Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11570 del 13/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 13/05/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 13/05/2010), n.11570

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.G., elettivamente domiciliato in Roma, via Properzio

37, presso lo studio dell’avvocato Carmine Medici, rappresentato e

difeso dall’avv.to Acierno Dante, per procura in calce al ricorso per

cassazione;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i

cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso la decisione n. 50/46/07 della Commissione tributaria

regionale di Napoli, emessa il 13 marzo 2007, depositata il 21 marzo

2007, R.G. 3060/06;

udito l’Avvocato Acierno per il ricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENNICOLA Raffaele;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17 febbraio 2010 dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

rilevato che in data 13 gennaio 2010 è stata depositata relazione

che qui si riporta:

Il relatore cons. Dr. Giacinto Bisogni.

Letti gli atti depositati.

 

Fatto

OSSERVA IN FATTO

1. La controversia ha per oggetto l’Impugnazione da parte del contribuente F.L. dell’avviso di accertamento, relativo all’anno 1997, con il quale l’Agenzia delle Entrate di Nola aveva rideterminato il reddito di Impresa e conseguentemente l’importo di IRPEF, del contributo al servizio sanitario e del contributo straordinario per l’Europa nonchè delle sanzioni. Il contribuente ha dedotto che l’accertamento era stato fondato su un processo verbale di constatazione redatto a seguito di accesso effettuato nel 2004 dalla Guardia di Finanza presso l’abitazione del F. senza la necessaria autorizzazione della Procura della Repubblica e quindi illegittimamente. Ha inoltre contestato di aver svolto una attività caratterizzata dai requisiti di continuità e professionalità di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 51 e ha rilevato che l’Ufficio non aveva tenuto conto della continuazione ai fini della determinazione delle sanzioni;

2. La C.T.P. di Napoli ha respinto il ricorso rilevando che l’accesso della Guardia di Finanza era stato effettuato presso un locale adiacente ma distinto dall’abitazione e che la prova della continuità dell’attività di impresa risultava dagli accertamenti della Guardia di Finanza nonostante la dichiarazione di cessazione del 1995;

3. Ha proposto appello il F. insistendo sulla necessità dell’autorizzazione della Procura della Repubblica in relazione al carattere promiscuo dell’utilizzazione dei locali in cui era stato eseguito l’accesso e sull’assenza di prova circa la continuità dell’attività;

4. La C.T.R. ha confermato la decisione impugnata;

5. Ricorre per cassazione il contribuente che deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 1 e 2, nonchè la omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5 e pone i seguenti quesiti: a) se la CTR avrebbe dovuto tener conto e valutare la documentazione prodotta in sede di appello, disattesa, a dimostrazione della promiscuità dei locali oggetto di accesso della Guardia di finanza, in applicazione della norma processuale tributaria di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, b) se l’accesso della Guardia di Finanza in locale promiscuo adibito ad abitazione e laboratorio artigianale può operarsi in assenza e violazione di provvedimento autorizzativi anche della Procura della Repubblica, ai sensi del combinato disposto degli artt..

6. Si difende con controricorso l’Agenzia delle Entrate;

Ritiene che:

1. il ricorso sia inammissibile e comunque palesemente infondato per le seguenti ragioni: il secondo quesito pone una prospettazione irrilevante ai fini del decidere in considerazione del fatto che i giudici del merito non hanno ritenuto che l’accesso in locali adibiti ad uso promiscuo non sia soggetto all’autorizzazione della Procura della Repubblica ma hanno ritenuto in fatto che l’accesso della Guardia di Finanza abbia interessato locali adibiti esclusivamente ad attività commerciale;

2. il primo quesito si basa su una richiesta di rilievo dell’obbligo per la CTR di tenere conto della documentazione prodotta che è anch’esso privo di rilievo dato che la motivazione della CTR afferma.

espressamente di aver tenuto in considerazione tale documentazione e di averla considerata inidonea a far ritenere che i locali fossero adibiti ad uso promiscuo;

3. il vizio di motivazione è dedotto senza la formulazione di quella sintesi prescritta a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c.. Inoltre il ricorrente non trasfonde nel ricorso il contenuto dei documenti che ritiene non valutati dalla CTR e fa solo un generico cenno a una scala di comunicazione interna fra locale dove si svolgeva l’attività di meccanico e l’abitazione. Ciò fa ritenere privo di autosufficienza e comunque infondato il ricorso dato che la CTR nella sua motivazione ha evidenziato che l’accesso della GdF si svolse esclusivamente nel locale di via (OMISSIS), provvisto di autonomo accesso rispetto alla vicina abitazione, e che tale locale era adibito esclusivamente all’attività di riparazione meccanica del F.. La CTR ha inoltre affermato che la documentazione prodotta in appello non dimostra la promiscuità della destinazione di tale locale nè la sua stretta connessione con l’area familiare. Non vi sono elementi per ritenere che tale motivazione sia insufficiente, illogica o addirittura inesistente;

4. sussistono i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per il rigetto del ricorso.

ritenuto che tale relazione appare pienamente condivisibile cosicchè il ricorso deve essere respinto con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di Cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione che liquida in complessivi Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2010

 

 

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