerale ex artt. 737 c.p.c. e segg. e relative deroghe espresse dal legislatore, nelle controversie in materia di protezione internazionale.

2.1 Anche in questo caso, la Corte, con motivazione condivisibile che qui si richiama, ha ritenuto la questione prospettata manifestamente infondata, in ragione del fatto che il rito camerale previsto dall’art. 737 c.p.c., rito previsto pure per la trattazione di controversie in materia di diritti e di “status”, è idoneo a garantire il contraddittorio anche nel caso in cui non sia disposta l’udienza, sia perchè tale eventualità è limitata solo alle ipotesi in cui, in ragione dell’attività istruttoria precedentemente svolta, essa appaia superflua, sia perchè in tale caso le parti sono comunque garantite dal diritto di depositare difese scritte (Cass., 28 ottobre 2020, n. 23780; Cass., 5 luglio 2018, n. 17717).

La Corte di Cassazione ha, peraltro, ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 35 bis richiamato, per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, artt. 24 e 111 Cost., anche nella parte in cui stabilisce che il procedimento per l’ottenimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile in quanto è necessario soddisfare esigenze di celerità, non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado ed il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l’istante, l’elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione (Cass., 30 ottobre 2018, n. 27700).

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3; D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6; falsa applicazione di norme di diritto; violazione dei criteri legali per l’accertamento della condizione di violenza indiscriminata nel Paese di origine del richiedente e omessa istruttoria, avendo il Tribunale, con riferimento ai presupposti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, comma 1, lett. c), richiamato una serie di documenti e rapporti piuttosto risalenti nel tempo, rispetto alla data della decisione (3 ottobre 2018), otre che relativi ad aree del Paese distinte rispetto a quella di provenienza del ricorrente (Delta State); che l’unica fonte riferibile a tale regione, tratta dal sito del Ministero degli Affari esteri ((OMISSIS)), riferiva che nel centro sud e su del paese, in particolare nel Delta del Niger, si registrava un’elevata attività criminale rivolta anche contro espatriati e imprese straniere e numerosi atti di pirateria che si verificavano in prossimità delle coste.

3.1 Il motivo è infondato.

3.2 La valutazione della domanda di protezione internazionale deve avvenire, a mente del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a), tramite l’apprezzamento di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese di origine al momento dell’adozione della decisione.

Il successivo comma 5 della citata norma stabilisce che qualora taluni elementi o aspetti delle dichiarazioni del richiedente non siano suffragati da prove, essi sono considerati veritieri se l’autorità competente a decidere ritenga che le dichiarazioni siano coerenti e plausibili e non siano in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso di cui si dispone (lett. c).

In modo corrispondente del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, prevede l’obbligo di valutare le condizioni socio-politiche del Paese d’origine del richiedente, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione, con la conseguenza che il giudice del merito non può limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo in tale ipotesi la pronuncia, ove impugnata, incorrere nel vizio di motivazione apparente (Cass., 20 maggio 2020, n. 9230).

Queste norme dunque, oltre a sancire un dovere di cooperazione del richiedente asilo consistente nell’allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, pongono a carico dell’autorità decidente un più incisivo obbligo di informarsi in modo adeguato e pertinente alla richiesta, soprattutto con riferimento alle condizioni generali del paese d’origine, allorquando le informazioni fornite dal richiedente siano deficitarie o mancanti (Cass., 10 giugno 2020, n. 11175; Cass., 20 maggio 2020, n. 9230, citata).

Ne consegue che incorre nella violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, oltre che nel vizio di motivazione apparente, la pronuncia che, nel prendere in considerazione la situazione generale esistente nel paese di origine del cittadino straniero, si limiti a valutazioni solo generiche o comunque non individui le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte (Cass., 22 maggio 2019, n. 13897; Cass., 20 maggio 2020, n. 9230).

E’ utile ribadire che il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza ricorre ogni qualvolta il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logico-giuridica, rendendo così impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass., 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., 5 agosto 2019, n. 20921; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053)

3.3 La pronuncia impugnata, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, si è attenuta ai principi esposti.

Ed infatti, il Tribunale, richiamando plurime fonti aggiornate al 2017 2018, ha preso in esame le condizioni esistenti nella regione di provenienza del richiedente asilo, affermando specificamente che la situazione di pericolo della Nigeria riguardava in particolare gli Stati del Nord e del Nord est, dove era attivo il gruppo terroristico di (OMISSIS) e che anche gli attacchi terroristici erano concentrati nel nord est del Paese.

Il Tribunale, inoltre, ha evidenziato che nel centro sud e sud-est del Paese l’attività criminale registrata era rivolta contro espatriati e imprese straniere e gli atti di pirateria che si verificavano in prossimità delle coste erano commessi in danno di piattaforme petrolifere off-shore e di imbarcazioni commerciali e civili.

I giudici di merito hanno, infine, concluso, con motivazione che non è stata affatto censurata dal ricorrente, che dalle dichiarazioni rese si era appreso che il richiedente era nato e vissuto a (OMISSIS), la più grande città dello Stato del Delta, che, alla luce delle informazioni acquisite, doveva ritenersi uno Stato relativamente tranquillo ove non erano state segnalate situazioni di pericolo rilevanti del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c).

4. Il ricorso va, conclusivamente, rigettato.

Nulla sulle spese poichè l’Amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2021

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