Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1156 del 18/01/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 1156 Anno 2018
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: BERRINO UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso 1289-2012 proposto da:
I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. 01165400589, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE
144, presso lo studio degli avvocati GIANDOMENICO
CATALANO, LORELLA FRASCONA’,che lo rappresentano e
difendono, giusta delega in atli;;
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2011
3590

contro

LEDEMAC S.R.L., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
G. MAZZINI 55, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO

Data pubblicazione: 18/01/2018

MASTROSANTI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato GIANNI CONTI, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1142/2010 della CORTE D’APPELLO

di TORINO, depositata il 10/01/2011 R.G.N. 1437/2009.

Rilevato
che con sentenza del 24.11.10 – 10.1.2011, la Corte d’appello di Torino ha
rigettato l’impugnazione dell’Inail avverso la sentenza del giudice del lavoro
del Tribunale di Vercelli che l’aveva condannato a restituire alla società
Ledemac s.r.l. la somma di C 19.047,61, corrispondente al 90% dei premi

che la Corte territoriale, per quanto qui rileva, ha osservato che la normativa
applicata per la restituzione dei predetti premi assicurativi attribuiva alle
imprese alluvionate il diritto a ripetere il 90% dei premi Inail versati e ciò, da
un lato, perchè l’art. 3-quater, d.l. n. 300/2006 (conv. con I. n. 17/2007)
aveva espressamente esteso ai versamenti previdenziali ed assicurativi
obbligatori i benefici già previsti dalla legge n. 289/2002, e, dall’altro, perché
l’art. 9, comma 17, I. n. 289/2002 doveva essere interpretato nel senso che la
definizione della posizione contributiva poteva avvenire sia in favore di chi
aveva pagato solo il 10% del dovuto, sia in favore di chi aveva già pagato
attraverso il rimborso del 90% di quanto versato, pena la violazione dell’art. 3
della Costituzione;
che per la cassazione della sentenza ricorre l’Inail con due motivi;
che resiste con controricorso la società Ledemac s.r.l.
Considerato
che è infondata l’eccezione preliminare di tardività della proposizione del
ricorso per cassazione per inosservanza del termine di sei mesi di cui all’art.
327 c.p.c. nella formulazione in vigore dal 4.7.2009 per effetto della legge n.
69 del 2009, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla
controricorrente, rileva esclusivamente la data di instaurazione del giudizio di
primo grado, che nella fattispecie è antecedente al 4.7.2009, allorquando
vigeva il più lungo termine annuale per l’impugnazione;
che, invero, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla legge n. 69 del
2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione
della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58,
comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in
vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento
dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio

assicurativi obbligatori versati per gli anni 1994, 1995, 1996 e 1997;

(v. in tal senso Cass. sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19969 del 6.10.2015 e Cass.
sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15741 del 21.6.2013);
che col primo motivo di censura l’Inail lamenta la violazione dell’art. 3 quater,
primo comma, del D.L. n. 300/2006, convertito con legge n. 17/2007, in
combinato disposto con gli artt. 4, comma 90, della legge n. 350/2003, 9,

del D.L. n. 646/1994, convertito con la legge n. 22/1995, contestando la
sussistenza del diritto della ditta alluvionata alla restituzione delle somme
versate a titolo di premio assicurativo, così come riconosciuto dalla Corte
territoriale sulla base di una interpretazione delle norme di riferimento che la
difesa dell’ente reputa erronea;
che col secondo motivo l’Inail deduce la violazione dell’art. 3 quater, primo
comma, del D.L. n. 300/2006, convertito con legge n. 17/2007, in combinato
disposto con gli artt. 4, comma 90, della legge n. 350/2003, 9, comma 17,
della legge n. 289/2002, 6, commi 13 e 7, comma 1, del D.L. n. 646/1994,
convertito con la legge n. 22/1995, sotto il profilo della non rimborsabilità
delle somme già versate;
che i due motivi possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di
connessione e che ai fini di una compiuta motivazione occorre seguire una
ricognizione della normativa interna sul tema, dei precedenti di questa Corte di
legittimità al riguardo e degli effetti derivanti dalla decisione resa in subiecta
materia

dalla Commissione dell’Unione Europea in data 14.8.2015, n.

195/2016;
che l’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, ha esteso ai soggetti colpiti dagli
eventi alluvionali del novembre 1994 e già destinatari dei provvedimenti
agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi,
contributi e premi, di cui all’art. 6, commi 2, 3 e 7-bis, d.l. n. 646/1994 (conv.
con I. n. 22/1995), le disposizioni sulla regolarizzazione automatica delle
imposte previste dall’art. 9, comma 17, I. n. 289/2002, in favore delle imprese
colpite dal sisma del 1990 in Sicilia orientale, prevedendo che tali soggetti
potessero regolarizzare la propria posizione relativa agli anni 1995, 1996 e
1997 versando il 10% dell’importo dovuto entro il 31.7.2004 (termine

comma 17, della legge n. 289/2002, 6, commi 2, 3, 7 bis, 13 e 7, comma 1,

successivamente differito al 31.7.2007 dall’art.

3-quater, comma 1, d.l. n.

300/2006, conv. con I. n. 17/2007);
che al riguardo, questa Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che
l’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, nell’estendere l’applicazione delle
disposizioni dell’art. 9, comma 17, I. n. 289/2002, ai soggetti colpiti dagli

provvedimenti agevolativi concernenti i versamenti di quanto dovuto “a titolo
di tributi, contributi e premi”, restando privo di rilievo il mancato rinvio, nel
testo della norma, anche alla disposizione di cui all’art. 7, d.l. n. 646 del 1994,
in quanto il richiamo dell’art. 6, commi 2, 3 e 7-bis, d.l. ult. cit., da parte
dell’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, è funzionale esclusivamente
all’individuazione della categoria dei destinatari del beneficio e non già
all’individuazione della tipologia dei tributi a cui riferire l’agevolazione. Si è,
inoltre, precisato che tale interpretazione trova espressa e letterale conferma
nell’art.

3-quater,

d.l. n. 300/2006 (conv. con I. n. 17/2007), che ha

esplicitamente stabilito l’operatività dell’agevolazione “per i contributi
previdenziali, i premi assicurativi e i tributi riguardanti le imprese relativi
all’alluvione del Piemonte del 1994”, venendo, altresì, fugato ogni dubbio sulla
legittimità costituzionale della norma ult. cit., sulla scorta dell’insegnamento di
Corte cost. n. 274 del 2006, in considerazione della piena legittimità in materia
civile di leggi retroattive, non solo interpretative ma anche innovative con
efficacia retroattiva, quando la disposizione trovi adeguata giustificazione sul
piano della ragionevolezza (come nel caso in cui l’interpretazione della
disciplina richiamata rappresenti una delle possibili letture del dato normativo)
e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti (Cass.
nn. 11133 e 11247 del 2010);
che la definizione automatica della posizione previdenziale può avvenire, per
chi non ha ancora pagato, mediante il pagamento del solo 10% del dovuto e,
per chi ha già pagato, attraverso il rimborso del 90% di quanto versato,
dovendo ritenersi, nel silenzio del legislatore circa la posizione di coloro che,
all’entrata in vigore della normativa recante il beneficio, avessero già
ottemperato al pagamento dell’obbligazione contributiva, che
un’interpretazione che escludesse costoro dalla possibilità di richiedere la

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eventi alluvionali del novembre 1994, si riferisce espressamente ai

restituzione di quanto versato in eccesso si porrebbe in contrasto con la
costante giurisprudenza della Corte costituzionale circa l’irragionevolezza di
disposizioni legislative che sopprimano o riducano la prestazione dovuta per
obbligazioni pubbliche già perfezionatesi, prevedendo al contempo
l’irripetibilità delle somme già versate in esecuzione del rapporto obbligatorio

che nessun rilievo presentando, ai fini qui in discorso, la successiva norma di
interpretazione autentica dell’art. 4, comma 90, I. n. 350/2003, contenuta
nell’art. 12, comma 12, d.l. n. 78/2010, trattandosi di disposizione soppressa
dalla legge di conversione, mette conto invece dare atto della decisione n.
195/2016 che, in subiecta materia, ha adottato la Commissione Europea in
data 14.8.2015 (notificata con il n. C (2015) 5549 e pubblicata in G.U.U.E. del
18.2.2016). Con tale decisione, infatti, la Commissione ha ritenuto che le
misure legislative che istituiscono i benefici in questione nel presente giudizio
fossero state adottate in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul
funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) e, di conseguenza, ha concluso che
esse “costituiscono aiuti di Stato incompatibili con il mercato interno” (punto
133), aggiungendo, in punto di conseguenze (punti 134-136):
a) che una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la
possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime
non costituiscano di per sé aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte,
aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perché il beneficio
individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che
pertanto non vanno considerati come imprese, oppure perché il beneficio è in
linea col regolamento c.d. de minimis applicabile, oppure perché è concesso in
conformità di un regime di aiuto approvato od ad un regolamento di
esenzione);
b) che l’Italia è tenuta ad annullare tutti i pagamenti di aiuti in essere, con
effetto alla data di adozione della decisione, e a partire dalla data della
decisione nessuna delle norme in esame nel presente giudizio può essere
usata come base di riferimento per la futura concessione o il futuro pagamento
di aiuti;

4

AV>

siccome conformato in precedenza (Cass. n. 11247 del 2010, cit.);

c) che, per quanto attiene agli aiuti individuali già versati prima della data di
avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione, il regime va
considerato compatibile con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107, paragrafo
2, lettera b), TFUE, a condizione che possa essere stabilito un nesso chiaro e
diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alla calamità naturale

danni subiti dalla impresa; inoltre, ogni compensazione relativa a tali danni,
ottenuta da una qualsiasi fonte, deve essere dedotta ed è necessario escludere
ogni tipo di cumulo tra gli aiuti previsti dal regime qui in esame ed eventuali
aiuti previsti da altre misure per i medesimi costi;
che la Commissione, infine, ha esentato l’Italia dall’obbligo di recuperare gli
aiuti relativi a regimi illegali concessi per le calamità naturali risalenti ad oltre
dieci anni prima della sua decisione, con l’unica eccezione degli aiuti fruiti da
beneficiari non aventi, al momento della calamità, una sede operativa nell’area
colpita;
che va ricordato che le decisioni adottate dalla Commissione delle Comunità
europee, nell’ambito delle funzioni ad essa conferite dal Trattato CE
sull’attuazione e lo sviluppo della politica della concorrenza nell’interesse
comunitario, ancorché prive dei requisiti della generalità e dell’astrattezza,
costituiscono fonte di produzione di diritto comunitario, anche con specifico
riguardo alla materia degli aiuti di Stato, e quindi vincolano il giudice nazionale
nell’ambito dei giudizi portati alla sua cognizione, obbligandolo a dare
attuazione al diritto comunitario, se necessario attraverso la disapplicazione
delle norme interne che siano in contrasto con esso (v. da ult. Cass. n. 15354
del 2014);
che nel caso di specie, recando una normativa che, all’evidenza, detta una
nuova disciplina del rapporto controverso, la decisione della Commissione
costituisce ius superveniens, che essendo posteriore alla proposizione del
ricorso può e deve essere valutato, dal momento che la questione della
spettanza o meno dei benefici (non importa in quale forma) è stata devoluta
all’esame di legittimità. E costituendo principio consolidato quello secondo cui,
allorché lo ius superveniens comporti la necessità di accertamenti in fatto
incompatibili con il giudizio di legittimità, la decisione di merito deve essere

e l’aiuto di Stato concesso, evitando i casi di sovracompensazione rispetto ai

cassata con rinvio (cfr. da ult. Cass. n. 5888 del 2005, sulla scorta di Cass. n.
5224 del 1998), s’impone la cassazione con rinvio della sentenza impugnata;

che

deve per contro negarsi che la vicenda per cui è causa configuri un’ipotesi

di “aiuti individuali già versati nel quadro delle misure in esame prima della
data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione” del 17.12.2002,

l’Istituto previdenziale non ha effettuato alcun pagamento con
so/vendi, ma

animus

si è limitato ad eseguire un comando giudiziale, che ha

contestualmente impugnato, anche in questa sede, contestando il diritto della
impresa al beneficio, onde non è configurabile né un pagamento né, a fortiori,
un atto di concessione di aiuti;
che dovendo, pertanto, ritenersi che nella vicenda per cui è causa,
controvertendosi di “pagamenti di aiuti in essere”, debba trovare piena
applicazione lo ius superveniens di cui alla decisione della Commissione dianzi
cit., restando viceversa irrilevanti le statuizioni della medesima decisione in
punto di recupero di aiuti già concessi, mette conto piuttosto ribadire che la
decisione della Commissione, pur ritenendo incompatibile sul piano generale il
regime delle agevolazioni, ha lasciato ferma la legittimità dell’intervento
legislativo allorquando l’aiuto individuale rientri nei limiti del regolamento c.d.
de minimis applicabile (punto 115 della decisione), ovvero possa beneficiare
della deroga prevista dall’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), TFUE (punto
132 della decisione);
che il giudice del rinvio dovrà verificare la sussistenza del diritto dell’azienda in
epigrafe a fruire dei benefici di cui all’articolo 4, comma 90, I. n. 350/2003, e
successive modifiche e integrazioni, accertando a tal fine, anzitutto,
l’eventuale ricorrenza dei presupposti di fatto per l’applicabilità del
regolamento de minimis (la cui prova è a carico del soggetto che invoca il
beneficio: arg. ex Cass. n. 6756 del 2012), tenendo conto, in specie, che la
regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art.
92, n. 1, TFUE, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla
generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia
dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella
sua interezza (arg. ex Cass. n. 11228 del 2011);

di cui al punto 136 della decisione della Commissione: in specie, infatti,

che qualora la prova dei presupposti per l’applicabilità del regolamento de
minimis non venga fornita, il giudice del rinvio dovrà verificare la compatibilità

con il mercato interno del beneficio costituente aiuto di Stato, ex art. 107,
paragrafo 2, lett. b), TFUE, e dunque, da un lato, quale sia stato l’importo del
danno diretto subito dall’impresa per effetto dell’alluvione, da accertare a

nell’ambito del danno così individuato, quale importo sia stato già compensato
da altre fonti (assicurazioni o altre misure di aiuto: cfr. punto 148 della
decisione della Commissione), dovendo, in particolare, tenersi conto anche dei
benefici previsti dalla stessa normativa in materia di tributi e premi, giacché
l’aiuto oggetto dell’attuale controversia potrà essere riconosciuto nei limiti
della compensazione del danno residuo;
che nell’accertare tali circostanze, inoltre, il giudice del rinvio dovrà attenersi
all’ulteriore principio secondo cui, posto che l’invocazione dello

ius

superveniens e il giudizio positivo sulla idoneità della nuova disciplina giuridica

ad incidere sulla decisione della lite costituiscono fattori sufficienti e
determinanti per la cassazione della sentenza, dev’essere consentita, in sede
di rinvio, l’esibizione di quei documenti prima non ottenibili ovvero
l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano
indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della
nuova regola giuridica (cfr. in tal senso già Cass. n. 5224 del 1998, cit.);
che la sentenza impugnata va conclusivamente cassata e la causa rinviata ad
altro giudice, che si individua nella Corte d’appello di Torino, in diversa
composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di
cassazione.
P.Q.M.
La Corte, provvedendo sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la
causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Torino in diversa
composizione.
Così deciso in Roma il 21 settembre 2017

livello della stessa impresa (cfr. punto 132 della decisione), e dall’altro,

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