Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1155 del 21/01/2020

Cassazione civile sez. III, 21/01/2020, (ud. 14/06/2019, dep. 21/01/2020), n.1155

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSSETTI Marco – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23432/2016 R.G. proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via

Cesare Beccaria, n. 29, presso la sede dell’Avvocatura dell’Istituto

medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonietta Coretti,

Vincenzo Triolo e Vincenzo Stumpo;

– ricorrente –

contro

T.A., elettivamente domiciliata in Roma, via Rodi, n. 32,

presso lo studio dell’avvocato Giuseppina Bonito, rappresentata e

difesa da sè medesima;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1177 del Tribunale di Foggia pubblicata il 19

aprile 2016;

Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere

Dott. Cosimo D’Arrigo;

letta la sentenza impugnata;

letti il ricorso e il controricorso.

Fatto

RITENUTO

T.A. procedeva ad espropriazione presso terzi nei confronti dell’I.N.P.S. per il pagamento dell’imposta di registro dalla costei corrisposta in relazione ad una ordinanza di assegnazione pronunciata a suo favore, quale difensore distrattario.

Il giudice dell’esecuzione dichiarava estinta la procedura per difetto di titolo esecutivo.

Contro tale ordinanza la T. proponeva opposizione agli atti esecutivi. Il giudice dell’esecuzione fissava la comparizione delle parti innanzi a sè e successivamente, rilevato che non vi erano da assumere provvedimenti urgenti, si limitava ad assegnare alle parti il termine di sessanta giorni per introdurre il giudizio nel merito. La T. introduceva il giudizio con ricorso, depositato in cancelleria nel rispetto del termine assegnatole, ma notificato, unitamente al pedissequo decreto di comparizione delle parti, oltre la scadenza.

Il Tribunale di Foggia, decidendo nel merito, accoglieva l’opposizione e condannava l’I.N.P.S. al pagamento di quanto richiesto dalla T., nonchè delle spese di giudizio.

Contro tale decisione l’I.N.P.S. ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, articolato in cinque motivi. La T. ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

In considerazione dei motivi dedotti e delle ragioni della decisione, la motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata, conformemente alle indicazioni contenute nelle note del Primo Presidente di questa Corte del 14 settembre 2016 e del 22 marzo 2011.

In applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. (Sez. U, Sentenza n. 9936 del 08/05/2014, Rv. 630490) – deve esaminarsi anzitutto il secondo motivo di ricorso, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio. Infatti, il predetto principio consente l’esame delle censure verificandone l’impatto operativo, piuttosto che la coerenza logico-sistematica, sostituendo il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze costituzionalizzate di economia processuale e di celerità del giudizio, con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre (Sez. 6 – L, Sentenza n. 12002 del 28/05/2014, Rv. 631058).

Con il secondo motivo, l’INPS lamenta la violazione degli artt. 93,409,617,618 e 618-bis c.p.c. In particolare, secondo il ricorrente, la T. avrebbe dovuto introdurre il giudizio di merito di cui all’art. 618 c.p.c., comma 2, con atto di citazione, anzichè con ricorso, trattandosi di credito di natura ordinaria. Di conseguenza, il mero deposito in cancelleria del ricorso non sarebbe stato sufficiente a far salva l’osservanza del termine fissato dal giudice per l’introduzione del giudizio.

Il motivo è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che il credito azionato in executivis dal difensore distrattario delle spese di lite, ancorchè consacrato in un provvedimento del giudice del lavoro, non condivide la natura dell’eventuale credito fatto valere in giudizio, cui semplicemente accede, ma ha natura ordinaria, corrispondendo ad un diritto autonomo del difensore, che sorge direttamente in suo favore e nei confronti della parte dichiarata soccombente; conseguentemente, con riferimento al detto credito, non opera la competenza per materia del giudice del lavoro, prevista dall’art. 618-bis c.p.c., nè si applica il relativo rito (Cass. n. 24691/2010; Cass. n. 17134/2005; Cass. n. 11804/2007).

Ciò posto, a norma dell’art. 618 c.p.c., comma 2, l’introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione deve avvenire, analogamente a quanto previsto dall’art. 616 c.p.c., con la forma dell’atto introduttivo richiesta nel rito con cui l’opposizione deve essere trattata, quanto alla fase di cognizione piena; pertanto, se la causa è soggetta al rito ordinario, il giudizio di merito va introdotto con citazione, da notificare alla controparte entro il termine perentorio fissato dal giudice (Cass. n. 19264/2012; Cass. n. 1152/2011). Avendo invece l’opponente introdotto il giudizio con ricorso anzichè con citazione, per rispettare il termine perentorio fissato dal giudice dell’esecuzione, avrebbe dovuto entro tale termine non solo depositare il ricorso, ma anche notificarlo.

Tale adempimento non è stato tempestivamente curato, sicchè il Tribunale adito in sede di merito avrebbe dovuto rilevare il mancato rispetto del termine perentorio di cui all’art. 618 c.p.c., dichiarando inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi.

Consegue l’accoglimento del secondo motivo, con l’assorbimento degli altri.

La sentenza impugnata va dunque cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, è possibile decidere nel merito – ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, – dichiarando inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla T..

Quest’ultima va condannata al pagamento delle spese processuali, secondo il principio della soccombenza.

Sussistono altresì i presupposti perchè la ricorrente sia condannata d’ufficio al pagamento in favore della controparte – ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, – di una somma, equitativamente determinata nella misura indicata in dispositivo in base al valore della controversia, in quanto ella ha resistito in giudizio senza adoperare la normale diligenza e comunque senza compiere alcun serio sforzo interpretativo, deduttivo o argomentativo per sostenere la propria posizione difensiva.

PQM

accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’opposizione agli atti esecutivi proposta dall’intimata T.A..

Condanna l’intimata al pagamento in favore dell’INPS delle spese del giudizio di merito, che liquida in complessivi Euro 630,00, e al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge, nonchè al pagamento – ai sensi dell’art. 96 c.p.c. in favore della controparte, della somma di Euro 2.500,00.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2020

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