Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11553 del 03/05/2021

Cassazione civile sez. lav., 03/05/2021, (ud. 28/10/2020, dep. 03/05/2021), n.11553

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TORRICE Amelia – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18820/2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati PAOLA

MASSAFRA, ELISABETTA LANZETTA, SEBASTIANO CARUSO;

– ricorrente –

contro

C.I., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CRISPI

36, presso lo studio dell’avvocato RICCARDO LOMBARDI, rappresentata

e difesa dall’avvocato ROBERTO PRETE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 226/2015 della CORTE D’APPELLO DI LECCE SEZ.

DIST. DI TARANTO, depositata il 07/10/2015 R.G.N. 715/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/10/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza in data 7 ottobre 2015 n. 226 la Corte d’Appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto confermava la sentenza del Tribunale di Taranto nella parte in cui aveva accolto la domanda di C.I. – già dipendente dell’ENTE POSTE ITALIANE, passata per mobilità all’INPDAP (poi INPS D.L. n. 201 del 2011, ex art. 21) – ed accertato il suo diritto all’inquadramento presso l’ente di destinazione nell’Area B, posizione B1 (invece che nell’area A, posizione A2); riformava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva fatto decorrere il diritto dall’1 aprile 2000, anticipando il riconoscimento all’1 giugno 1999, data del trasferimento presso l’INPDAP.

2. La Corte territoriale accoglieva l’appello principale della lavoratrice; rigettava l’appello incidentale dell’INPS, osservando che esattamente il Tribunale, all’esito della comparazione tra le mansioni in concreto svolte dalla C. e le declaratorie professionali del CCNL ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI aveva ritenuto le stesse riconducibili all’inquadramento superiore rivendicato.

3. Come chiarito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte e dalla giurisprudenza successiva (Cass. sentenza n. 5974/2013), non era invece vincolante il D.P.C.M. 1 luglio 1998, emanato per regolare la mobilità del personale dalle Poste Italiane all’INPDAP.

4. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza l’INPS, articolato in due motivi, cui ha resistito con controricorso C.I..

5. L’INPS ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo l’INPS ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 111 Cost., comma 2, in combinato disposto con l’art. 6 CEDU.

2. Ha esposto che nel ricorso in appello la C. aveva dichiarato che per mero errore di collazione nella copia del ricorso introduttivo depositata in cancelleria era indicata come data dell’inquadramento contestato l’1 aprile 2000 invece che l’1.6.1999.

3. Ha lamentato la violazione dell’art. 112 c.p.c., evidenziando che nel giudizio di appello non sono ammesse nè domande nuove nè modifiche della domanda originaria e che tale divieto ha carattere assoluto ed inderogabile.

4. Il motivo è inammissibile.

5. Invero anche il potere di questa Corte di accesso agli atti per la verifica del fatto processuale è condizionato al previo assolvimento dell’onere di parte ricorrente di specificare le ragioni di impugnazione, a norma dell’art. 366 c.p.c., n. 6, onere nella specie non assolto.

6. Non sono riportate nell’attuale ricorso, nel rispetto del principio di specificità, le allegazioni dell’atto introduttivo del giudizio depositato dalla C. e dell’atto di appello, nella parte relativa alla decorrenza della domanda, tanto di accertamento che di condanna.

7. Questa Corte non è in grado pertanto di valutare se effettivamente vi sia stata una modifica non – consentita della domanda originaria – come denunciato in questa sede – o, piuttosto, se la Corte territoriale abbia implicitamente autorizzato la correzione di un errore materiale risultante dallo stesso atto introduttivo del giudizio.

8. Con la seconda censura si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e/o falsa applicazione:

– degli artt. 1362 c.c. e segg. – anche con riferimento al D.P.C.M. 1 luglio 1998, L. n. 797 del 1981, al CCNL POSTE 1994/1997, al D.P.R. n. 285 del 1988, D.P.R. n. 285 del 1988, al CCNL ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 1998/2001 ed al CCNI 1999/2001;

– del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52;

– dell’art. 111 Cost., comma 7, in combinato disposto con l’art. 6 CEDU.

9. L’INPS ha esposto che l’inquadramento del personale trasferito dall’ex – ENTE POSTE era stato effettuato sulla base della equiparazione indicata nel D.P.C.M. 1 luglio 1998 e che dalla normativa applicabile risultava il potere del Dipartimento della Funzione Pubblica di emettere il decreto di trasferimento, con indicazione dell’inquadramento.

10. Ha in ogni caso assunto che il D.P.C.M. esprimeva la corretta comparazione tra i due inquadramenti di provenienza e di destinazione e che non rilevavano a tal fine le mansioni svolte di fatto. Alla IV categoria, rivestita dalla C. presso l’ENTE POSTE ex lege n. 797/1981, corrispondeva la IV qualifica funzionale del D.P.R. n. 285 del 1988 (poi AREA A, posizione A2 CNNL ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI) e non con la V qualifica funzionale (poi area B, posizione B1).

11. Il motivo è fondato.

12. Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. civ., SU 12 gennaio 2011 n. 503; Cass. civ. sez. un., 21 giugno 2012, n. 10291) hanno già chiarito che:

– la L. n. 449 del 1997, art. 53, comma 10, prevedendo l’applicabilità delle disposizioni sulla mobilità volontaria o concordata tra pubbliche amministrazioni al personale dell’Ente poste italiane – ente pubblico economico, in quanto tale equiparato ai datori di lavoro privati – in posizione di comando o fuori ruolo presso pubbliche amministrazioni, ha inteso valorizzare la precedente posizione dei lavoratori postali, già dipendenti di una pubblica amministrazione, configurando una sorta di ultrattività transitoria di tale posizione;

– il decreto del Presidente del Consiglio (subentrato nell’esercizio di una funzione che il D.L. n. 163 del 1995, art. 4, comma 2, attribuiva per il trasferimento del dipendente pubblico al Ministro della funzione pubblica) che dava attuazione alla mobilità (cd. volontaria) tra pubbliche amministrazioni aveva il solo potere di determinare il trasferimento del lavoratore e non anche quello di determinare la concreta disciplina del rapporto di lavoro;

– l’amministrazione datrice di lavoro, trattandosi di un fenomeno di modificazione soggettiva del rapporto di lavoro assimilabile alle ipotesi di cessione del contratto, era tenuta a procedere all’inquadramento del lavoratore sulla base della posizione da questi posseduta nell’ambito della precedente fase del rapporto, individuando quella ad essa maggiormente corrispondente nel proprio ordinamento;

– risulta, dunque, giuridicamente giustificata la verifica della correttezza dell’inquadramento riconosciuto dall’INPDAP;

– data la particolarità della vicenda, relativa al trasferimento di lavoratori ormai formalmente alle dipendenze di un ente pubblico economico ad una pubblica amministrazione (cioè di un soggetto alle cui dipendenze si accede normalmente per concorso e che fruisce di una disciplina dei rapporti di lavoro influenzata da elementi pubblicistici) occorre fare riferimento all’inquadramento rivestito nell’ambito dell’ordinamento pubblicistico dai dipendenti postali, basato su otto qualifiche funzionali, benchè soppresso dal CCNL 26 novembre 1994 (il primo dopo la trasformazione dell’Amministrazione postale in ente pubblico economico).

– tale criterio trova ulteriore giustificazione nella maggiore omogeneità tra i criteri di inquadramento in vigore nell’ambito delle due amministrazioni pubbliche e nella minore idoneità specificativa delle meno numerose aree di inquadramento introdotte dalla contrattazione collettiva dopo la privatizzazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti postali.

– ai fini dell’inquadramento, nell’ambito dei rapporti con le pubbliche amministrazioni, rileva solo, anche dopo la loro relativa privatizzazione, quanto risulta dai riconoscimenti formali.

13. Sulla base di questi principi, ai quali ha dato continuità la giurisprudenza successiva (ex plurimis: Cass. 2 gennaio 2017 numero 1 e numero 3; Cass. 17 febbraio 2016 numero 3064; Cass. 11 giugno 2018 n. 15091; Cass. 26 luglio 2019 n. 20361), in definitiva, la questione all’esame deve essere risolta sulla base della comparazione degli inquadramenti disposti: per i dipendenti dell’amministrazione postale, dalla L. 22 dicembre 1981, n. 797, art. 3; per i dipendenti degli enti pubblici non economici, dal D.P.R. 1 marzo 1988, n. 285.

14. Nella specie, la C. era inquadrata, per quanto pacifico tra le parti, nella IV categoria dell’Ente Poste, così identificata dalla L. n. 797 del 1981, art. 3:

“Categoria IV: Attività amministrative o tecniche con conoscenze specialistiche e responsabilità personali.

Attività amministrativo-contabili, tecniche o tecnico-manuali che presuppongono specifica preparazione professionale nel ramo, con capacità di utilizzazione di mezzi o strumenti complessi o di dati nell’ambito di procedure predeterminate. Le prestazioni sono caratterizzate da margini valutativi nella esecuzione”.

15. La superiore categoria V era invece così definita:

“Categoria V: Attività con conoscenze specialistiche e responsabilità di gruppo.

Attività amministrative, contabili e tecniche richiedenti qualificata preparazione tecnico-professionale e conoscenza della tecnologia del lavoro o perizia nella esecuzione, espletata con autonomia di disimpegno nei limiti delle norme regolamentari. Possono comportare responsabilità di guida e di controllo tecnico-pratico di altri lavoratori a minor contenuto professionale organizzati in gruppi formali o in piccole unità operative”.

16. In sostanza, entrambe le categorie prevedono attività amministrative, contabili e tecniche ma soltanto nella V categoria si rinviene una “qualificata preparazione tecnico professionale” e l’espletamento della attività con “autonomia di disimpegno”. La IV categoria, in cui la C. era inquadrata, è connotata, invece, da “specifica preparazione professionale nel ramo” e prestazioni caratterizzate da “margini valutativi nella esecuzione”. Vi è dunque una preparazione più limitata per qualità (specifica invece che qualificata) e contenuto (nel ramo) ed una autonomia esecutiva ridotta (entro margini di valutazione, senza autonomia di disimpegno)

15. L’inquadramento riconosciuto dall’INPDAP – Area A posizione A2- è quello derivante (secondo la trasposizione effettuata dal CCNL ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 1998/2001) dalla IV qualifica funzionale ex D.P.R. n. 285 del 1998, così definita:

“QUALIFICA FUNZIONALE IV.

Attività amministrative, contabili, tecniche e tecnico manuali di carattere esecutivo che per loro natura non comportano particolari valutazioni di merito e che presuppongono conoscenze specifiche o qualificazione professionale di mestiere.

Impiego di mezzi, automezzi, strumenti e arnesi di lavoro anche complessi ma di uso semplice.

Manutenzione ordinaria delle attrezzature in uso e piccola manutenzione degli impianti”.

16. Dalla comparazione emerge la piena sovrapponibilità con la categoria di provenienza (IV categoria Ente POSTE) sia per autonomia, che in entrambi i casi non comporta particolari valutazioni di merito, che per preparazione (conoscenze specifiche o qualificazione professionale di mestiere).

17. Invece nella V qualifica funzionale ex D.P.R. n. 285 del 1988 (poi area B, posizione B1), domandata dalla lavoratrice e riconosciuta dal giudice dell’appello, sono previste attività amministrative, contabili, tecniche o tecnico-manuali egualmente di carattere esecutivo che, tuttavia, richiedono “conoscenze specialistiche, preparazione specializzata, conoscenze tecnologiche, perizia nell’esecuzione, ovvero interpretazione di disegni o grafici e relative elaborazioni.

Utilizzo di arnesi di lavoro ed apparecchiature di tipo complesso il cui impiego, nei casi concreti, richiede dirette valutazioni di merito. Manutenzione ordinaria e straordinaria delle attrezzature in uso nonchè manutenzione ordinaria degli impianti”.

18. La definizione della V qualifica funzionale appare dunque sovrapponibile alla V categoria dell’ordinamento delle Poste- richiedente “qualificata preparazione tecnico-professionale e conoscenza della tecnologia del lavoro o perizia nella esecuzione”- categoria superiore a quella in cui la C. era inquadrata. Così come sono previste nella V qualifica funzionale degli enti pubblici “dirette valutazioni di merito” non pertinenti alla IV categoria dell’amministrazione postale, caratterizzata da “margini valutativi nella esecuzione”.

19. Del resto le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 10291/2012 hanno già ritenuto che il superiore inquadramento richiesto dalla C. spettava a coloro che provenivano dalla 5 categoria dell’Ente Poste Italiane (mentre la C. apparteneva alla inferiore categoria 4), conclusione successivamente confermata da Cass. sez. lav. 17 febbraio 2016 n. 3064 e 26 luglio 2019n. 20361.

20. La sentenza impugnata deve essere conclusivamente cassata in accoglimento del secondo motivo di ricorso, enunciandosi il seguente principio di diritto: “La categoria IV dell’ex amministrazione delle Poste di cui alla L. 22 dicembre 1981, n. 797, art. 3, corrisponde alla IV qualifica funzionale di cui al D.P.R. 1 marzo 1988, n. 285, per gli enti pubblici non economici, poi area A, posizione A2”.

21. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto dell’originaria domanda.

22. Le spese dei gradi di merito si compensano tra le parti, in ragione del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sul tema in discussione. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda originaria. Compensa le spese dei gradi di merito. Condanna la parte controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 5.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 maggio 2021

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