Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11550 del 06/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 06/06/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 06/06/2016), n.11550

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 878/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

V.V., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Cavour

presso la Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIORGIO GRITTI, giusta delega in calce alla memoria;

– resistente –

avverso la sentenza n. 283/1/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 29/01/2013, depositata il 17/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore Cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, osserva:

La CTR di Roma ha respinto il ricorso dell’Agenzia contro la sentenza n. 58/46/2012 della CTP di Roma che aveva accolto il ricorso di V.V. ad impugnazione di avviso di accertamento per maggiore IRPEF relativa all’anno 2004, avviso consequenziale a quello emanato nei confronti della società “Valerosy sas” ai fini della tassazione (“per trasparenza”) dei maggiori redditi imputabili ai fini IRPEF anche ai soci dei maggiori ricavi accertati in capo alla menzionata società.

La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che il collegio si era già (favorevolmente) pronunciato in ordine all’avviso di accertamento relativo alla società per il medesimo anno di imposta, ciò che finiva per comportare l’inevitabile nullità degli avvisi emessi nei confronti dei soci. D’altronde i motivi di appello apparivano così generici, nei limiti di un richiamo a quelli formulati nell’appello relativo al procedimento riguardante la società, che l’appello medesimo non poteva considerarsi fornito del carattere di specificità. L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.

La parte contribuente non si è difesa.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, preliminarmente rispetto all’esame dei motivi di impugnazione proposti dalla parte ricorrente, occorre porre rilievo sulla questione dell’omessa pronuncia, da parte del giudice del merito e in controversia caratterizzata da litisconsorzio necessario tra le parti, sulla questione dell’integrazione del contraddittorio.

Risulta infatti che la Commissione Regionale, pur dando atto che il reddito accertato in capo ai soci è diretta conseguenza di quello accertato per il medesimo anno di imposta a carico della società (e per quanto nessuna espressa censura fosse stata proposta a tale proposito), non ha affatto provveduto sulla questione relativa al necessario contraddittorio tra soci e società.

Ed invero, l’esistenza di un litisconsorzio necessario tra i predetti soggetti, avrebbe imposto al giudicante di sollevare d’ufficio la questione, indipendentemente dall’espressa censura di parte.

Infatti, con nota pronuncia che ha determinato il cambiamento di un risalente indirizzo giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 14815 del 04/06/2008), questa Corte ha avuto modo di evidenziare che:

“In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio”.

Poichè è pacifico che nella specie qui in esame il contraddittorio non sia stato integrato – nei confronti dei restanti soci e della società in relazione al reddito della quale dovrà essere stabilito il reddito da partecipazione imputabile ai soci – in ossequio al principio sopra richiamato, non resta che annullare la pronuncia qui impugnata e rimettere la controversia al giudice di primo grado (la CTP di Roma), affinchè provveda al rinnovo di tutta la procedura irritualmente esperita, previa l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre parti necessarie.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.

Roma, 30 luglio 2015.

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

che la sola parte controricorrente ha depositato memoria illustrativa, nella quale ha evidenziato che – per alcune delle posizioni coinvolte nell’evidenziato fenomeno di contraddittorio necessario – sono già state pronunciate sentenze definitive che hanno idoneità a riverberare i propri effetti anche a riguardo delle altre posizioni. A siffatto proposito va detto in termini preliminari che si tratta di atto e di produzioni del tutto irrituali anche nella prospettiva di maggior favore per l’introduzione nel processo degli sviluppi di fatto verificatisi medio tempore. Ed infatti, la recente Cass. Sez. 6-5, Sentenza n. 11365 del 01/06/2015, proprio in quest’ottica di favore, ha comunque statuito che: “L’esistenza di un giudicato esterno è rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità, e, qualora esso si sia formato dopo la notifica del ricorso per cassazione, i relativi documenti giustificativi possono essere prodotti, dalla parte regolarmente costituitasi, fino all’udienza di discussione; ove, invece, tale produzione venga effettuata, prima della menzionata udienza, dal resistente costituitosi irritualmente (perchè con controricorso tardivo o con comparsa depositata per la sola discussione orale), eventualmente in allegato alla memoria ex art. 378 c.p.c. o art. 380 bis c.p.c., comma 2, di quei documenti non può tenersi conto, salvo che l’irritualità di detta costituzione non sia sanata dalla partecipazione del resistente alla discussione orale”. Nella specie di causa detti presupposti fanno difetto e perciò non può che convenirsi sul fatto che memoria e documenti in allegato prodotti debbano considerarsi irritualmente introdotti nel processo. D’altronde, sulle circostanze di fatto e di diritto che la parte anzidetta ha inteso valorizzare (e che non sarebbe comunque compito di questa Corte vagliare e delibare, attesi gli ambiti di cognizione del giudizio di legittimità che non consentono una verifica circa la compiutezza dell’esame delle molteplici posizioni societarie che sono qui coinvolte), ha precipuo titolo ad occuparsi il giudice del merito, una volta che il processo sarà ritualmente riassunto avanti a detto giudice nel pieno e rituale contraddittorio tra le parti necessariamente coinvolte;

che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;

che le spese di lite posso essere compensate in relazione ai gradi di merito ed al giudizio di cassazione.

PQM

La Corte, provvedendo sul ricorso, annulla la decisione impugnata e rinvia alla CTP di Roma che, in diversa composizione e previa integrazione del contraddittorio tra le parti necessarie, provvederà nuovamente sul ricorso introduttivo. Spese di lite integralmente compensate.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2016

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