Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11559 del 11/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 11/05/2017, (ud. 19/01/2017, dep.11/05/2017),  n. 11559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28172/2014 proposto do:

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, C.F. (OMISSIS), in

persona del MInistro pro tempore e DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO

DI LECCO C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore,

rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domiciliano in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12;

– ricorrenti –

contro

S.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3151/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/08/2014 R.G.N. 3844/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso al Tribunale di Lecco S.A., titolare di un esercizio di bar, impugnava la ordinanza ingiunzione della DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO di Lecco, con la quale veniva irrogata la sanzione ammnistrativa di Euro 8.591,00 per assunzione irregolare di lavoratori nel periodo aprile-luglio 2003.

Il giudice del Lavoro rigettava la opposizione (sentenza del 27.528.7.2009 nr. 494).

La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 18.6-13.8.2014 (nr. 3151/2014), accoglieva l’appello del S. ed annullava la ingiunzione di pagamento.

La Corte territoriale riteneva la tardività della contestazione della violazione, per non essere stato rispettato il termine di 90 giorni previsto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14.

Detto termine decorreva dalla piena conoscenza dell’illecito, che nella specie risultava acquista quanto meno dal settembre 2004 (se non dal settembre 2003, quando erano state assunte le dichiarazioni dei lavoratori); la ordinanza ingiunzione era stata notificata tardivamente, il 19 gennaio 2005.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso congiunto la DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO di Lecco ed il MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, articolato in un unico motivo.

S.A. è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo le parti ricorrenti hanno denunziato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, artt. 22 24, 14, 28.

Hanno assunto la inammissibilità nel giudizio disciplinato della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e segg., di qualunque atto diretto ad integrare i motivi di impugnazione esposti nel ricorso introduttivo della lite – o a proporre nuovi motivi – e la non rilevabilità ex officio iudicis di motivi di illegittimità della sanzione non ritualmente dedotti.

Hanno lamentato che la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, era stata opposta soltanto nell’atto di appello e non anche con il ricorso di primo grado e che la conseguente inammissibilità del motivo di impugnazione avrebbe dovuto essere rilevata d’ufficio.

In via gradata hanno denunziato il vizio di erronea applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, avendo la Corte di merito confuso la contestazione della violazione con il successivo atto di notifica dell’ordinanza ingiunzione.

L’ufficio aveva effettuato la contestazione tempestivamente, in data 27.4.2004, con la notifica al S. del verbale di accertamento; tale atto era stato qualificato erroneamente nella sentenza impugnata come “verbale di ispezione congiunta”.

Il motivo è fondato, nei limiti di cui segue.

Deve in via preliminare rilevarsene la inammissibilità, per difetto di specificità, nella parte in cui viene denunziata la novità del motivo di appello proposto dal S. in punto di decadenza della amministrazione L. n. 689 del 1981, ex art. 14.

Anche nelle ipotesi nelle quali il giudice di legittimità ha potere di cognizione piena e diretta del fatto processuale la proposizione del ricorso resta soggetta alle regole di ammissibilità e di procedibilità stabilite dal codice di rito, in nulla derogate dall’estensione del potere della Corte. Nemmeno in quest’ipotesi viene meno, in altri termini, l’onere per la parte di rispettare il principio della specificità dei motivi d’impugnazione, tradotto nelle disposizioni contenute nell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (disposizioni in cui si fa espressa menzione anche degli “atti processuali”): sicchè l’esame diretto degli atti che la corte è chiamata a compiere è pur sempre circoscritto a quegli atti ed a quei documenti che la parte abbia specificamente indicato ed allegato.

Gli oneri di individuazione puntale e deposito degli atti a fondamento della censura (opposizione originaria ed atto di appello) non sono stati adempiuti.

Il ricorso è invece fondato nella parte in cui denunzia la falsa applicazione della L. n. 689 del 1991, art. 14.

Il giudice dell’appello ha infatti affermato la tardività della contestazione della violazione facendo riferimento alla data di notifica della ordinanza ingiunzione.

Tale ordinanza, tuttavia, non costituisce l’atto di contestazione della violazione ma l’atto conclusivo della sequenza procedimentale, con il quale si irroga la sanzione amministrativa e si avvia la procedura di riscossione.

In particolare, nella progressione del procedimento sanzionatorio dell’illecito amministrativo ove non sia avvenuta la contestazione immediata della violazione i suoi estremi debbono essere notificati agli interessati (se residenti in Italia) entro il termine di novanta giorni, fissato dalla L. n. 689 del 1981, art. 14, qui rilevante.

Entro il successivo termine di sessanta giorni (dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione) il trasgressore viene ammesso al pagamento di una somma in misura ridotta.

Qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l’agente che ha accertato la violazione deve presentare rapporto all’ufficio periferico del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione (o, in mancanza, al prefetto), organi ai quali gli interessati possono far pervenire scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti.

Solo all’esito la autorità competente emette la ordinanza motivata di ingiunzione (se non ritenga di archiviare), per la cui notificazione è previsto il termine di prescrizione di cinque anni dalla commissione della violazione (L. n. 689 del 1981, art. 28).

La scansione procedimentale evidenzia la falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, commessa dalla Corte di merito, che ha ritenuto essere atto di contestazione il successivo momento di notifica della ordinanza ingiunzione, conclusivo del procedimento.

La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata e gli atti rinviati ad altro giudice, che si individua nella Corte di appello di Milano in diversa composizione, perchè provveda alla corretta applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14.

Il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese del presente grado.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 11 maggio 2017

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