Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11565 del 11/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 11/05/2017, (ud. 31/01/2017, dep.11/05/2017),  n. 11565

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – rel. Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10198/2011 proposto da:

F.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CANEVA 51, presso lo studio dell’avvocato CORRADO DE CESARE, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LUIGI LA PECCERELLA

e RAFFAELLA FABBI, che lo rappresentano e difendono giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 137/2011 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 22/02/2011 mr.g.n. 3638/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

31/01/2017 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato EMILIA FAVATA per delega verbale Avvocato RAFFAELA

FABBI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F.A., ausiliaria presso il Policlinico di Bari, deduceva di aver subito un infortunio sul lavoro in data 23.1.2007 e chiedeva al Tribunale di Trani l’accertamento del diritto al riconoscimento dell’infortunio ed al conseguimento dell’indennità per inabilità temporanea.

L’Inail contestava la domanda, ma il giudice adito evidenziava la ricorrenza dell’interesse della lavoratrice alla pronunzia in quanto la medesima, pur avendo ricevuto dall’Inps l’indennità per il relativo periodo di malattia, avrebbe potuto conseguire, all’esito dell’accertamento dell’infortunio sul lavoro, la revisionabilità decennale dell’evento in caso di aggravamento dei postumi invalidanti, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83.

La Corte d’appello di Bari, riformando la sentenza di primo grado a seguito di impugnazione dell’Inail, ha rigettato la domanda dopo aver rilevato la carenza di interesse ad agire di F.A. ai fini della condanna dell’Inail alla corresponsione dell’indennità di inabilità temporanea, non potendo ritenersi fondato nemmeno l’accertamento della natura professionale della patologia al solo fine della revisionabilità decennale della stessa in caso di aggravamento, stante l’inammissibilità, in tale ipotesi, della domanda, il cui accoglimento avrebbe dovuto presupporre la mancata percezione della retribuzione nel periodo oggetto di infortunio.

Per la cassazione della sentenza ricorre la F. con un unico motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Resiste con controricorso l’Inail.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con un solo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5, in relazione all’art. 437 c.p.c., e del D.P.R. n. 1125 del 1965, artt. 2 e 83, lamentando che in appello l’Inail aveva mutato il “thema decidendum” nel momento in cui aveva affermato che essa assicurata era priva dell’interesse ad agire per aver ricevuto comunque il corrispettivo della retribuzione per l’astensione dal lavoro, seppure sotto forma di indennità di malattia. Invece, secondo la ricorrente, l’indennità per inabilità temporanea conservava la sua autonomia in conseguenza dell’infortunio, potendo avere come conseguenza, in caso di peggioramento della patologia, l’insorgenza della possibilità per essa infortunata di vedersi riconosciuto il danno biologico per effetto della revisione D.P.R. n. 1124 del 1965, ex art. 83.

Il ricorso è infondato.

Invero, correttamente la Corte d’appello di Bari ha posto in evidenza l’errore in cui era incorso il primo giudice nell’accogliere la domanda della F. per carenza, all’atto della sua proposizione (22.8.2007), di un suo concreto interesse ad agire per aver già percepito l’ordinaria retribuzione nel periodo oggetto di inabilità temporanea ed essendo, in ogni caso, inammissibile una pronunzia di mero accertamento della natura professionale della malattia in vista di futuri ed eventuali aggravamenti delle conseguenze dello stesso infortunio. In effetti, il primo giudice non aveva considerato che l’erogazione dell’indennità di inabilità temporanea presupponeva la mancata percezione della retribuzione nel periodo oggetto di infortunio. In modo altrettanto corretto la Corte di merito ha rilevato che nella fattispecie le conseguenze della pronunzia di condanna dell’Inail alla corresponsione indebita dell’indennità per inabilità temporanea non potevano essere neutralizzate, come aveva inteso fare il primo giudice, attraverso la previsione del meccanismo di restituzione del trattamento alternativo corrisposto dall’Inps, posto che il mancato avverarsi del rischio di duplicazione per lo stesso evento del beneficio previdenziale veniva sostanzialmente rimesso, in modo abnorme, alla buona fede della parte assistita, attesa la mancata conoscenza di tale obbligazione restitutoria da parte dell’Inps, soggetto del tutto estraneo al presente giudizio.

Orbene, questa Corte ha avuto occasione di statuire (Cass. sez. lav. n. 10039 del 10.7.2002) che “è inammissibile, per difetto di interesse ad agire, l’azione tesa ad accertare, in vista di eventuali postumi indennizzabili, il nesso di causalità tra infortunio e prestazione di lavoro, atteso che il processo può essere utilizzato solo a tutela di diritti sostanziali e deve concludersi (salvo casi eccezionali) con il raggiungimento dell’effetto giuridico tipico, cioè con l’affermazione o la negazione del diritto dedotto in giudizio, onde i fatti possono essere accertati dal giudice solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sè e per gli effetti possibili e futuri che da tale accertamento si vorrebbero ricavare, dovendosi rilevare che la natura lavorativa dell’infortunio non costituisce una questione pregiudiziale al diritto alla rendita (come, ad esempio, l’esistenza del rapporto assicurativo con un determinato soggetto, bensì uno degli elementi costitutivi del diritto medesimo)”.

Si è, altresì, precisato (Cass. sez. lav. n. 17788 del 22.11.2003) che “è inammissibile, per difetto di interesse ad agire, l’azione diretta ad accertare il nesso di causalità tra infortunio e prestazione di lavoro, senza che sia residuata una inabilità permanente indennizzabile, atteso che il processo può essere utilizzato solo a tutela di diritti sostanziali e deve concludersi (salvo casi eccezionali) con il raggiungimento dell’effetto giuridico tipico, cioè con l’affermazione o la negazione del diritto dedotto in giudizio, onde i fatti possono essere accertati dal giudice solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sè e per gli effetti possibili e futuri che da tale accertamento si vorrebbero ricavare, dovendosi rilevare che la natura lavorativa dell’infortunio non costituisce una questione pregiudiziale al diritto alla rendita, come tale suscettibile, a norma dell’art. 34 c.p.c., di accertamento incidentale con efficacia di giudicato separatamente dall’esame della domanda principale, essendo invece uno degli elementi costitutivi del diritto medesimo.” (in senso conf. v. Cass. sez. lav. n. 3905 del 17.3.2003 e Cass. sez. lav. n. 17971 del 2.8.2010).

Quindi, in tali casi l’inammissibilità della domanda è ravvisata nella circostanza che la stessa finisce per risolversi in richieste di accertamento di meri fatti, incompatibile con la funzione del processo che può essere utilizzato solo a tutela di diritti sostanziali e deve concludersi (salvo casi eccezionali) con il raggiungimento dell’effetto giuridico tipico, cioè con l’affermazione o la negazione del diritto dedotto in giudizio, onde i fatti possono essere accertati dal giudice solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sè e per gli effetti possibili e futuri che da tale accertamento si vorrebbero ricavare.

Oltretutto, in tema di assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro, qualora si aggravino, determinando una inabilità temporanea assoluta, gli esiti di un infortunio o di una malattia professionale, per i quali viene già corrisposta una rendita per inabilità permanente parziale, non sussiste il diritto ad una indennità giornaliera, non potendo tali prestazioni cumularsi, mentre eventuali ricadute nella malattia o riacutizzazioni degli esiti dell’infortunio, che determinino l’impossibilità temporanea di attendere al lavoro possono essere prese in considerazione ove aggravino stabilmente la condizione del lavoratore, in sede di revisione della rendita di inabilità, D.P.R. n. 1124 del 1965, ex art. 83, restando pur sempre salva la tutela del lavoratore predisposta in via generale dall’art. 2110 c.c., a mezzo delle prestazioni per malattia a carico dell’INPS (v. in tal senso Cass. sez. lav. n. 11145 dell’11.6.2004, nonchè Cass. sez. lav. n. 27676 del 20.12.2011).

Pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 2200,00, di cui Euro 2000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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