Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11572 del 03/05/2021

Cassazione civile sez. I, 03/05/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 03/05/2021), n.11572

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 523/2019 proposto da:

S.B., rappresentato e difeso dall’Avv. Gianluca Vitale, in

virtù di procura in calce al ricorso per cassazione, elettivamente

domiciliato in Roma, via Torino, n. 7, presso lo studio legale

dell’Avv. Laura Barberio.

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato.

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di TORINO depositato in data 8

novembre 2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

3/12/2020 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con decreto dell’8 novembre 2018, il Tribunale di Torino ha rigettato il ricorso proposto da S.B., cittadino della (OMISSIS), avverso il provvedimento di diniego della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.

2. Il ricorrente aveva dichiarato che la sua ragazza era rimasta incinta all’età di 19 anni; che la madre l’aveva portata in farmacia ad abortire e che, nel (OMISSIS), la ragazza era morta; che i familiari della ragazza lo volevano uccidere e per questo era andato da sua sorella; era poi fuggito in Mali, dopo in Libia, dove era stato incarcerato, e, infine, in Italia.

3. Il Tribunale, dopo avere rigettato la richiesta di audizione del ricorrente, tenuto conto della documentazione depositata in atti e alla luce degli elementi già acquisiti, ha ritenuto il racconto del ricorrente non credibile e contraddittorio e, rilevando che il ricorrente non aveva insistito nella domanda di protezione internazionale, ma in quella di protezione umanitaria, non ha ritenuto sussistenti i presupposti della chiesta tutela, avendo il richiedente richiamato la situazione di povertà del paese di provenienza e il suo percorso di integrazione compiuto, con la conoscenza della lingua italiana, la frequenza della terza scuola media, un lavoro nel settore agricolo dal luglio a settembre 2017, con contatto prorogato, e corsi di formazione professionale; che tali elementi non erano sufficienti perchè da un lato si trattava di contratti precari e dall’altro non era possibile effettuare una valutazione comparativa, in ragione della totale inattendibilità del richiedente, con specifico riguardo alla situazione personale dello stesso nel paese di provenienza.

4. S.B. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato ad un unico motivo.

5. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

6. Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 e la violazione dei criteri legali per il riconoscimento della protezione umanitaria, avendo il Tribunale omesso di procedere all’audizione del ricorrente, violando l’onere di cooperazione istruttoria anche in ordine all’accertamento della situazione oggettiva in Guinea.

1.1 Il motivo è inammissibile, perchè il tribunale ha operato una valutazione comparativa e di inserimento in Italia, sul corretto presupposto che non sia a tal fine sufficiente, a concretare la condizione di vulnerabilità soggettiva riconducibile alla protezione umanitaria, il solo fatto della deteriore situazione nel Paese di origine e che la valutazione di comparazione non era possibile alla luce della inattendibilità totale del richiedente sul percorso migratorio.

1.2 Questa conclusione trova recente conferma nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui in materia di protezione umanitaria non può prescindersi, nella mancanza di prove del racconto dell’interessato ed in difetto di sollecitazioni ad acquisizioni documentali, dalla credibilità soggettiva del medesimo, analogamente a quanto avviene in ordine al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria (Cass., 24 aprile 2019, n. 11267; Cass., 21 dicembre 2016, n. 26641).

Inoltre, questa Corte ha affermato che il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari presuppone l’esistenza di situazioni non tipizzate di vulnerabilità dello straniero, risultanti da obblighi internazionali o costituzionali, conseguenti al rischio del richiedente di essere immesso, in esito al rimpatrio, in un contesto sociale, politico ed ambientale idoneo a costituire una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali (Cass., 22 febbraio 2019, n. 5358).

1.3 Il ricorrente, peraltro, svolge doglianze totalmente generiche e, non curandosi nemmeno della specifica ratio decidendi posta a fondamento della decisione impugnata (costituita dalla non credibilità del racconto), sollecita un’inammissibile rivalutazione degli accertamenti di fatto con specifico riferimento alla situazione del paese di provenienza, effettuata dal Tribunale, che ha, con adeguata motivazione, escluso, nel caso concreto, la sussistenza di fattori di vulnerabilità soggettiva ed oggettiva.

1.4 Anche la doglianza sulla mancata audizione del ricorrente è infondata perchè nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale (Cass., 28 febbraio 2019, n. 5973).

In ogni caso, la censura attinente alla mancata attivazione dei poteri officiosi del giudice investito della domanda di protezione risulta essere assolutamente generica e, per conseguenza, priva di decisività.

Il ricorrente non solo, non indica quali siano le informazioni che, in concreto, avrebbero potuto determinare l’accoglimento del proprio ricorso, ma fa riferimento, sempre generico, al diritto di essere sentito e alla violazione del diritto di difesa, senza indicare i fatti che avrebbero dovuto essere oggetto di chiarimento e senza spiegare neppure l’incidenza degli stessi nel caso in esame.

Questa Corte, di recente, ha affermato che “Nei giudizi in materia di

protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile” (Cass., 7 ottobre 2020, n. 21584).

Ed ancora più di recente, nel solco di quanto affermato dalla citata sentenza della Corte di Cassazione n. 21584/2020, è stato precisato che il corredo esplicativo dell’istanza di audizione deve risultare anche dal ricorso per cassazione, in prospettiva di autosufficienza; nel senso che il ricorso, col quale si assuma violata l’istanza di audizione, implica che sia soddisfatto da parte del ricorrente l’onere di specificità della censura, con indicazione puntuale dei fatti a suo tempo dedotti a fondamento di quell’istanza (Cass., 11 novembre 2020, n. 25312).

Tale onere, nella specie, come già detto, non risulta essere stato adempiuto.

2. Il ricorso va, conclusivamente, dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese poichè l’Amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2021

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