Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11562 del 03/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 03/05/2021, (ud. 15/12/2020, dep. 03/05/2021), n.11562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17907/2015 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI PIETRALATA

320-D, presso lo studio dell’avvocato GIGLIOLA MAZZA RICCI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIULIA ANTONIA PETRUCCI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI

PORTOGHESI, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 101/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 27/01/2015 R.G.N. 1303/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza del 27.1.15, la Corte di Appello di Bari, in riforma della sentenza del 13.3.13 del tribunale di Lucera, ha rigettato la domanda di indennizzo L. n. 210 del 1992, ex art. 1, presentata dal signor A. per intervenuta decadenza.

In particolare, ritenuto che la conoscenza della patologia sofferta fosse già avvenuta il (OMISSIS) in occasione di precedenti ricoveri ed affermata l’applicabilità del termine triennale della L. n. 238 del 1997, ex art. 1, comma 9, la corte territoriale ha ritenuto tardiva, in quanto formulata solo in appello, la deduzione circa la conoscenza del nesso causale solo nel 2007, e comunque la stessa inattendibile, in considerazione dei numerosi ricoveri dell’assistito per la patologia in questione.

Avverso tale sentenza ricorre l’assistito per due motivi, cui resiste con controricorso il Ministero.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione di legge degli artt. 115 e 116 c.p.c. e vizio di motivazione per avere la sentenza impugnata trascurato che già nel ricorso era stata dedotto che la conoscenza della derivazione causale della malattia dalla trasfusione del (OMISSIS) si era avuta solo nel 2007, sicchè la deduzione non era tardiva.

Con il secondo motivo si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione della L. n. 210 del 1992, art. 3 e D.L. n. 450 del 1996, art. 2, nonchè vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata trascurato la decorrenza del termine dalla conoscenza del nesso causale e non dalla diagnosi.

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione: essi sono infondati.

La corte territoriale ha escluso che l’assistito, che negli anni si era sottoposta a vari interventi per la patologia in questione, possa aver avuto contezza della causa della stessa solo in correlazione con l’ultimo intervento del (OMISSIS), ed ha accertato per converso che la conoscenza della patologia e del relativo nesso causale risaliva a momento precedente, e quanto meno al ricovero del (OMISSIS).

La sentenza impugnata ha quindi correttamente fatto decorrere il termine decadenziale dalla data della accertata conoscenza della patologia e del relativo nesso causale.

Ne deriva l’infondatezza del ricorso, posto che da un lato non si riscontrano le violazioni della disciplina speciale in materia, nè il preteso vizio di motivazione della sentenza impugnata, in quanto il fatto indicato dalla parte ed asseritamente omesso è stato invece comunque valutato dalla Corte.

Dall’altro lato, resta irrilevante la censura del ricorrente relativa alla tempestività della deduzione circa la conoscenza del nesso causale solo in momento successivo, in considerazione dell’assorbente rilievo che tale deduzione comunque è stata valutata e disattesa dalla corte territoriale, che ha positivamente accertato che la conoscenza del nesso causale risaliva a ben prima del (OMISSIS), così negando la fondatezza dei rilievi del ricorrente.

Le spese seguono la soccombenza.

Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500 per compensi, oltre S.P.A.D..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2021

 

 

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