Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11552 del 15/06/2020

Cassazione civile sez. I, 15/06/2020, (ud. 04/07/2019, dep. 15/06/2020), n.11552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23945/2018 proposto da:

C.I., elettivamente domiciliato in Biella, via Repubblica

43, presso lo studio dell’avv. Marco Cavicchioli, che lo rappresenta

e difende in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 197/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 26/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/07/2019 da Dott. SAN GIORGIO MARIA ROSARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Il Tribunale di Torino ha rigettato il ricorso con il quale C.I., nato in (OMISSIS), aveva impugnato il provvedimento, emesso dalla competente Commissione territoriale, di rigetto della domanda di riconoscimento sia dello status di rifugiato, sia della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il ricorrente aveva dichiarato di essere sempre vissuto nella regione di Sibi, nel sud del Mali, insieme ai genitori, alle sorelle e ad uno zio. Un giorno era stato adescato da una donna che lo aveva invitato ad entrare in casa perchè aveva bisogno di parlargli, e ad un tratto era arrivato il marito della donna, che, alle urla della stessa, aveva pensato ad uno stupro ed aveva sparato ferendolo sopra l’orecchio e poi chiamato la Polizia. Egli era fuggito nella città di (OMISSIS) e poi aveva lasciato il (OMISSIS), recandosi in Algeria, poi passando in Libia e raggiungendo infine l’Italia. Egli temeva che, rientrando in Mali, seppure accusato ingiustamente, sarebbe stato perseguito per violenza sulla donna.

Il Tribunale adito ha rilevato che nessuna prova è stata fornita dal richiedente che suffraghi il suo racconto, peraltro poco credibile. Per tali ragioni il giudice di secondo grado ha escluso la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento in suo favore dello status di rifugiato, ed anche della protezione sussidiaria, non esistendo un fondato timore che lo stesso, rientrando in Mali, possa essere condannato a morte o alla tortura o subire un danno grave alla persona, e non essendo egli neanche esposto ad una minaccia grave ed individuale alla vita derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, atteso che la sua città di provenienza è situata nella zona sud est del Mali, dove non sono presenti scenari di conflitto. Il Tribunale non ritenne neanche sussistenti seri motivi per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non essendo stati allegati dal richiedente fatti ulteriori rispetto a quelli già vagliati con riferimento alle altre domande di protezione.

2.- Su gravame del ricorrente la Corte d’appello di Torino ha confermato la decisione di primo grado, condividendo le valutazioni del Tribunale.

3.- Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione il cittadino straniero sulla base di due motivi, mentre il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, avuto riguardo alla situazione di violenza generalizzata e diffusa presente in Mali, anche nella zona di (OMISSIS), pur in un contesto formalmente pacificato. Rileva il ricorrente che solo successivamente al 15 luglio 2016 è stato revocato lo stato di emergenza nazionale, citando, in proposito, il sito ufficiale del Ministero degli Esteri italiano, che fa riferimento alla presenza di gruppi terroristici e sottolinea la delicata fase di stabilizzazione post-conflitto, concludendo nel senso che tutto il Mali è da considerare a rischio, particolarmente elevato nelle regioni a nord della capitale. A fronte di tali argomentazioni, corroborate dalla citazione di fonti internazionali, la Corte di merito si sarebbe limitata ad affermare apoditticamente che la situazione in Mali non fosse tale da potersi ritenere in atto una violenza indiscriminata di livello così elevato da far ritenere che sussistessero fondati motivi per credere che un civile rientrato nella regione in questione avrebbe corso un rischio effettivo per la sola presenza nel territorio.

2.- La censura è priva di fondamento.

In tema di protezione sussidiaria dello straniero, ai fini dell’accertamento della fondatezza di una domanda proposta sulla base del pericolo di danno di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato determinativa di minaccia grave alla vita o alla persona), una volta che il richiedente abbia allegato i fatti costitutivi del diritto, il giudice del merito è tenuto, ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, a cooperare nell’accertare la situazione reale del paese di provenienza mediante l’esercizio di poteri-doveri officiosi d’indagine e di acquisizione documentale in modo che ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul Paese di origine del richiedente. Al fine di ritenere adempiuto tale onere, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (v., ex plurimis, Cass., ord. n. 11312 del 2019).

Nella specie, erroneamente il ricorrente sostiene che le affermazioni della Corte d’appello in ordine alla situazione politica del Mali sarebbero sprovviste di prova e che il giudice di secondo grado non avrebbe compiuto i doverosi accertamenti in merito alle allegazioni del ricorrente.

Al contrario, la Corte sabauda, nel confermare le argomentazioni del giudice di primo grado, che aveva effettuato una attenta disamina della situazione del Mali sulla base di fonti ufficiali puntualmente citate, si è richiamata a quella illustrazione, dalla quale emerge che le turbolenze interne al Mali, anche se ancora in via di risoluzione – avendo l’intervento del contingente militare inviato dalla Francia stroncato gli scontri provocati dai ribelli Tuareg ed essendosi potute tenere libere elezioni – sono comunque localizzate nella parte nord-orientale del Paese. In presenza di tali argomentate conclusioni, la contrapposizione, operata dal ricorrente, di altre fonti informative risulta volta sostanzialmente a conseguire un riesame delle valutazioni del giudice del merito, inibita nella presente sede di legittimità.

3.-Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio già oggetto di discussione tra le parti. La situazione di vulnerabilità e pericolo derivante dalla violenza diffusa in Mali sarebbe, comunque, tale, secondo il ricorrente, da legittimare, se non il riconoscimento della protezione sussidiaria, almeno quello della protezione umanitaria, tenuto conto delle difficilissime condizioni economiche e sociali di tale Paese, che compromettono i diritti inviolabili della persona, tra cui il diritto alla salute ed all’alimentazione.

4.- La doglianza è infondata.

La Corte di merito, nel rilevare l’assenza di allegazione da parte del ricorrente di particolari rischi o pregiudizi derivanti dal suo rientro nel Paese di origine al di là della situazione di violenza generalizzata negata per le ragioni già riferite -, ha osservato che le problematiche economiche e sociali del Paese di provenienza del C., peraltro dallo stesso riportate in modo generico, non possono comportare il riconoscimento per via giudiziaria del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie poichè, altrimenti, l’Autorità giudiziaria di fatto si sostituirebbe a quella amministrativa e politica nella determinazione del tutto discrezionale dei flussi di ingresso sul suolo italiano.

Così decidendo, la Corte di merito si è attenuta al principio di diritto, enunciato da questa Corte, alla stregua del quale la protezione umanitaria, nel regime vigente ratione temporis, tutela situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute – da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di ” estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass., ord. n. 3681 del 2019).

5.- Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Non v’è luogo a provvedimenti sulle spese del presente giudizio, non avendo l’intimato Ministero svolto attività difensiva. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 4 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2020

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