Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 11542 del 30/04/2021

Cassazione civile sez. III, 30/04/2021, (ud. 23/06/2020, dep. 30/04/2021), n.11542

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31560-2019 proposto da:

O.T., domiciliato ex lege ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELA

VIGLIOTTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 3530/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 22/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2020 dal Consigliere Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. O.T., cittadino nigeriano, ricorre, affidandosi ad un unico motivo, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3530 del 22 agosto 2019 che aveva respinto l’impugnazione proposta avverso l’ordinanza del Tribunale con la quale era stato confermato il provvedimento della Commissione territoriale di Milano che aveva negato la protezione internazionale richiesta, declinata in via gradata nelle fattispecie di “stato di rifugio”, “protezione sussidiaria e “protezione umanitaria”.

2. Per ciò che interessa in questa sede, il ricorrente aveva dedotto di essere di religione cristiana – etnia igobo- e che, a seguito di un attentato rivendicato dal gruppo terroristico Boko Haram nella chiesa di S. Pietro Cattolico a Kano, era fuggito dalla Nigeria temendo per la propria incolumità, raggiungendo prima la Libia e poi l’Italia nel luglio 2015.

3. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

4. Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce la “violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 9, per avere l’Ecc.ma Corte d’appello di Milano, valutato la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria in base ad informazioni soltanto generiche e parziali della situazione interna del Paese di origine del ricorrente, senza considerare complete le prove disponibili e senza corretto esercizio dei poteri officiosi”.

La Corte territoriale non si sarebbe avvalsa in alcun modo dei propri poteri officiosi di indagine circa la valutazione della reale situazione interna del Paese di provenienza del richiedente. Difatti, nell’escludere la presenza di un conflitto armato interno o internazionale non avrebbe utilizzato fonti accreditate.

5. Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366, n. 3.

Difatti, ai sensi del suddetto articolo il ricorrente è onerato di esporre, seppur sommariamente, i fatti oggetto di causa.

Il Collegio rileva che il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, oltre,, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.

Il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti ed è pertanto inammissibile.

6. Non è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la indefensio della parte pubblica.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto dellarsusgistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2021

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