Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11543 del 12/05/2010

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 12/05/2010), n.11543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.G. residente a (OMISSIS), rappresentato e difeso,

giusta delega a margine del ricorso, dall’Avv. Lupis Stefano,

elettivamente domiciliato nel relativo studio in Roma Viale G.

Mazzini n. 6;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

nei cui Uffici, in Roma Via dei Portoghesi, 12 e’ domiciliata;

– controricorrente –

AVVERSO la sentenza n. 97 della Commissione Tributaria Regionale di

Genova, Sezione n. 11, in data 24.02.2006, depositata il 07 dicembre

2006;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del

25 marzo 2010 dal Relatore Dott. DI BLASI Antonino;

Sentito, pure, per il ricorrente, l’Avv. Stefano Lupis;

Presente il P.M. Dott. VELARDI Maurizio, che non ha fatto

osservazioni.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte:

Considerato che nel ricorso iscritto al n. 4134/2008 R.G., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1 – E’ chiesta la cassazione della sentenza n. 97, pronunziata dalla C.T.R. di Genova, Sezione n. 11, il 24.02.2006 e DEPOSITATA il 07 dicembre 2006. Il ricorso, che attiene ad impugnazione di avviso di accertamento per IRPEF ed ILOR dell’anno 1997, e’ affidato a due motivi; a conclusione del primo, con cui si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1813 e 1823 c.c., viene formulato il quesito con cui si chiede alla Corte di dire se non ricorrendo i casi di cui all’art. 1813 c.c. e all’art. 1823 c.c. puo’ trovare applicazione il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 2 TUIR(ora art. 44)? Con il secondo mezzo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e si richiede la Corte perche’ dica se l’Ufficio puo’ affermare, senza provare l’esistenza di un contratto di mutuo, invertendo in tal modo l’onere della prova ed in violazione dell’art. 2697 c.c., la percezione di interessi derivanti dall’impiego di capitali assoggettabili a tassazione?.

2 – L’intimata Agenzia, giusto controricorso, ha chiesto che l’impugnazione venga dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata.

3 – La Commissione di appello ha accolto l’appello dell’ufficio, nella considerazione che dagli elementi in atti si evinceva sia la consegna di cospicue somme dal C. al M., sia pure che quest’ultimo esercitava l’attivita’ di intermediatore finanziario, sia, ancora, che il C. dal 1995 al 1997 aveva ricevuto dal M. cospicue somme, sia, infine, che in sede di perquisizione presso il M., erano state rinvenute delle schede relative alle movimentazioni di dare ed avere, nelle quali risultavano annotati accreditamenti e prelevamenti, che, a loro volta avevano trovato riscontro nelle fotocopie di assegni emessi dal M. all’ordine del C.; circostanze, tutte, considerate presunzioni gravi, precise e concordanti legittimanti la presunzione che le somme versate erano produttive di frutti che il C. in parte aveva percepito ed in parte reinvestito.

4 – Ai ricorsi proposti contro sentenze o provvedimenti pubblicati a partire dal 2.03.2006, data di entrata in vigore del D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione, si applicano le disposizioni dettate nello stesso decreto al capo 1^. Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilita’, nel modo ivi descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

I quesiti posti a conclusione dei due motivi, non risultano formulati in coerenza ai principi fissati dalla Giurisprudenza di questa Corte (SS.UU. n. 23732/2007, n. 23153/2007) e non sembrano conferenti, tenuto conto della ratio dell’impugnata sentenza, secondo la quale gli elementi rilevati, comprovando la percezione e la capitalizzazione di somme, a fronte di risorse finanziarie in precedenza affidate, realizzavano il presupposto imponibile, a prescindere dalla qualificazione del rapporto. (SS.UU. n. 14385/2007, n. 20360/2007).

Peraltro, entrambi i mezzi, sembrano, pure, infondati, perche’ formulati genericamente, in violazione del principio di autosufficienza, avuto riguardo, al fatto che, risolvendosi le doglianze in una diversa lettura degli elementi, gia’ esaminati e diversamente valutati, impingono, sia nel principio secondo cui “la valutazione degli elementi probatori e’ attivita’ istituzionalmente riservata al giudice di merito, non sindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruita’ della motivazione del relativo apprezzamento” (Cass. n. 23286/2005, n. 12014/2004, n. 322/2003), sia pure nell’onere di “evidenziare l’erroneita’ del risultato raggiunto dal giudice di merito attraverso l’allegazione e la dimostrazione dell’inesistenza o della assoluta inadeguatezza dei dati che egli ha tenuto presenti ai fini della decisione, o delle regole giustificative che da quei dati hanno condotto alla conclusione accolta” (Cass. n. 3994/2005).

Si propone, dunque, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., che il ricorso venga trattato in camera di consiglio, e dichiarato inammissibile, o, comunque, rigettato, per manifesta infondatezza.

Il Relatore Cons. Antonino Di Blasi”.

Considerato che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori;

Visti il ricorso, il controricorso, la memoria 27.11.2 008 e tutti gli altri atti di causa;

Considerato che il Collegio condivide le argomentazioni svolte nella relazione;

Ritenuto che, in base a tali condivisi motivi ed ai richiamati principi, il ricorso va dichiarato inammissibile;

Considerato che le spese dei gradi di merito e del presente giudizio di legittimita’, avuto riguardo all’epoca del consolidarsi del principio applicato, vanno compensate;

Visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, il 25 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2010

 

 

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