Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11543 del 06/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 06/06/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 06/06/2016), n.11543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

R.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 97/31/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO del 23/05/2013, depositata il 23/07/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, osserva:

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Milano, con la quale -in controversia concernente impugnazione di avviso di accertamento per IRPEF per l’anno 2004, con contestazione di maggior reddito da plusvalenza realizzata a mezzo della vendita da parte di R.L. e R.F. a tale “Sabotino srl” del diritto di proprietà di un terreno edificabile, stipulata con atto registrato il 15.06.2004- è stato respinto l’appello proposto da essa Agenzia avverso la sentenza della CTP di Varese n. 101/04/2010 che aveva già accolto il ricorso della parte contribuente.

La sentenza impugnata ha ritenuto illegittimo l’operato dell’ufficio -consistito nell’avere presunto pari al valore di accertamento considerato ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, ed in ragione della mera acquiescenza che la parte contribuente vi aveva fatto, l’ammontare del corrispettivo considerato ai fini dell’accertamento della plusvalenza di cui qui si tratta – poichè in contrasto con il consolidato principio che “vincola il prezzo reale di acquisto e di vendita ai fini della tassabilità dei redditi ai fini delle imposte dirette. A maggior ragione se ci si trova dinnanzi a definizione di valore che rispecchiano, all’evidenza, una mera economicità, come il pagamento di una ridotta imposta di registro a fronte di costi di impugnazione dell’accertamento”.

L’Agenzia ha proposto ricorso affidandolo a unico motivo, nei confronti del solo R.F..

La parte contribuente non si è costituita.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Ed infatti con il primo motivo (centrato sulla violazione del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante abbia omesso la pronuncia circa la posizione del R.L. che aveva definito la controversia mediante il pagamento di quanto dovuto, sì che la CTR era stata richiesta di dichiarare (con comunicazione circa la regolarità dell’avvenuta definizione) estinta la lite a riguardo di detta parte.

Si duole ancora del fatto che il giudicante abbia negato rilievo alla presunzione di cui si è detto, riconosciuta nel principio di diritto tante volte enunciato dal Giudice di legittimità circa la facoltà per l’Amministrazione di procedere in via induttiva per l’accertamento della plusvalenza patrimoniale, in ragione appunto della presunzione scaturente dall’esito dell’accertamento di valore effettuato ai fini dell’imposta di registro.

Il motivo di impugnazione appare fondato e da accogliersi.

Premesso che le circostanza di fatto sulle quali il motivo si fonda sono state debitamente delucidate dalla parte ricorrente, in ossequio al canone di autosufficienza del ricorso per cassazione, la ragione di impugnazione appare decisivamente coerente con l’indirizzo costantemente ripetuto da questa Corte secondo cui: “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale relativa al valore di avviamento, realizzata a seguito di cessione di azienda, sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, ed è onere probatorio del contribuente superare (anche con ricorso ad elementi indiziari) la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21055 del 28/10/2005 IDEM:

Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19548 del 07/10/2005 e Cass. Sez. 5, Sentenza n. 5070 del 02/03/2011).

Nè conta che nella specie di causa si sia trattato di cessione di terreno e non di azienda, non essendo diversi i principi da applicare e non apparendo ragione alcuna per non applicare anche a siffatta ipotesi la presunzione derivante dall’ordinaria (salvo prova contraria che ne dimostri la disomogeneità) coerenza dei valori di uno stesso bene, accertati ai fini dell’applicazione di imposte diverse.

Poichè il giudice del merito non si è attenuto a questi principi, altro non resta che restituire al medesimo giudice, in sede di rinvio, la controversia, affinchè ne rinnovi l’esame alla luce del diritto vivente che ad essa è applicabile.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza, nel mentre potrà accogliersi l’istanza di parte ricorrente volta a dichiarare l’intervenuta estinzione della lite a riguardo di R.L. per cessazione della materia del contendere conseguente a definizione in via breve.

Roma, 30 luglio 2015.

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, ritiene di non poter condividere la proposta del relatore (a riguardo della posizione di R.F.), siccome in contrasto con il dato normativo sopravvenuto rispetto al momento del deposito della relazione. Ed invero, con recente pronuncia (Cass. Sent. Sez. 5 n. 6135 Anno 2016) questa Corte ha avuto modo di acclarare (in fattispecie del tutto simile a quella per cui qui è causa) che il principio di presunzione di corrispondenza del prezzo incassato a quello coincidente con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro (salvo dimostrazione incombente sulla parte contribuente di avere in concreto venduto o acquistato ad un prezzo inferiore) deve ritenersi ormai superato alla stregua dello ius superveniens di cui alD.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, art. 5, comma 3 che così testualmente recita: “Gli artt. 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5, 5 bis, 6 e 7, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonchè per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, resistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347”. Quest’ultima norma, infatti, ponendosi espressamente quale norma d’interpretazione autentica, ai sensi della L. n. 212 del 2000, art. 1, comma 20, è applicabile retroattivamente. Da qui la conclusione che “la presunzione di cui sopra non può essere, infatti, più legittimata, secondo il disposto del succitato D.Lgs. n. 147 del 2015, art. 5, comma 3, solo sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro”, neppure per le controversie già iniziate sotto il vigore della disciplina previgente. Ne consegue che anche alla specie di causa (nella quale la parte ricorrente non ha postulato di avere allegato specifiche prove dell’esistenza della sottostima che ha presunto di accertare) debba farsi rigorosa applicazione del disposto dell’art. 68 TUIR che prevede, al comma 1, in relazione al precedente art. 67, che le plusvalenze realizzate mediante cessione di terreni sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto del ben ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo;

che consegue da quanto si è detto l’infondatezza manifesta del motivo di ricorso formulato dall’Agenzia delle Entrate, con correlata sua reiezione;

che le spese di lite possono essere compensate tra le parti, attesa la novità del dettato normativo che qui si applica.

PQM

La Corte in accoglimento del ricorso, cassa la pronuncia impugnata nei limiti di cui in motivazione a riguardo della posizione di R.L.; rigetta il ricorso per ciò che attiene alla posizione di R.F.. Compensa tra le parti le spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2016

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